PAOLO VOLPONI RIFONDATORE COMUNISTA CONTRO LA GUERRA

PAOLO VOLPONI RIFONDATORE COMUNISTA CONTRO LA GUERRA

Oggi ricorre il centenario della nascita dello scrittore Paolo Volponi e va ricordato un gigante della cultura italiana del Novecento. Noi sentiamo il dovere di ricordare che Volponi fu tra le comuniste e i comunisti che nel 1989 – 1991 si opposero allo scioglimento del PCI e diedero vita al Partito della Rifondazione Comunista. Fu l’intervento di Volponi ad aprire il primo congresso che segnò la nascita del partito. Volponi si schierò con nettezza definendo “menzogna” la cosiddetta “morte del comunismo” (da riascoltare il suo discorso – dal minuto 4:46 https://www.radioradicale.it/scheda/43544/congresso-nazionale-fondativo-del-partito-della-rifondazione-comunista?fbclid=IwAR3bckuJWjy9CgwFTnekHj23GVQSpdweSDoxv7RL19IWAs2b50Pi9u8wptw).

 
Da rileggere la sua Risposta all’Inchiesta su “La morte del comunismo”, in “Il venerdì di Repubblica”, 6 settembre 1991:
Il comunismo è gran parte del pensiero umano, sarebbe assurdo privarsi di questa speranza. Non vedo per quale ragione ci si debba mutilare di una parte della nostra intelligenza. Ci sono state prove negative. E questo nessuno lo discute. Ma è come se volessimo giudicare il Cristianesimo, studiando le efferatezze compiute da certi papi o dai crociati […]. Nel mio cuore io resto comunista, qualsiasi cosa avvenga. Non sono un uomo d’apparato, non ho un’etichetta di partito, né piango perché cascano le statue. Sono crollate certe forme politico-sociali realizzate nel nome del comunismo ma che non avevano nulla a che fare con quel pensiero. Credo che il comunismo sia una possibilità storica, che deve continuare, non solo contro le ingiustizie, ma anche per la liberazione del mondo, per la sua migliore qualità.
Vorrei ricordare il suo impegno contro la guerra del Golfo che rappresentò l’inizio dello stato di guerra permanente che ha segnato l’affermarsi dell’unipolarismo statunitense dopo la fine della “guerra fredda”. Volponi in un intervento in Senato nel 1991 citò gli appelli di intellettuali come Cases, Fortini, Eco, Ginevra Bompiani, Leonetti, Romano Luperini, Ranchetti, Raboni, Roversi, Enzo Collotti, Valeria Magrelli e di tanti altri che, con unica formula, così si esprimono: «Chiediamo al Senato urgente ed aperta pronuncia di consenso alle trattative di pace, fermare la strage, revocare l’impegno armato italiano». Fu interrotto da una voce che accusava: “lasciare libero Saddam” come oggi ci accusano di essere pro Putin. Le parole che pronunciò in Senato nel 1991 rimangono attualissime:
“Questo è stato un secolo sanguinario e noi di questo secolo siamo forse quelli che più di altri hanno ucciso: milioni di morti in guerre ripetute che praticamente non sono mai cessate ma che si sono una all’altra legate o diramate. Milioni di morti in questo secolo e non abbiamo imparato niente; anzi, alla fine del secolo noi riaccendiamo una grande battaglia come a volere che anche il secolo seguente, il millennio successivo siano avvolti dai fuochi della guerra. Questa mi pare veramente una dura regressione, un nonsenso che comprometta la nostra stessa civiltà, la nostra umanità, il senso stesso della vita e della storia.
Abbiamo visto la cultura dominante regredire: siamo tornati ai tempi scuri di cattivi poeti che cantavano la guerra come «igiene del mondo», o dei cattivi pensatori, o «mezzofilosofi» che stavano a dissertare sulla giustezza di una guerra e sulla sua necessità imprescindibile, come se questi non fossero i termini, invece, usati da culture che annientavano la qualità della nostra civiltà e che hanno trascinato il nostro e tanti paesi in conflitti inutili, sanguinari, che hanno compromesso la vita dell’umanità e quella stessa del pianeta. Pensiamo a come vivono il Terzo ed il Quarto mondo: sono essi messi in questa condizione dal fatto che il resto del mondo, quello che si dice civilizzato, ha investito le migliori proprie risorse solo nella costruzione di bombe, di armamenti; da cinquant’anni non si costruiscono che bombe: il comunismo, il socialismo, sono finiti anche perchè si sono messi, nei termini del capitalismo, di fatto a produrre anch’essi bombe, perchè una bomba salvava dall’altra bomba ed il mondo è rimasto praticamente dominato, schiacciato dalle bombe. E le bombe non sono state fabbricate invano. Oggi questa economia di guerra conclude finalmente le sue operazioni con una guerra: l’occasione è stata trovata.” (…) È in onda un grande richiamo maccartista che intimidisce le forze dell’opposizione, i pacifisti e lo stesso Pontefice, il quale, rifacendosi ad una citazione del profeta Isaia, parla di «pace giusta». Si badi bene che quella della «pace giusta» non è una citazione dell’onorevole La Malfa, ma del profeta Isaia, che viene però «accomodata» dalla cultura dei mass media come se il Pontefice avesse compiuto un passo indietro e avesse accettato che comunque questa guerra sarebbe in parte giusta per raggiungere una pace giusta. No: nessuna guerra è più giusta; lo abbiamo ripetuto tante volte e lo abbiamo scritto nella nostra Costituzione, signor Presidente”. (…) “Siamo in guerra e anche noi ~ Governo, Parlamento e popolo ~ siamo diventati poco degni della nostra Costituzione. L’abbiamo tradita e abbiamo instaurato una Costituzione materiale che via via ha concretamente soffocato la Costituzione ideale che i Padri hanno scritto, animati da speranze di verità e di giustizia dopo guerre e sofferenze. Abbiamo tradito la nostra Costituzione. Per questo dobbiamo ritirarci da questa guerra. Non ci giustifica nessuna alleanza militare, perché ciò vorrebbe dire che non avremmo più autonomia e indipendenza. Ciò vorrebbe dire che il Ministro della difesa è Ministro della guerra, che è addirittura un finto Ministro della guerra, perchè il vero Ministro della guerra è, in realtà, quello degli Stati Uniti d’America.”
Il compagno Paolo Volponi merita in questo centenario di essere riscoperto anche per la sua lunga testimonianza di impegno politico. 

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