Di diritti mancati e di perenni conflitti ignorati. Intervista all’onorevole Yana Ehm di ManifestA

Di diritti mancati e di perenni conflitti ignorati. Intervista all’onorevole Yana Ehm di ManifestA

Intervista a cura di Alba Vastano –

C’è una luce in fondo al tunnel. Per ora fioca, ma si intravede. Riguarda tutti coloro che si sentono e sono deprivati di rappresentanza parlamentare, perché ai loro legittimi desiderata che si riferiscono alla richiesta di attuazione dei principi costituzionali, in particolare dell’art.1 e 3 della Carta, nessuno ad oggi ha dato voce. Mancano infatti, i diritti legati al lavoro e al principio di uguaglianza. Ѐ un popolo di emarginati, di precari del lavoro, di sfruttati, di alienati dai diritti sociali che si ribella e contesta da troppo tempo i lorsignori del governo incollati alle cadreghe che è spesso il solo loro fine.

Quel popolo di invisibili a cui nessuno dà voce ed è sempre più inascoltato, ignorato, raggirato continua a reclamare, a lottare. Non si arrende alle soverchierie e all’indifferenza del Governo che investe su armamenti, invece che sul lavoro, sulla scuola e sulla sanità. Lo sanno bene delle giovani donne che sono in Parlamento e hanno costituito un gruppo dal nome promettente. ManifestA è un auspicio di trasparenza e nuove speranze per la sinistra extra parlamentare. Per ora siamo ancora nel tunnel, ma in fondo, grazie a Yana, Doriana, Simona e Silvia, la luce c’è. Nell’intervista che segue Yana Ehm chiarisce cosa vuole essere ManifestA .. “autenticamente di sinistra’ dice. Sarebbe ora. Sarebbe bello. Ci vogliamo credere.

Alba Vastano: Salve on. Yana Ehm, chiariamo, in primis, per i lettori che non conoscono il nuovo gruppo parlamentare, da dove e perché ha origine ManifestA

Yana Ehm: ManifestA è frutto di un percorso congiunto di quattro donne alla Camera dei Deputati.
Con le colleghe Simona Suriano, Doriana Sarli e Silvia Benedetti abbiamo convenuto circa la necessità di dare vita ad una componente in grado di dare voce a chi, all’interno delle aule parlamentari, non si sente rappresentato, con l’obbiettivo di promuovere e costruire una proposta politica concreta, che metta finalmente al centro il benessere sociale, l’ambiente, il pubblico e che dia vita a un modello di sviluppo che si contrapponga fermamente alle ricette neoliberiste, ai processi di privatizzazione, e al potere economico e politico dominante, che da tempo ignora l’interesse collettivo. Uno spazio, autenticamente di sinistra e ambientalista, che provi a disegnare un percorso unitario e che possa avvicinare la politica ai bisogni reali delle cittadine e dei cittadini.
Perché ManifestA? Vuole essere un appello ad alzare la testa, a reagire per rivendicare i propri diritti, e soprattutto a partecipare attivamente alla costruzione di un modello di società più equo e più giusto.

A.V.: Nella vostra agenda parlamentare quali sono i più importanti progetti per promuovere i diritti costituzionali, dal lavoro alla sanità pubblica, alla scuola?

Y.E.: Partiamo da un presupposto. La fiducia al governo Draghi ha segnato per noi uno spartiacque tra quelli che erano i valori e l’agenda di governo portata avanti dal governo precedente e la scelta di un governo tecnico, non eletto dai cittadini, e con una maggioranza bulgara. Non avendo votato la fiducia al governo Draghi, sono stata espulsa dal Movimento 5 Stelle e, assieme alle colleghe, abbiamo continuato a lavorare affinché si rispettassero i valori costituzionali e si rappresentassero i cittadini e le loro istanze. Sicuramente tra queste rientrano i diritti costituzionali, il lavoro, la lotta al precariato, il salario minimo, la sanità pubblica, l’istruzione e l’università ed una vera transizione ecologica. Tutte tematiche poi confluite nella componente ManifestA e sulle quali lavoriamo di giorno in giorno. Lo scoppio della guerra in Ucraina ha poi decisamente messo in risalto il lavoro che faticosamente sto portando avanti da oltre 3 anni in Commissione affari esteri: il ripudio della guerra come strumento di risoluzione delle controversie, l’export di armi, specialmente verso quei paesi coinvolti in conflitti bellici, il rispetto dei diritti umani e del diritto internazionale, le migrazioni.

