Una strage ignorata

Una strage ignorata

di Lidia Santilli ::

Scorri le prime pagine di questo libro, La strage degli innocenti. Terza età: anatomia di un omicidio sociale, e capisci subito che il titolo così forte non è un trucco escogitato ad arte per attrarre il lettore. Capisci che Il titolo è scabroso perché racconta una storia scabrosa.

In questo lavoro coraggioso e lucido Roberto Gramiccia, con la collaborazione del giornalista Vittorio Bonanni, disvela la condizione di estrema sofferenza umana a cui in Italia sono condannate milioni di persone anziane, abbandonate a se stesse in quanto “pazienti fragili”, ed in quanto “pazienti fragili” espulse di fatto dalla cittadinanza: nessun diritto, dalla salute all’affettività alla socialità al diritto di parola, dentro un cammino accelerato verso la fine. E’ l’odissea di uomini e donne per tentare di sopravvivere nei meandri di un sistema pubblico socio sanitario sempre più eroso, un tessuto sociale di reti di solidarietà polverizzate e di un welfare, un tempo pubblico, che oggi si vuol far morire, mentre troneggia l’irresponsabilità di una politica sorda e cieca di fronte ai bisogni delle persone, ma sensibilissima ad alimentare i giri di affari di sanità e assistenza private.

Senza mezze misure la ricerca pubblicata dice questo, dati alla mano: sta meglio e vive di più chi ha i soldi. Gli altri se la cavano come possono e quando non ce la fanno più finiscono all’ ospizio o al cimitero prematuramente, il tutto tra infinite sofferenze e umiliazioni. Ma l’olocausto degli innocenti, in terra nostra, nel III millennio, potrebbe essere impedito. Basta ipocrisie. Nessuno può far finta di non sapere, e la politica è ora che cambi indirizzo.

Gramiccia dà le parole alle cose smascherando l’insopportabile contraddizione che esiste tra la pubblica indifferenza di fronte a questo scempio e la retorica dei tanti movimenti pro-life che si scatenano contro aborto, contraccezione, fecondazione artificiale, eutanasia. “Mi sono chiesto come mai gli squadroni dei militanti per la vita non abbiano mai denunciato le condizioni miserrime in cui versano 300mila ricoverati in RSA” (ndr. residenze assistenziali sanitarie che vertono in condizioni gravissime di precarietà, come documentato ampiamente nel libro). Basti citare i tristi primati negativi che abbiamo rispetto agli altri paesi europei per ciò che riguarda l’incidenza di piaghe da decubito, l’utilizzo dei mezzi di contenzione, la depressione …. Ebbene, di fronte a queste nefandezze , come mai nessuno ha lanciato una campagna di denuncia? Forse che un anziano fragile è meno portatore di vita di una cellula germinale?”.

Il libro, mano a mano che lo leggi, ti fa l’effetto di una gomitata nello stomaco, sia per le dimensioni del fenomeno in questione– parliamo di più di 3 milioni di persone – , sia per l’intensità delle sofferenze descritte e della catena di ingiustizie in cui questa parte consistente della popolazione, impotente, si trova intrappolata.

Ogni affermazione è supportata da fonti di istituti di ricerca nazionali e da cifre, ed ogni cifra balza agli occhi e fa scandalo per il quadro desolante e inaccettabile di abbandono, emarginazione e morte che ci presenta.

E tu ti chiedi: ma come è possibile tutto questo? E avverti disagio per una smemoratezza che non trova giustificazioni, mentre l’autore ti introduce mano a mano nella zona più buia, dolorosa, rimossa del nostro paese. Un luogo abissalmente distante dal mondo che percepiamo in superficie, in cui fatica e sofferenze sono mescolate a finzione e simulazioni di ogni sorta. Mentre qui sotto no. Qui la realtà si mostra dura quale è, non ammette falsificazioni nè giri di parole né facili assoluzioni. Ti si spalanca senza pietà e ti inchioda a guardarla in faccia.

Non è solo il rigore epistemologico di chi ha scritto ad accompagnarci nel viaggio e a non distogliere lo sguardo, né solo il suo bagaglio professionale diretto in quanto medico geriatra ed ex direttore di un grande Distretto sanitario del Lazio. Né i contributi preziosi presenti nel volume di Margherita Hack, Umberto Galimberti, Ignazio Marino e Carla Cantone. L’ingrediente più denso è quello della pietas, della tenerezza di chi scrive, della compassione nei confronti della fragilità umana. Della compromissione alla vicenda su cui si tenta di fare luce come su qualche cosa che ci appartiene. Senza questo ingrediente sarebbe stato impossibile penetrare nello strato più ruvido di questa realtà guardandola dritta negli occhi.

E il libro riesce nell’impresa. Quando lo chiudi riconosci che non eri preparato a tanto e ti chiedi il perché.

LIDIA SANTILLI

redazionale


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