La vicenda del golpe in Cile non ci parla del passato, ma del futuro

La vicenda del golpe in Cile non ci parla del passato, ma del futuro

 

Paolo Ferrero*

50 anni fa il Cile subiva il colpo di stato delle forze armate contro Salvador Allende, presidente socialista legittimamente eletto. Dal golpe partì una spietata repressione che distrusse una generazione. Questa criminale vicenda, che divenne un simbolo della stagione dei golpe militari in America Latina, non solo segnò l’immaginario collettivo del nostro paese ma ne influenzò le elaborazioni politiche, basti pensare al compromesso storico proposto da Berlinguer. Non voglio qui affrontare il complesso di questi problemi, ma solo sottolineare alcuni elementi che ci dicono che la vicenda cilena non parla del passato ma del futuro. La vicenda cilena non è una pagina chiusa di un libro abbandonato, ma un episodio tra gli altri di una strategia tuttora posta in essere da parte del governo degli Stati Uniti.

“Se c’è un modo di rovesciare Allende, è meglio farlo”. Con queste parole pronunciate dal Presidente Nixon si concluse il 6 novembre 1972 il Consiglio di sicurezza del governo degli Stati Uniti. Da quel momento la strategia di logoramento economico che gli USA avevano già posto in campo contro il “primo governo marxista” dell’America Latina, si allargò in una azione complessiva di destabilizzazione del paese sul piano politico, sociale, informativo. Al termine di questa strategia, all’inizio di settembre il golpe militare che rovescia il Presidente legittimamente eletto intimandogli la resa. Allende rifiuta la resa e l’esilio e dopo il bombardamento del palazzo della Moneda, il palazzo presidenziale da parte dell’aviazione militare cilena, fa uscire i suoi uomini e si suicida preferendo porre fine alla sua vita che venire a patti con i golpisti.

I fatti che ho sopra raccontato non sono supposizioni o frutto di complottismi comunisti ma emergono, parola per parola, dai documenti ufficiali statunitensi che, 50 anni dopo l’elezione a Presidente di Salvador Allende (5 novembre 1970), la National Security Agency – la principale agenzia di intelligence statunitensi – ha desecretato e reso pubblici. Sul piano dei fatti realmente avvenuti non vi sarebbe quindi molto da dire, se non che questo modo di operare continua tuttora, salvo poi dire la verità quando non è più rilevante per cambiare il corso della storia: pensiamo alle bugie raccontate per fare la guerra in Iraq, Jugoslavia, Ucraina e così via.

 

Il golpe economico

Il ruolo degli USA nella cancellazione del governo Allende non si riduce alla scelta nel novembre 1992 del golpe militare, ma si concretizza nella destabilizzazione economica e sociale della situazione cilena. Il governo Allende iniziò ad essere boicottato appena dopo essersi insediato. Gli strumenti economici che gli USA avevano erano molti, dal finanziamento dell’opposizione affinché trasformasse la crisi economica in una guerra civile a misure come il far crollare il prezzo del rame che costituiva la principale materia prima esportata dal Cile e che il governo Allende aveva nazionalizzato l’11 luglio del 1971.

Si tratta di un punto decisivo da sottolineare: il golpe non è un elemento a sé, ma è parte di una strategia che ha visto prima la devastazione della situazione sociale ed economica cilena al fine di precostituire le condizioni per una accettazione del golpe: riportare l’ordine! Questo modo di procedere continua tuttora a pieno regime. Il bloqueo contro Cuba, che dura dal 1962 (cioè da 61 anni), che cosa è se non la riedizione di quanto fatto contro Allende? Ma cosa sono le sanzioni economiche unilaterali che vengono comminate a chi osa ribellarsi all’ordine mondiale statunitense? Perché l’oro della banca centrale venezuelana depositato a Londra è stato sequestrato dalla Banca d’Inghilterra? Il golpe economico che visse il Cile è stato solo un esempio di quanto gli USA e i suoi alleati fanno quotidianamente a livello mondiale.

 

Il Cile come esempio della “democrazia” capitalistica

Il Cile divenne un laboratorio per le politiche neoliberiste elaborate dai Chicago boys e poi esportate in tutto il mondo. Il rapporto tra economisti neoliberisti e la dittatura cilena di Pinochet non fu episodico. Pinochet non fece altro che applicare per primo e sotto la supervisione dei Chicago boys – che gestivano la politica economica del regime – le ricette economiche che Milton Friedman aveva esposto in Capitalismo e libertà. Lo stesso Milton Friedman si recò a Santiago del Cile nel 1975, due anni dopo il golpe – ebbe anche un incontro privato con il dittatore Pinochet – e durante la sua permanenza cilena, mentre veniva celebrato come una rock star, insisteva su un solo concetto: “la giunta aveva cominciato con il piede giusto, ma ora doveva abbracciare il libero mercato con più abbandono”.

L’intreccio tra dittatura militare e applicazione integralista delle politiche neoliberiste di Milton Friedman fu così forte che Orlando Letelier, ex ambasciatore del governo Allende negli USA, che dopo il golpe era diventato un esule a New York, denunciò in un articolo pubblicato negli USA alla fine di agosto del 1976, che: “Milton Friedman, in quanto architetto intellettuale e consigliere ufficioso della squadra di economisti che controlla l’economia cilena, era in parte responsabile dei crimini di Pinochet.” La denuncia di Letelier non ebbe seguito. Meno di un mese dopo, il 21 settembre venne fatto saltare in aria nel bel mezzo della città di New York con una bomba radiocomandata piazzata sotto il sedile del guidatore della sua automobile. In autunno a Friedman fu attribuito il premio Nobel e questo chiuse definitivamente la discussione.

Del resto, come disse l’ordoliberista von Hayek nel 1981: “Personalmente preferisco un dittatore liberale ad un governo democratico in cui sia assente qualunque forma di liberalismo” (Intervista al quotidiano El mercurio – Santiago del Cile, aprile 1981).

Non proseguo oltre, ma è del tutto evidente che la dittatura cilena fu fino in fondo e in modo pienamente rappresentativo un caso da manuale dell’applicazione del pensiero capitalistico vincente nella seconda metà del ‘900. La dittatura cilena non è una parentesi nera, ma una possibilità tra le altre per le oligarchie capitalistiche che spadroneggiano per il mondo. A questo riguardo è bene sottolineare come le varie riforme delle pensioni che il popolo italiano ha subito (Dini e Fornero in primo luogo) ricalchino integralmente i principi delle riforme pensionistiche fatte dalla dittatura cilena e fondate sul passaggio dal sistema a ripartizione a quello a capitalizzazione. Da noi, che siamo un paese occidentale, ci hanno messo di più, ma le prove le hanno fatte con la dittatura cilena. Alla faccia della modernità. A margine si può notare come i militari e i poliziotti cileni fossero dei criminali ma non dei fessi: tutto il sistema pensionistico cileno divenne a capitalizzazione, salvo il loro che rimase a ripartizione…

Chiudo qui questo ricordo del golpe cileno e onoro la memoria dell’eroe Salvador Allende e delle centinaia di migliaia di militanti di sinistra trucidati dalle forze armate e dalla polizia cilena proprio rendendo attenti tutte e tutti noi che non stiamo parlando del passato ma del futuro.

*dal blog su “Il Fatto Quotidiano”


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