Mozione in tema Giustizia. Approvata all’unanimità alla Direzione del 29 luglio

Mozione in tema Giustizia. Approvata all’unanimità alla Direzione del 29 luglio

Gianluca Schiavon*

La Direzione nazionale esprime la più assoluta contrarietà alla riforma costituzionale voluta dal Governo di destra e dal suo Ministro della Giustizia. Riforma che si inserisce perfettamente nell’orientamento panpenalistico del “più galera per tutti” di una maggioranza che solo con l’ultimo decreto ‘paura’ ha introdotto 14 nuovi reati e 9 aggravanti.

I temi trattati dalla riforma sono quattro: separazione delle carriere, separazione dei CSM, creazione di un nuovo organo per i procedimenti disciplinari verso i magistrati e, infine, estrazione a sorte di due terzi dei componenti di tutti gli organi di autogoverno della Magistratura. Dalla separazione delle carriere in base a questa riforma deriverebbe la soluzione del problema della assoluta indipendenza del giudice nel processo penale e dell’equilibrio tra accusa e difesa con la trasformazione del PM nella immaginifica figura berlusconiana dell’avvocato dell’accusa.

La opposizione intransigente alla separazione delle carriere parte da considerazioni sulla efficienza del sistema: non persuade che un magistrato, privato fin dal concorso del punto di vista di dover decidere un fatto rilevante dal punto di vista penale o, in altro caso un fallimento o un divorzio, svolga meglio la propria professione. Primo effetto della riforma Nordio sarebbe l’aumento dell’accondiscendenza all’orientamento dei suoi superiori da parte del singolo sostituto procuratore in una struttura gerarchizzata qual è la Procura della Repubblica anche in rapporto alle Procure generali presso la Corte d’appello e la Corte di Cassazione. Conseguenza immediata sarebbe l’aumento del corporativismo e del conformismo ai vertici delle Procure se tutto dipenderà da questi: sia la singola indagine, sia la carriera individuale.

Pare, inoltre, ridicola la parola d’ordine che vede la separazione delle carriere utile all’abolizione delle correnti organizzate. È vero, semmai, il contrario perché si realizzerebbe un serrate i ranghi tra i PM interessati a consolidare il proprio potere molto più che a segnalare le storture del sistema giustizia al legislatore.

Togliere la formazione comune e il confronto professionale tra uffici requirenti e uffici giudicanti porterebbe i primi necessariamente a una maggiore contiguità, oltre alla consuetudine quotidiana, con gli uffici di governo e controllo del territorio dai quali proviene la polizia giudiziaria. Non sfugge, infatti, che l’organizzazione interna alle Procure la composizione e l’organizzazione delle sezioni di PG è già oggi interamente decisa dai capi interni e dai capi esterni: questori, comandanti provinciali dei Carabinieri, della Guardia di Finanza e financo, nelle grandi città, comandanti delle Polizie municipali. Se il sostituto procuratore non ha più la formazione del giudice aumenterà la sudditanza psicologica verso il capo e verso i soggetti che il capo ha deciso essere i migliori investigatori o i migliori consulenti tecnici.

A fronte di migliaia di processi penali che, già in primo grado, finiscono con proscioglimenti o assoluzioni ciò che produrranno queste riforme sarà un ulteriore incremento dei processi assecondando la spinta agita dalla parte più retriva delle forze di polizia, come già visto nel sostegno al DL paura. A fronte di processi che durano ben oltre la ragionevolezza bisogna evitare che ogni vicenda processuale si trascini fino al giudizio di legittimità.

La DN, inoltre, esprime contrarietà alla introduzione con voto unanime del Senato del nuovo delitto di femminicidio previsto e punito all’art. 577 bis del codice penale con l’ergastolo. Si tratta dell’ennesima manifestazione di quello che la miglior dottrina penalistica chiama diritto penale simbolico, cioè, la moltiplicazione di fattispecie create per puro fine di comunicazione e di consolazione. Questi odiosi delitti, infatti, sono numericamente stabili nonostante un profluvio di norme penali sostanziali e processuali, come il codice rosso o la legge Rocella, perché sono preceduti da un climax di atti violenti, essendo il prodotto di dinamiche relazionali e di una radicata subcultura che sintetizziamo con l’espressione patriarcato. La violenza di genere, in cui il femminicidio trova scaturigine, non si sconfigge con gli ergastoli e nemmeno coi supplizi: si combatte con la prevenzione a partire dalla minima molestia, fino allo stalking, e con una battaglia a 360 gradi al patriarcato. Si può sconfiggere con più formazione scolastica, più consultori, più autonomia economica per le donne, più comitati di garanzia sui luoghi di lavoro, più spazi autonomi di genere.

La DN, infine, ribadisce la propria contrarietà all’ennesima operazione propagandistica del Governo sull’annunciato piano di realizzazione di nuove carceri. Annuncio, oltre che sbagliato in sé, risibile non essendo accompagnato da un contemporaneo piano di assunzione di polizia penitenziaria. Le emergenze suicidi in carcere, anche di agenti della penitenziaria, e sovraffollamento, estrema in alcune Case circondariali e in alcuni Istituti per minorenni, non si risolvono aumentando i posti in cella. Occorre rispettare davvero il dettato dell’art. 27 della Costituzione con provvedimenti urgenti e generali: amnistia per i reati meno gravi, o indulto per due anni, divieto di carcerazione delle madri di bambini in età scolare, miglioramento del regolamento penitenziario, abolizione del decreto Caivano.

Per tutti i gravi atti annunciati e approvati e per i “trattamenti contrari al senso di umanità” negli istituti detentivi la DN impegna le proprie strutture regionali e federali a:

1.  Contribuire a creare e ad animare, su tutti i territori, comitati contro la riforma “della separazione delle carriere dei magistrati” anche in vista del difficile appuntamento del referendum confermativo nella primavera 2026;

2.  Continuare la campagna contro il DL paura e contro tutti nuovi delitti introdotti dal Governo di destra nella Rete nazionale, che si riconvoca il 21 settembre a Roma;

3.  Continuare la campagna per l’umanizzazione delle carceri condividendo iniziative con il mondo dell’associazionismo vicine alle nostre proposte;

4.  Continuare a sostenere i movimenti di lotta – tra questi i NOTAV – attinti da provvedimenti puntivi e vittime di repressione irragionevole.

*Responsabile Giustizia e istituzioni, PRC-S.E.


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