A.V.: Quali sono i vostri rapporti di lavoro e impegno politico con le forze parlamentari avverse? E come gestite le vostre proposte in un Parlamento tutto steso a Draghi… o quasi

Y.E.: I rapporti politici con i colleghi sono buoni e cordiali. È naturale che vi sia più collaborazione con gruppi con i quali si condividono temi, valori e battaglie e con i colleghi transfughi del MoVimento 5 stelle poi confluiti in Alternativa, e con i quali abbiamo condiviso un percorso politico comune. Ciò non toglie che possano essere sostenute anche iniziative di forze parlamentari avverse, laddove l’intento sia costruttivo e proficuo. Pongo come esempio la risoluzione di maggioranza in commissione affari esteri sul disarmo nucleare, che ho cofirmato e sostenuto fortemente. Le proposte vengono gestite, spesso, in sinergia con alcune delle forze parlamentari di opposizione raggiungendo anche importanti risultati.

A.V.: Parliamo di guerra, quella in Ucraina. Il vostro No alle armi per non prolungare la guerra e favorire gli accordi è anche quello di una parte della destra con un Salvini che nicchia e tentenna sulla questione e vuole parlare con Putin, mostrandosi un paladino della pace, sicuramente strumentale per ottenere consensi. Può spiegare i motivi per cui ManifestA si oppone all’invio delle armi, in conformità con l’art. 11 della Costituzione e le differenze in merito con l’opposizione al governo della Lega?

Y.E.: Nessuno schieramento con Salvini, né tantomeno con chi fa della guerra uno strumento di preminenza. ManifestA si è schierato da subito contro la guerra, contro l’invio delle armi, contro il riarmo e per la pace. L’Italia ripudia costituzionalmente la guerra come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali e la legge 185/90 vieta l’export di armamenti letali in paesi coinvolti in conflitti. Siamo state, assieme a pochi altri colleghi, le uniche a votare no all’invio di armi e all’aumento della spesa militare per raggiungere il 2% del PIL, presentando, in alternativa, proposte concrete per un immediato cessate il fuoco, negoziati e promuovendo una conferenza per la Pace proprio nella nostra capitale, Roma.

Non può che fare piacere, dopo oltre tre mesi di guerra, che alcune forze politiche si preoccupino delle conseguenze gravissime di questa guerra scellerata, eppure, va ricordato, che quel 19 marzo, hanno votato compattamente a favore dell’invio di armi, e concesso, di fatto, il via libera al governo a procedere con ulteriori decreti interministeriali, senza più l’interpello del parlamento. Per il 21 giugno vi sarà un nuovo appuntamento importante, prima del Consiglio europeo. Anche in quell’occasione presenteremo una risoluzione in aula, sperando che questa volta possa essere accolta e non bocciata.

A.V.: Uno sguardo alle altre guerre nel mondo, quelle che non hanno poi così clamore mediatico, né tantomeno l’endorsement dei governi occidentali. Parliamo della Palestina, ignorata da 74 anni. Un popolo massacrato e ignorato dalle potenze imperialiste. Voi di ManifestA siete appena state in quei luoghi. I motivi della vostra missione, lo scopo e le novità che progettate per sostenere e dare una voce importante al popolo palestinese?

Y.E.: Parto dalle altre guerre nel mondo, purtroppo decine e decine, molte di loro neanche mai menzionate. Il conflitto israelo-palestinese è sicuramente uno dei più noti, longevi e strazianti, e conosco bene quelle terre, avendo avuto modo di lavorarci, prima di essere eletta portavoce. Una terra martoriata, come giustamente ricordavi, da oltre 70 anni, con violazioni del diritto internazionale perpetrate alla luce del sole e senza alcuna vera conseguenza per Israele e sul fronte internazionale. Avremmo voluto svolgere questa missione già lo scorso anno, ma abbiamo dovuto rimandare a causa della pandemia.
La nostra missione ha visto incontri sul fronte diplomatico, politico, umanitario e della cooperazione internazionale. Abbiamo visitato luoghi significativi durante alcune field missions e incontrato i rappresentanti di al Haq, una delle sei ONG inserite nella black list da Israele, designata come “organizzazione terroristica” e sul quale intendiamo depositare un’interrogazione parlamentare.
E’ fondamentale mantenere alta l’attenzione, non dimenticare e battersi affinché vi possa essere una soluzione definitiva, a partire dalla soluzione a due popoli e due stati. Stiamo organizzando una conferenza per la fine del mese, proprio sul tema.

A.V.: Parliamo di diritti di genere. Come donne immagino che porterete nella vostra agenda parlamentare un sostegno alla legge 194 del 1978, attaccata continuamente dalle destre e alla questione annosa della violenza di genere. Violenza non solo fisica, ma anche riguardo il mobbing che si fa sulla donna lavoratrice, spesso solo perché anche madre. Lei che ne pensa in proposito e quali proposte e interrogazioni pensate di mettere in agenda?

