LEGGE DI BILANCIO: UNA MANOVRA CHE AVVIA 7 ANNI DI  DURA AUSTERITÀ PER I CETI POPOLARI SALVAGUARDANDO GRANDI RICCHEZZE, EVASORI E FINANZA.

LEGGE DI BILANCIO: UNA MANOVRA CHE AVVIA 7 ANNI DI DURA AUSTERITÀ PER I CETI POPOLARI SALVAGUARDANDO GRANDI RICCHEZZE, EVASORI E FINANZA.

 

Di Antonello Patta*

Con questa manovra il governo delle destre conferma il suo carattere antisociale: sacrifici per i lavoratori e i ceti popolari, impoverimento ulteriore di ciò che resta di pubblico con nuovi tagli, salvaguardia di profitti e rendite.
Il modello sociale che coltivano le destre è chiaro : protezione delle grandi ricchezze, degli evasori e della speculazione (il blocco sociale delle destre) il tutto a scapito dei redditi   bassi provocati  dalle pensioni sempre più magre e dai salari reali agli ultimi posti in Europa; bonus e mance   a sostegno di natalità e famiglie con importi  risibili  a fronte dei costi che dovranno affrontare per la mancanza di servizi aggravata dai nuovi tagli.

Tutto ciò appare in modo lampante considerando anche solo gli aspetti principali di questa manovra che, andrà valutata meglio al momento del suo varo.

Per le/i lavoratrici/ori dipendenti  si spacciano come aumenti i soldi  già ottenuti 2 anni fa e oramai annullati da inflazione e fiscal drag; unica differenza: il bonus che sostituisce lo sconto sui contributi verrà  esteso ai redditi tra 35 e 40 mila euro.
Sulle pensioni c’è l’insulto di un aumento di 3 euro al mese per le pensioni minime(promesse a 1000 euro in campagna elettorale.. ) mentre il ministro Giorgetti portando  a compimento La controriforma Fornero,  svela fino in fondo la demagogia delle promesse leghiste di una sua  abolizione.
Per di più il governo riduce le detrazioni, sulle ristrutturazioni e su altre spese, e le rimodula sulla composizione del nucleo familiare, penalizzando quindi gli anziani soli ma anche i giovani single.

Svanite nel nulla le promesse alla sanità da anni in gravissime difficoltà nel personale e nelle strutture: i 4.7 miliardi promessi dal ministro si sono ridotti a 1.3 dei quali la gran parte servono per i contratti di medici e infermieri cui intanto viene dimezzata l’indennità prevista.  Saltano le assunzioni, 30 mila promesse per il 2025, con tanti saluti alla riduzione dei tempi d’attesa. Aumenta la quota delle risorse utilizzabili per comprare prestazioni dai privati.

La scure si abbatte su tutto il pubblico impiego colpito dal blocco parziale del turn over per il 2025 mentre per i contratti dei dipendenti pubblici del periodo 2022/24 sono previsti aumenti del 6% circa rispetto a un inflazione del 18 col risultato di una perdita   salariale superiore al 10%

La scuola subisce il taglio di 5660 posti agli insegnanti e 2174 al personale tecnico che si tradurrà in un peggioramento significativo delle attività didattiche e di sostegno; nessun intervento per dare una prospettiva ai 250 mila precari, 1 su 4, che tengono in piedi la scuola essendo privati di diritti basilari.

Sugli enti territoriali sono previsti 4 miliardi di tagli in 5 anni con pesanti conseguenze sui servizi pubblici, in particolare quelli sociali già insufficienti rispetto alla diffusione della povertà assoluta aumentata a 5 milioni e 600 mila persone.

