CONTRO LO SMANTELLAMENTO DEL REDDITO DI CITTADINANZA RILANCIAMO UN RUOLO SOCIALE PER LA REGIONE CAMPANIA

CONTRO LO SMANTELLAMENTO DEL REDDITO DI CITTADINANZA RILANCIAMO UN RUOLO SOCIALE PER LA REGIONE CAMPANIA

 Elena Coccia*

            Il “decreto lavoro” del Governo Meloni ha iniziato il suo iter parlamentare (A.S. n. 685) e la nostra Regione è una di quelle particolarmente interessate ad un sostanziale miglioramento dello stesso sia con una forte battaglia nelle aule parlamentari che, soprattutto, con una decisa iniziativa sociale.

In quest’ultimo caso, a volte, ci si chiede perchè, nei primi tentativi di mobilitazione, è ancora troppo debole la presenza dei diretti interessati: i percettori del reddito di cittadinanza che, per fare l’esempio della sola Provincia di Napoli, sono ben 417.228.

Per chi, come me, fa parte delle persone indissolubilmente legate, nel bene e nel male, alla sua città ricorda che questo problema, seppur in un contesto diverso, era presente anche ai tempi delle liste di lotta dei disoccupati organizzati che si basavano proprio sul criterio della presenza alle iniziative del Movimento e, sotto questo profilo, il motivo delle attuali assenze dei percettori del reddito è spesso lo stesso: cercare di arrangiarsi per sbarcare il lunario nelle cento attività lecite e illecite, bisogno che ritorna, in maniera ancora più pressante, oggi proprio mentre è in atto lo smantellamento del reddito di cittadinanza che, nei fatti, è una sorta di prima forma di salario minimo legale perchè impedisce le vergognose offerte a tre euro l’ora.

Altro motivo di queste assenze è  da ricercarsi in un malinteso senso di delega a chi si è intestato o si può intestare la battaglia per il sostegno al reddito..

La Campania, rispetto alla percentuale nazionale di percettori, ha avuto un trend in crescita dal 2019 al 2022 passando dal 17,4% al 20,7% dei nuclei familiari beneficiari, in pratica è, purtroppo, la prima Regione in Italia battendo anche la Sicilia (dati dell’Osservatorio statistico dell’INPS pubblicati nel gennaio 2023).

In questo quadro la polemica di alcuni esponenti governativi contro i “divanisti” del reddito di cittadinanza è davvero irricevibile.

In realtà, con l’attuale esecutivo di destra si passa da un’impostazione neo-liberista “soft”- non priva, quindi, di elementi “workfaristi”- ad una di tipo ordoliberista basata sulla colpevolizzazione dei disoccupati che dovrebbero addebitare il loro stato alla passività nella ricerca del lavoro e a spirito assistenzialista/parassitario.

Si potrebbe continuare ancora con altri dati per smentire la propaganda para-razzista di questo Governo come, ad esempio, quello riportato dalla SVIMEZ nel Rapporto dello scorso anno dove si evidenzia che al 30-6-2022 nel Mezzogiorno su una platea di “occupabili” di 495.136 unità meno della metà (198.137 unità) è stata presa in carico dai Centri per l’impiego o è stata inserita in un tirocinio e solo 1 su 5 ha avuto un’offerta di lavoro.

Tuttavia, qui mi interessa un aspetto che negli ultimi mesi non è emerso abbastanza e mi riferisco al ruolo dell’Ente Regione difronte all’aggravamento della situazione socioeconmica del Paese anche come riflesso della spinta inflazionastica che erode il potere d’acquisto dei ceti deboli.

Ad esempio, il confronto/scontro sulla pericolosissima autonomia differenziata spesso non è uscito dalla critica sul numero di materie da trasferire alle Regioni – elemento di sicura importanza perchè, com’è stato più volte evidenziato, significa spaccare il Paese in 20 Repubblichette – ma non sempre si è denunciato con la dovuta forza il fatto che il trasferimento delle varie materie dalla competenza statale esclusiva o da quella concorrente avviene nel ddl Calderoli con un inasprimento delle medesime politiche liberiste che stanno progressivamente distruggendo quel poco di Stato sociale ancora esistente a maggior ragione oggi che spira un vento da economia di guerra;

a tale proposito, non può sfuggire il fatto che in un decreto-legge che si dovrebbe occupare solo di lavoro sia stato inserito un articolo, il 33, che prevede stanziamenti per l’Agenzia Industria Difesa in settori ad alta intensità tecnologica e di interesse strategico dimostrando subito dove andranno a finire parte dei soldi che vengono tagliati al reddito di cittadinanza.

Allora è urgente battersi per un altro tipo di “differenziazione” delle Regioni ad iniziare dalla nostra:

non si tratta di rivendicare la fine dello stato unitario, ma di sviluppare delle politiche regionali che rilancino un ruolo sociale di queste istituzioni.

Perciò, nel nostro caso, è partita, in queste settimane una raccolta firme su una petizione popolare rivolta al Presidente del Consiglio Regionale ai sensi dell’articolo 16 dello statuto campano per ottenere una Misura Integrativa Regionale (M.I.R.) di sostegno al reddito per annullare le conseguenze sociali del forte ridimensionamento del reddito di cittadinanza,

Questo tipo di Misura esiste già in qualche Regione (vedasi la Puglia col “reddito di dignità”) e mira ad allargare la platea dei beneficiari delle misure nazionali di contrasto alla povertà.

L’invito che rivolgo, in realtà, non è soltanto a firmare e far firmare ma quello di rafforzare la costruzione in atto di un Comitato di scopo che metta al centro il carattere sociale di questa iniziativa fuori da anacronistici settarismi e concorrenzialità all’interno del fronte antiliberista ricco di forze sindacali, associative, politiche e sotto questo aspetto dei possibili “modelli” – da seguire con la dovuta autonomia e specificità – potrebbero essere sia quelli della campagna “Ci vuole un reddito”, di cui fanno parte oltre 120 realtà, che quello dell’Agenda sociale lanciata dalla Rete dei Numeri Pari nella cui piattaforma ci sono proposte qualificanti come il sostegno al reddito e il salario minimo legale su cui a breve partirà una campagna nazionale che è destinata ad intrecciarsi, per i suoi oggettivi collegamenti, con la campagna regionale per la M.I.R.

*Segretaria federazione di Napoli, Partito della Rifondazione Comunista – Sinistra Europea, Articolo uscito su “La Repubblica” edizione Napoli

 

 

 

 

 


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