Y.E.: Come puoi immaginare la parità di genere è all’apice della nostra agenda politica. Non solo come impegno da portare avanti dentro e fuori le aule parlamentari ma anche perché, voglio ricordarlo, siamo uno degli ultimi paesi europei per la rappresentanza delle donne in Parlamento, al 33%.
C’è molto lavoro da fare e una promozione in politica e fuori.

A.V.: Vige una pessima cultura del diverso basata su preconcetti contro l’omosessualità che, in nicchie anche di presunto spessore intellettuale, viene considerata come una patologia da curare. Pensate di mettere mano alla questione proposta dal ddl Zan, a firma Pd, e riproporla come vostro ddl?

Y.E.: Siamo molto indietro. La proposta Zan era una proposta di buon senso ma a causa dell’avanzata radicale di alcuni partiti contrari il nostro Paese ha visto l’ennesima opportunità di emancipazione naufragare per non parlare di alcuni retaggi culturali assolutamente folli e che non onorano i valori della nostra Carta Costituzionale basata su parità ed eguaglianza ma anzi affondano il nostro Paese nell’oscurantismo più cieco.

A.V.: Da inchieste e indagini di istituti di ricerca sembra che il reddito di cittadinanza demotivi alla ricerca di un lavoro o all’accettazione di un qualsiasi lavoro, specie nelle fasce giovanili, ma non solo. Qual è la vostra posizione verso il Rdc e quali dovrebbero essere i giusti criteri per erogarlo assicurando gli erogatori che ne usufruisca solo chi realmente è in fascia di povertà o è realmente inabile al lavoro?

Y.E.: Non sono d’accordo. Siamo uno degli ultimi paesi dell’Unione europea ad avere introdotto il Reddito di cittadinanza. I paesi emancipati del nord Europa lo sostengono da anni ed è sbagliato pensare che l’RDC sia uno strumento di demotivazione lavorativa e anzi, nel periodo appena trascorso, con la pandemia e il fermo lavorativo, il RDC ha sostenuto migliaia di cittadini italiani.
Il RDC è una misura di sostegno e il controllo della misura e dei furbetti deve essere portata avanti dagli organi competenti. Noi di ManifestA siamo assolutamente a favore e ricordiamo che i salari sono fermi da anni mentre il costo della vita è aumentato a livelli esponenziali e, senza un concreto aiuto statale rischiamo davvero di aumentare a dismisura la soglia di cittadini che vivono al di sotto della soglia minima.

A.V.: Parliamo di salario minimo, provvedimento, assolutamente necessario e d’emergenza, finora non pienamente considerato dalle forze in campo. Da un’indagine dell’istituto di ricerca Swg si evince che l’86% degli intervistati è a favore di una legge che ne preveda l’attuazione. Qual è la vostra posizione in merito?

Y.E.: Siamo nettamente a favore del salario minimo e, anzi, siamo in grosso ritardo rispetto agli altri paesi. Vedendo le classifiche degli altri paesi europei, siamo tra gli ultimi a non avere un salario minimo. Abbiamo altresì gli stipendi fermi da decenni, mentre il costo della vita aumenta costantemente e in netto rialzo.

A.V.: La scuola pubblica italiana è sommersa da gravissime carenze perpetuate negli anni e ignorate dai governi che si sono susseguiti: carenze di personale, classi pollaio, edifici in degrado. Concorsi irregolari e illusori. Al Pnrr intanto il governo attinge per finanziare l’industria delle armi. Prevedete interrogazioni parlamentari, in proposito, al Ministro Bianchi per sollevare i tanti problemi della scuola pubblica, mai risolti dai Ministri che si sono susseguiti, almeno nell’ultimo decennio?

Y.E.: Mi trova d’accordo e come ManifestA abbiamo già presentato un’interrogazione al ministro Bianchi circa presunti brogli in sede concorsuale. È chiaro che il comparto scolastico necessita oramai da anni di una seria ricostituzione a partire dalla classe docente, in affanno e demotivata dopo lunghi anni di precariato, classi pollaio proseguendo poi per la mancata manutenzione, ordinaria e straordinaria, di centinaia di plessi scolastici. Abbiamo chiesto più e più volte chiesto di investire, anche in nome della tanto reclamata “Next Generation”, più in istruzione, università e ricerca, ma quello che abbiamo visto ad oggi sono più fondi al riarmo, e tagli nei settori dell’istruzione e della sanità. Basta vedere l’ultima approvazione del documento di economia e finanza, dove il parlamento ha approvato il taglio di mezzo punto del PIL per l’istruzione e un punto del PIL per la sanità. Ringrazio anche per ricordare, come il governo abbia provato ad attingere ai fondi per finanziare il riarmo e nuove basi militari.

