Chris Hedges: Il genocidio è la moneta del dominio occidentale

Chris Hedges: Il genocidio è la moneta del dominio occidentale

FAZI editore ha appena pubblicato “Un genocidio annunciato“, il libro di Chris Hedges, ex capo dell’ufficio per il Medio Oriente del New York Times, vincitore del Premio Pulitzer. Di madrelingua araba, ha trascorso sette anni a seguire il conflitto tra Israele e i palestinesi, gran parte del tempo a Gaza. Autore di 14 libri, i suoi più recenti sono The Greatest Evil Is War e A Genocide Foretold: Reporting on Survival and Resistance in Occupied Palestine. Pubblichiamo un suo articolo uscito sul sito di controinformazione Counterpunch. 
IL CAIRO, Egitto — Ci sono 320 chilometri da dove mi trovo al Cairo al valico di frontiera di Rafah per Gaza. Parcheggiati nelle aride sabbie del Sinai settentrionale, in Egitto, ci sono 2.000 camion carichi di sacchi di farina, cisterne d’acqua, cibo in scatola, forniture mediche, teloni e carburante. I camion sono fermi sotto il sole cocente, con temperature che raggiungono i 36 gradi.
A pochi chilometri di distanza, a Gaza, decine di uomini, donne e bambini, che vivono in tende rudimentali o in edifici danneggiati tra le macerie, vengono massacrati quotidianamente da proiettili, bombe, attacchi missilistici, proiettili di carri armati, malattie infettive e dalla più antica arma di guerra d’assedio: la fame. Una persona su cinque rischia la fame dopo quasi tre mesi di blocco israeliano di cibo e aiuti umanitari.
Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, che ha lanciato una nuova offensiva che sta uccidendo più di 100 persone al giorno, ha dichiarato che nulla impedirà questo assalto finale, denominato Operazione Carri di Gedeone.
Non ci sarà “alcun modo” per Israele di fermare la guerra, ha annunciato, anche se i restanti ostaggi israeliani venissero restituiti. Israele sta “distruggendo sempre più case” a Gaza. I palestinesi “non hanno un posto dove tornare”.
“L’unico risultato inevitabile sarà la volontà dei cittadini di Gaza di emigrare fuori dalla Striscia di Gaza”, ha detto ai legislatori durante una riunione a porte chiuse trapelata. “Ma il nostro problema principale è trovare paesi che li accolgano”.
Il confine di quindici chilometri tra Egitto e Gaza è diventato la linea di demarcazione tra il Sud e il Nord del mondo, la demarcazione tra un mondo di feroce violenza industriale e la lotta disperata di coloro che sono stati emarginati dalle nazioni più ricche. Segna la fine di un mondo in cui il diritto umanitario, le convenzioni che proteggono i civili o i diritti più basilari e fondamentali contano. Inaugura un incubo hobbesiano in cui i forti crocifiggono i deboli, dove nessuna atrocità, incluso il genocidio, è preclusa, dove la razza bianca nel Nord del mondo torna alla ferocia e al dominio sfrenati e atavici che definiscono il colonialismo e la nostra secolare storia di saccheggio e sfruttamento. Stiamo tornando indietro nel tempo alle nostre origini, origini che non ci hanno mai abbandonato, ma origini mascherate da vuote promesse di democrazia, giustizia e diritti umani.
I nazisti sono i comodi capri espiatori della nostra comune eredità europea e americana di massacri, come se i genocidi che abbiamo compiuto nelle Americhe, in Africa e in India non fossero mai avvenuti, note a piè di pagina insignificanti nella nostra storia collettiva.
Di fatto, il genocidio è la moneta di scambio del dominio occidentale.
Secondo lo storico David E. Stannard, tra il 1490 e il 1890 la colonizzazione europea, compresi gli atti di genocidio, è stata responsabile dell’uccisione di ben 100 milioni di indigeni. Dal 1950 si sono verificati quasi due dozzine di genocidi, tra cui quelli in Bangladesh, Cambogia e Ruanda.