I punti della manovra richiamati che comportano per 2025 una riduzione della spesa del 2,5, 30 miliardi in meno del 2024, ne mostrano chiaramente il carattere antipopolare, ma occorre capire  che è solo l’inizio di una fase  regressiva non solo per le condizioni di vita degli strati popolari, ma per il Paese tutto.
Col nuovo patto di stabilità accolto con favore dal governo e da quasi tutta l’opposizione ritornano i vincoli di spesa, che obbligheranno a tagli di 13 miliardi all’anno per sette anni.
Si continua a ignorare la lezione del passato quando politiche di bilancio restrittive hanno aggravato ulteriormente la situazione sociale del paese distruggendo l’welfare, riducendo i consumi e gli investimenti, deprimendo l’economia e aumentando ancora di più la povertà, le disuguaglianze e il divario tra l’Italia e le economie più avanzate.
Scelte assunte, oggi come in passato, con la motivazione della necessità di ridurre il debito che invece produrranno di nuovo effetti sociali ed economici nefasti senza ridurre il debito.
Per questo vanno respinti con forza i refrain che già si sentono ripetere dai sedicenti patrioti delle destre: “Ce lo chiede l’Europa” e “Non ci sono i soldi”.
Non è questa l’Europa che vogliamo.  Un’ Europa subalterna alle banche, alla finanza e agli Usa che si arricchiscono mentre, complici governanti sudditi, scaricano sui popoli e i paesi europei i costi economici e umani di una escalation di guerra per difendere il predominio economico Usa nel mondo.
Occorre opporsi ai vincoli che accentueranno ancora di più il declino del nostro Paese che da quando esistono i trattati di Maastricht ha visto scendere la propria quota sul pil europeo da quasi il 20 a meno del 15%. Di fronte a questo sfacelo occorre disobbedire ai trattati.
Lottiamo per espandere la spesa sociale, investire nell’istruzione e nella formazione, nella tutela dell’ambiente,  per l’occupazione nel lavoro,  per produzioni di qualità che tutelino i salari, anche istituendo un salario minimo per i diritti di tutte e tutti;  per il  rilancio del  welfare,  per investire nella riconversione sociale e ambientale  dell’economia, per sostenere  produzioni e lavoro di qualità,  per   smettere di destinare enormi risorse al riarmo, al sostegno delle guerre a partire dall’ Ucraina.
I soldi in Italia ci sono! Si possono reperire grandi risorse tassando di poco le grandi ricchezze sopra il milione di euro; attuando una riforma fiscale che tassi tutti i redditi in modo davvero progressivo attraverso  l’ampliamento del ventaglio delle aliquote, il recupero del drenaggio fiscale e l’eliminazione di  tutte le flat tax che sottraggono all’IRPEF decine di miliardi;   una vera lotta contro l’evasione fiscale; la riduzione delle spese militari; il recupero delle ingenti risorse dedicate a grandi opere inutili e dannose come il ponte sullo stretto.
In Italia sono già previsti scioperi di diverse categorie contro la manovra per i contratti, il lavoro,  i salari e per pensioni dignitose  in difesa del pubblico , della sanità, dell’istruzione.
Noi sosterremo tutte le mobilitazioni previste perché riteniamo che solo una dura opposizione sociale potrà fermare la regressione sociale e politica cui questo governo condanna il paese. Saremo in tutte le piazze con l’obiettivo di estendere le lotte e unificarle fino a uno sciopero generale che rappresenti l’inizio di una grande stagione di lotte senza la quale non sarà possibile sconfiggere le politiche antipopolari di questo governo e riconquistare il primato del lavoro e dei diritti nella società e nei luoghi di lavoro.
Per il rilancio e l’unificazione delle lotte sosteniamo -l’aumento generalizzato di tutti i salari, delle pensioni, l’istituzione di un salario minimo legale e l’indicizzazione piena all’inflazione; la riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario per la piena occupazione, una necessità di fronte ai progressi tecnologici che aumentano la produttività; la garanzia del reddito per tutte e tutti tramite un reddito di cittadinanza slegato dalle politiche attive del lavoro, un grande piano nazionale del lavoro partendo dall’assunzione di 500 mila nuovi dipendenti pubblici; il ripristino dell’articolo 18, l’abrogazione del jobs act e di tutte le leggi che hanno ridotto diritti, tutele e precarizzato il lavoro; l’abolizione della legge Fornero e la garanzia della pensione abbassando l’età della pensione ,  il riordino del fisco in direzione progressiva, riducendo le aliquote più basse  per favorire  lavoratori e pensionati istituendo una tassa patrimoniale sulle grandi ricchezze.

*Responsabile nazionale lavoro


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