Il 2 giugno con la Collega Suriano eravamo le uniche due parlamentari ad essere presenti alla manifestazione svolta nel parco di Coltano dove, proprio con i soldi del PNRR, si vuole finanziare una nuova base militare di oltre 70 ettari. 445mila metri cubi di cemento armato e con un costo di 190 milioni di euro e che avrebbe peraltro ripercussioni pesantissime sul patrimonio naturalistico. Per concludere, il problema è al principio: la crisi politica vissuta negli ultimi anni ha avuto il suo apice con la pandemia e con il governo Draghi che hanno finito di esautorare i poteri del Parlamento delegando al solo governo questioni dirimenti. Da oltre un anno il Parlamento si muove su fiducie e arranca a portare in aula i problemi reali dei cittadini, in secondo piano rispetto alle attuali emergenze nazionali, la pandemia e la guerra. Dobbiamo cominciare a parlare, riprendere un dialogo serio e rimettere in piedi la macchina o il rischio sarà quello di una perpetua tecnocrazia.

A.V.: Sanità, autonomia differenziata, ddl concorrenza (art.8). Il governo non rispetta la Costituzione, favorendo privilegi laddove ci sono le strutture e negando i finanziamenti perché le strutture non esistono. Ѐ il paradosso dell’autonomia differenziata che diversifica le regioni, laddove le regioni più abbienti sarebbero avvantaggiate da più fondi. In quanto al libero mercato molte categorie di lavoratori, pensiamo ai tassisti con regolare autorizzazione comunale, avranno la peggio. Qual è la vostra posizione sui tre punti indicati?

Y.E.: Sono tre temi molto importanti. Sulla sanità ci siamo spese più volte sulla necessità urgente di rafforzare la sanità pubblica e restituire al servizio sanitario italiano la sua originaria funzione. L’investimento della spesa pubblica è tra i più bassi di Europa e nella previsione del 2022/2025 scende ancora di più, con la sanità convenzionata privata che erode prestazioni remunerative, quali analisi, test diagnostici, visite specialistiche, alla sanità pubblica.

Sull’autonomia il governo va avanti spedito. L’attuazione di questo disegno porterebbe alla differenziazione dei servizi in base alla ricchezza di una regione. In barba alla perequazione e alla funzione redistributive del governo centrale, che avrebbe il ruolo costituzionale di rimuovere ostacoli di natura economica e sociale, e che invece ci porterebbe ad assistere ad un’Italia a 20 velocità, con le regioni più ricche che potranno offrire servizi migliori e le regioni meno ricche che invece torneranno ad arrancare.
Il ddl concorrenza, infine, ci vede profondamente contrarie e desta profonda preoccupazione sulla volontà di continuare anche qui speditamente, nell’ambito delle privatizzazioni dei beni comuni fondamentali, dall’acqua all’energia, dai rifiuti al trasporto pubblico locale, dalla sanità ai servizi sociali e culturali, fino ai porti e alle telecomunicazioni.

A.V.: Dopo la conferenza stampa di febbraio scorso durante la quale avete presentato il gruppo ManifestA e il vostro team, quali riscontri avete avuto dalle forze di sinistra extra parlamentari e dalle associazioni, ovvero da tutte quelle realtà orfane di rappresentanza? C’è da ben sperare che la sinistra, orfana di voce politica, possa trovare in voi portavoce credibili in Parlamento?

Y.E.: ManifestA nasce proprio con l’intento di unire e convergere ed il primo riscontro con le forze di sinistra, con le associazioni, ma soprattutto con la cittadinanza è stato molto positivo e costruttivo. In tantissimi ci hanno scritto ringraziandoci e chiedendo di poter partecipare e contribuire. Anche l’aspetto di essere una componente tutta al femminile ha trovato terreno fertile e non possiamo che esserne liete. In Sicilia abbiamo appena aggiunto un’ulteriore tassello di unione e convergenza, al fine di costruire una concreta proposta politica, dal basso, in vista delle elezioni regionali ed oltre.

A.V.: Siamo anche orfani di una legge elettorale che favorisca un buon risultato, per i gruppi di minoranza, nella prossima tornata delle politiche. La legge elettorale con maggioritario presumibilmente non vi favorirà

Y.E.: La legge elettorale non deve garantire buoni risultati per una categoria o l’altra, questo sarebbe sbagliato. Occorre una legge elettorale che possa garantire la rappresentanza delle preferenze del paese, senza storture. Data l’attuale composizione molto eterogenea e spaccata della maggioranza, non penso però che vi sarà un cambio della legge elettorale in questa legislatura.

Alba Vastano
Giornalista. Collaboratrice redazionale del mensile Lavoro e Salute www.lavoroesalute.org

www.blog-lavoroesalute.org

 


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