Il genocidio di Gaza fa parte di un modello. È foriero di genocidi a venire, soprattutto quando il clima si guasterà e centinaia di milioni di persone saranno costrette a fuggire per sfuggire a siccità, incendi, inondazioni, calo dei raccolti, fallimento degli Stati e morte di massa. È un messaggio intriso di sangue da parte nostra al resto del mondo: “Abbiamo tutto e se cercate di portarcelo via, vi uccideremo”.
Gaza mette a tacere la menzogna del progresso umano, il mito che ci stiamo evolvendo moralmente. Cambiano solo gli strumenti. Dove un tempo uccidevamo le vittime a bastonate o le facevamo a pezzi con gli spadoni, oggi sganciamo bombe da 2.000 libbre sui campi profughi, spruzziamo le famiglie con i proiettili dei droni militarizzati o le polverizziamo con i proiettili dei carri armati, l’artiglieria pesante e i missili.
Il socialista del XIX secolo Louis-Auguste Blanqui, a differenza di quasi tutti i suoi contemporanei, respinse la convinzione centrale di Georg Wilhelm Friedrich Hegel e Karl Marx, secondo cui la storia umana è una progressione lineare verso l’uguaglianza e una maggiore moralità. Egli avvertì che questo assurdo positivismo è perpetrato dagli oppressori per esautorare gli oppressi.
“Tutte le atrocità del vincitore, la lunga serie dei suoi attacchi si trasformano freddamente in un’evoluzione costante, inevitabile, come quella della natura… Ma la sequenza delle cose umane non è inevitabile come quella dell’universo. Può essere cambiata in qualsiasi momento”. Blanqui mise in guardia.
Il progresso scientifico e tecnologico, più che un esempio di progresso, potrebbe “diventare un’arma terribile nelle mani del Capitale contro il Lavoro e il Pensiero”.
“Perché l’umanità”, scriveva Blanqui, “non è mai ferma. O avanza o torna indietro. La sua marcia progressiva la porta all’uguaglianza. La sua marcia regressiva la riporta, attraverso tutti gli stadi del privilegio, alla schiavitù umana, parola finale del diritto di proprietà”. Inoltre, scrisse: “Non sono tra coloro che sostengono che il progresso può essere dato per scontato, che l’umanità non può tornare indietro”.
La storia dell’umanità è definita da lunghi periodi di aridità culturale e di brutale repressione. La caduta dell’Impero romano portò all’immiserimento e alla repressione in tutta Europa durante i Secoli bui, all’incirca dal VI al XIII secolo. Si verificò una perdita di conoscenze tecniche, tra cui la costruzione e la manutenzione degli acquedotti. L’impoverimento culturale e intellettuale portò a un’amnesia collettiva. Le idee degli antichi studiosi e artisti furono cancellate. Non ci fu alcuna rinascita fino al XIV secolo e al Rinascimento, uno sviluppo reso possibile in gran parte dalla fioritura culturale dell’Islam che, grazie alla traduzione di Aristotele in arabo e ad altre conquiste intellettuali, riuscì a far crescere la cultura e l’arte.
Blanqui conosceva i tragici rovesci della storia. Partecipò a una serie di rivolte francesi, tra cui un tentativo di insurrezione armata nel maggio 1839, la rivolta del 1848 e la Comune di Parigi, una rivolta socialista che controllò la capitale francese dal 18 marzo al 28 maggio 1871. I lavoratori di città come Marsiglia e Lione tentarono, senza riuscirci, di organizzare comuni simili prima che la Comune di Parigi venisse schiacciata militarmente.
Stiamo entrando in una nuova era oscura. Quest’epoca buia utilizza gli strumenti moderni della sorveglianza di massa, del riconoscimento facciale, dell’intelligenza artificiale, dei droni, della polizia militarizzata, della revoca del giusto processo e delle libertà civili per infliggere il dominio arbitrario, le guerre incessanti, l’insicurezza, l’anarchia e il terrore che erano i denominatori comuni dei Secoli Bui.
Confidare nella favola del progresso umano per salvarci significa diventare passivi di fronte al potere dispotico. Solo la resistenza, definita dalla mobilitazione di massa, dall’interruzione dell’esercizio del potere, soprattutto contro il genocidio, può salvarci.
