Rifondazione: Satnam Singh, un delitto dimenticato figlio dello sfruttamento

Rifondazione: Satnam Singh, un delitto dimenticato figlio dello sfruttamento

È passato un anno dalla morte non accidentale del bracciante Satman Singh nelle campagne dell’Agro Pontino. Satnam, mentre usava un macchinario, pare non in regola con le norme per la sicurezza, perdeva un braccio. Ma era solo un corpo scomodo di cui sbarazzarsi e il suo padrone, dopo averlo caricato su un furgone lo lasciava morente davanti casa, sequestrandogli persino il cellulare. La vicenda processuale, a carico di chi è considerato responsabile della sua morte sta seguendo il suo percorso ma intanto cosa è cambiato? In quelle campagne, come in quelle di tutto il Paese, si continua a morire di sfruttamento, di caporalato, di fatica per una paga da fame e con totale assenza di controlli. Un omicidio atroce che, come altri in passato non ha insegnato nulla, non è stato sufficiente a far comprendere come, meno diritti hanno le persone che lavorano e più è facile lasciarci la vita o essere costretti in condizioni di semischiavitù. Le forze politiche che hanno invitato a disertare le urne in occasione dei referendum dell’8 e 9 giugno scorso volevano questo, sono direttamente o indirettamente responsabili di questa legge sistematica dello sfruttamento. Chi, anche per scarsa informazione o per sfiducia, non ha colto l’occasione dei referendum, sul lavoro e sulla cittadinanza, se lo ricordi che le vite come quelle di Satman, Mattia, Luana e tanti altre sono il frutto di trent’anni di disprezzo di chi lavora in nome della logica del profitto. Non sono incidenti, sono omicidi e danni collaterali di una guerra che ogni anno provoca oltre 1000 morti e 600 mila infortuni. Più ispettori, più controlli, condizioni di lavoro migliori e salari decenti non sono compatibili con gli interessi di chi governa ma costituiscono il primo strumento utile per fermare la strage. Noi non dimentichiamo Satman come nessuna/o di quelle e quelli come lui. La propaganda razzista e xenofoba della dstra fascioleghista ha lo scopo di creare consenso per le leggi che mantengono in una situazione di permanente ricattabilità milioni di lavoratrici e lavoratori immigrati. La legge Bossi Fini non è servita a fermare l’immigrazione ma a tenere la forza lavoro immigrata sotto il perenne ricatto della perdita del permesso di soggiorno. Per noi comuniste/i le lavoratrici e i lavoratori immigrati sono parte della classe lavoratrice italiana. La destra razzista è dalla parte di chi sfrutta nei campi o nei cantieri, nelle fabbriche o nella logistica, la classe lavoratrice.

Maurizio Acerbo, segretario nazionale
Stefano Galieni, Responsabile nazionale immigrazione, Partito della Rifondazione Comunista – Sinistra Europea

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