Il rifiuto del “Pilo Albertelli” un esempio da seguire.

Il rifiuto del “Pilo Albertelli” un esempio da seguire.

Loredana Fraleone*

La risposta dei genitori appartenenti al Consiglio d’Istituto del liceo classico “Pilo Albertelli” di Roma all’insulso articolo di Valentina Lupia su “Repubblica” del 15 maggio 2023, nella sua semplicità, potrebbe essere il cuore di un manifesto della scuola “buona” per i nostri tempi.

Affermano infatti: “… quanto sta avvenendo all’Albertelli non è la contesa tra innovazione e opportunità da una parte e vetero ideologi dall’altra. Ci dispiace deludere: tra noi ci sono ingegneri, informatici, fisici, matematici (ma anche insegnanti, operatori sociali, lavoratori autonomi, impiegati e operai); lavoriamo con le tecnologie e sulle tecnologie e sappiamo bene che il progresso tecnologico richiede una sempre maggiore complessità e profondità ed un pensiero critico che si nutre di conoscenza disinteressata. Solo con più cultura si può usare la tecnologia per il bene comune ed i mezzi tecnici possono restare tali e non trasformarsi in “fini”. La scuola 4.0 invece, non riconosce questo impianto formativo e mira solo a competenze parcellizzate finalizzate a lavori estremamente specifici…. un piccolo no che, val bene ricordarlo, è nato al Liceo Albertelli da una comunità scolastica attiva, da genitori che già più volte quest’anno si sono riuniti in assemblea, da insegnanti che non rinunciano alla riflessione sul proprio ruolo, da studenti attenti e partecipi. Dicendo questo “no” rivendichiamo il più alto SI alla Scuola secondo lo spirito della Costituzione della nostra Repubblica.”

Questo scritto, oltre a testimoniare di una comunità consapevole e impegnata nel proprio ruolo, mette il dito nella piaga, in molti casi diventata purulenta, di una scuola che invece di fare i conti con la conoscenza di una complessità crescente, per la quale si può vincere persino un premio Nobel per la fisica, si riduce ad un ruolo addestrativo, subalterna ad un mercato del lavoro impoverito anche dalle controriforme, che la Scuola e l’Università subiscono da qualche decennio.

Un sistema di istruzione, nel quale non si mette al centro quella meravigliosa duttilità che offre solo il pensiero critico, ma si punta, come chiede da anni Confindustria, a “competenze” slegate da una visione complessiva della realtà, piegate alla segmentazione dei saperi orientati all’apprendimento nozionistico invece che alla capacità di imparare.

Noi di Rifondazione Comunista  denunciamo da anni questo andamento, che oggi vede persino una aggressione alla Scuola, a tutti i livelli, con la progressiva invadenza militare nell’orientamento, nell’alternanza scuola/lavoro, nell’esaltazione della vita militare e dell’uso delle armi e dunque per un’assuefazione alla guerra come dato inevitabile. Le scuole in questi anni hanno resistito all’invasione ideologica della violenza e della sopraffazione. La cultura della pace e della convivenza rispettosa è ancora parte di tante iniziative specialmente nella scuola di base. E’ anche questo che dà fastidio e si vuole smantellare. La dimensione tecnologica deve sostituire quella umana, non importa se non esistono laboratori, se i tetti crollano, se gli edifici non sono in sicurezza, se persistono le classi pollaio, importante è spendere i soldi del PNRR per la “digitalizzazione”, la rottura il più possibile del rapporto “affettivo” tra docenti e alunni/e e alunni/e tra di loro, proprio di quel rapporto che, attraverso una interazione virtuosa e non virtuale, modifica tutti i soggetti in campo, arricchendoli. E’ la solitudine eterodiretta davanti a un computer la forma migliore di controllo per il potere.

Il richiamo allo spirito della Costituzione dei genitori dell’Albertelli è di grandissimo valore e non possiamo che essere grati alla loro iniziativa.

 

*responsabile Scuola Università Ricerca – segretaria regionale  Lazio PRC/SE


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