Le campagne di uccisioni di massa scatenano le qualità ferine che sono latenti in tutti gli esseri umani. La società ordinata, con le sue leggi, il galateo, la polizia, le prigioni e i regolamenti, tutte le forme di coercizione, tiene sotto controllo queste qualità latenti. Se si rimuovono questi ostacoli, gli esseri umani diventano, come vediamo con gli israeliani a Gaza, animali assassini e predatori, che godono dell’ebbrezza della distruzione, anche di donne e bambini. Vorrei che questa fosse una congettura. Non lo è. È ciò che ho visto in ogni guerra di cui mi sono occupato. Quasi nessuno è immune.
Il monarca belga Re Leopoldo, alla fine del XIX secolo, occupò il Congo in nome della civiltà occidentale e della lotta alla schiavitù, ma saccheggiò il Paese, causando la morte – per malattia, fame e omicidio – di circa 10 milioni di congolesi.
Joseph Conrad ha colto questa dicotomia tra chi siamo e chi diciamo di essere nel suo romanzo “Cuore di tenebra” e nel suo racconto “Un avamposto del progresso”.
In “Un avamposto del progresso” racconta la storia di due commercianti europei, Carlier e Kayerts, che vengono inviati in Congo. Questi commercianti affermano di essere in Africa per impiantare la civiltà europea.
La noia, la routine soffocante e soprattutto la mancanza di qualsiasi vincolo esterno trasformano i due uomini in bestie. Scambiano schiavi per avorio. Combattono per il cibo e le provviste che si riducono. Alla fine Kayerts uccide il suo compagno Carlier, disarmato.
“Erano due individui perfettamente insignificanti e incapaci”, scrisse Conrad di Kayerts e Carlier, “la cui esistenza è resa possibile solo dall’alta organizzazione delle folle civilizzate. Pochi uomini si rendono conto che la loro vita, l’essenza stessa del loro carattere, le loro capacità e le loro audacie, sono solo l’espressione della loro fiducia nella sicurezza dell’ambiente circostante”. Il coraggio, la compostezza, la fiducia, le emozioni e i principi, ogni pensiero grande e insignificante non appartengono all’individuo, ma alla folla: al gruppo di persone che si riunisce per la prima volta.
Il coraggio, la compostezza, la fiducia; le emozioni e i principi; ogni pensiero grande e insignificante non appartiene all’individuo ma alla folla: alla folla che crede ciecamente nella forza irresistibile delle sue istituzioni e della sua morale, nel potere della sua polizia e delle sue opinioni. Ma il contatto con la pura e assoluta ferocia, con la natura primitiva e l’uomo primitivo, porta un turbamento improvviso e profondo nel cuore. Alla sensazione di essere soli nel proprio genere, alla chiara percezione della solitudine dei propri pensieri, delle proprie sensazioni – alla negazione dell’abituale, che è sicuro, si aggiunge l’affermazione dell’insolito, che è pericoloso; una suggestione di cose vaghe, incontrollabili e ripugnanti, la cui sconcertante intrusione eccita l’immaginazione e mette a dura prova i nervi civilizzati tanto degli sciocchi quanto dei saggi.”
Il genocidio a Gaza ha fatto implodere le tattiche che usiamo per ingannare noi stessi e cercare di ingannare gli altri. Si fa beffe di ogni virtù che affermiamo di sostenere, incluso il diritto alla libertà di espressione. È una prova della nostra ipocrisia, crudeltà e razzismo. Dopo aver fornito miliardi di dollari in armi e perseguitato coloro che condannano il genocidio, non possiamo più avanzare rivendicazioni morali che vengano prese sul serio. Il nostro linguaggio, d’ora in poi, sarà il linguaggio della violenza, il linguaggio del genocidio, il mostruoso urlo di una nuova era oscura, un’era in cui il potere assoluto, l’avidità sfrenata e la ferocia incondizionata perseguitano la terra.
traduzione di Maurizio Acerbo

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