La separazione delle carriere è un via libera alla Repubblica dei pm

La separazione delle carriere è un via libera alla Repubblica dei pm

di Giuseppe Di Lello -

Giustizia Tra gli argomenti posti pro o contro la separazione delle carriere tra giudici e pubblici ministeri a nessuno è venuto in mente di collegare la riforma ad una maggiore efficienza della giustizia, il vero dramma irrisolto e irrisolvibile del nostro sistema giudiziario Tra gli argomenti posti pro o contro la separazione delle carriere tra giudici e pubblici ministeri a nessuno è venuto in mente di collegare la riforma ad una maggiore efficienza della giustizia, il vero dramma irrisolto e irrisolvibile del nostro sistema giudiziario. Ciò per l’ovvia ragione che detta separazione non ha nulla a che vedere con l’efficienza. La atavica lentezza dei processi, penali in special modo, ha la sua radice nel sistema delle garanzie alle quali nessuno vuol rinunciare anche quando chiede speditezza. Oltre alla cronica carenza di giudici in organico, di personale ausiliario e persino di aule, abbiamo tre gradi di giudizio ai quali a volte segue un annullamento in cassazione con rinvio per un altro o più processi e persino con la speranza di una revisione. La Costituzione come stadio imprescindibile prevede solo il ricorso per cassazione contro le sentenze e i provvedimenti sulla libertà personale per cui, con legge ordinaria, si potrebbe abolire il secondo grado ovvero l’appello. Una tale misura però è impensabile per la prevedibile opposizione degli avvocati, dei magistrati e di tutti i cittadini che non si sentirebbero più tutelati con un solo grado di giudizio. È anche vero che in tutti i sistemi che adottano il rito accusatorio il ricorso all’appello è molto ridotto e ciò potrebbe essere giustificato anche nel nostro processo che ha adottato questo rito con il nuovo codice dell’89 scrivendo nell’articolo 111 della Costituzione che «il processo penale è regolato dal principio del contraddittorio nella formazione della prova». Ora una volta «formata la prova» in primo grado è illogico poterla formare di nuovo in appello, ma il nostro attaccamento a questa ulteriore garanzia reclama il secondo grado di merito e vani sono stati finora i tentativi di eliminarlo seppure per le sole sentenze assolutorie: sempre per l’articolo 111si lederebbe il principio della parità tra accusa e difesa, con la prima che non potrebbe impugnare una assoluzione e la seconda che lo potrebbe fare per una condanna. Con il rito accusatorio il pm ha assunto un ruolo fondamentale nella fase delle indagini preliminari, un ruolo che con il vecchio codice aveva il giudice istruttore, ed è proprio questo ritrovato potere che ha ridato vigore alla richiesta di separazione delle carriere. I partigiani della separazione fanno notare come in tutti, o quasi, i sistemi giudiziari europei c è la separazione delle carriere ma dimenticano un piccolo particolare: lì i pm sono sempre sotto il controllo, a volte blando e a volte rigido, dell’esecutivo nella persona del guardasigilli. I nostri costituenti, memori della completa sottoposizione della magistratura al regime fascista, hanno voluto evitare che si costituisse un corpo autonomo di pm necessariamente sottoposti all’esecutivo e hanno unificato giudici e pm con le stesse garanzie di indipendenza e autonomia. Ora con la separazione incombente, il governo Meloni sta proprio ricreando quel nucleo per difendersi, come paventa, da una Repubblica fondata sui pubblici ministeri e non comprende che, ironia della sorte, gliene sta cucendo addosso una su misura. Può darsi che si speri di controbilanciare il potere dei pm con quello della polizia giudiziaria (dipendente dall’esecutivo) incaricata delle indagini, ma l’esperienza di questi ultimi anni ci dice il contrario e basta solo riandare alle vicende giudiziarie di Berlusconi proprio quando era presidente del consiglio o leggere la cronaca quotidiana per rendersi conto che quella è una speranza vana. Infine ci sono le correnti, l’altro incubo dei reazionari che vedono di malocchio ogni forma di organizzazione democratica all’interno della magistratura. Nordio le vuole sradicare con il sorteggio della rappresentanza nei futuri Csm e non si rende conto che sono scelte di cultura giudiziaria che si ricompongono all’interno della loro Associazione nazionale: provi a fare una legge anche per la separazione delle correnti se ci riesce! Il guaio è che da tutta questa riforma cervellotica i cittadini non ne trarranno alcun beneficio e la giustizia continuerà ad arrancare come sempre.

dal Manifesto


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