Rifondazione: Iuventa assolti perché il fatto non sussiste

Pubblicato il 19 apr 2024

Quando nell’autunno 2016 la Procura di Trapani aprì un’inchiesta contro la ong Sea Eye e la sua nave Iuventa, perché sospettata di essere in combutta con i trafficanti di esseri umani e di favorire l’ingresso illegale di migranti, al Viminale non sedevano né Piantedosi né Salvini, ma un certo Marco Minniti, allora esponente di punta del PD, oggi importante dirigente della Leonardo Spa, la più importante azienda nel campo della produzione di tecnologia militare avanzata italiana. Nel 2017 la nave fu sottoposta a sequestro e 10 membri dell’equipaggio indagati in diversa maniera. Tutto in base ad un teorema che ricorda lontani episodi del passato, secondo cui le navi delle Ong costituivano fattore di attrazione (pull factor) e favorivano le partenze di chi scappava dalla Libia. Chi li chiamò con sprezzo “taxi del mare” chi ebbe il coraggio di dire che per colpa della loro presenza si moriva annegati. Lo stesso ministro ebbe a dire che se non si fermavano le partenze era “a rischio la tenuta democratica del paese”. L’assoluzione di oggi chiesta anche dalla procura, secondo cui l’ong agiva solo per fini umanitari, è molto più dura del prevedibile perché afferma il dovere di prestare soccorso in mare. Tutti ora si scagliano, anche giustamente contro il governo attuale, ma mai dimenticare che i 3 milioni di euro spesi per l’indagine, le 35 udienze, le intercettazioni, le oltre 30 mila pagine di inchiesta, la nave lasciata marcire e derubata, sono una responsabilità politica che viene da lontano e di cui in molti, anche fra coloro che oggi festeggiano la sentenza, dovrebbero essere chiamati a rispondere. La Iuventa fino al sequestro aveva salvato 14mila persone, dal sequestro ad oggi ne sono morte nel Mediterraneo Centrale almeno altre 10 mila. Perché non c’era una Iuventa sulla loro rotta.

Maurizio Acerbo, segretario nazionale
Stefano Galieni resp nazionale immigrazione Partito della Rifondazione Comunista – Sinistra Europea