Draghi, un governo che guarda al futuro con le ricette del passato: dall’Autonomia Differenziata al PNRR, un Paese diseguale

Draghi, un governo che guarda al futuro con le ricette del passato: dall’Autonomia Differenziata al PNRR, un Paese diseguale

“Bisogna riassaporare il gusto del futuro” disse il Presidente del Consiglio Draghi illustrando il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) per l’accesso ai fondi del Next Generation Eu.
Una frase che fa il paio con l’involontaria ironia dell’incipit autocelebrativo “Sì, è un summit di successo… siamo riusciti nel senso di mantener vivi i nostri sogni” pronunciato alla Conferenza COP26 a Glasgow, mentre le piazze di tutto il mondo traboccavano di indignazione.
L’idea di futuro del Presidente-banchiere e del suo affastellato governo nostrano, tutto mercato e privatizzazioni, va nella direzione contraria a quella dei diritti e della coesione territoriale: a farne le spese sono le fasce sociali più svantaggiate e il Sud.
Il regionalismo differenziato, brandito come una clava da alcune regioni del Nord, le leghiste Lombardia e Veneto e la “progressista” Emilia Romagna, riappare come DDL “Disposizioni per l’attuazione dell’autonomia differenziata” collegato alla Legge di Bilancio, invece di essere definitivamente seppellito dalle evidenti e dolorose disparità territoriali messe in luce dalla pandemia.
Un DDL privo di contenuto pubblico, un titolo minaccioso inserito nottetempo da mano ignota, immediatamente prima della pubblicazione della Nadef 2021, da riempire e approvare senza discussione parlamentare e, in quanto legge finanziaria, non soggetto a possibili abrogazioni referendarie.
Ogni staterello regionale si troverebbe a contrattare con il Governo la piena autonomia e il trattenimento delle risorse fiscali su 23 importanti materie, dalla sanità all’istruzione, ai contratti di lavoro, all’ambiente e alle infrastrutture, passando all’incasso della “riforma” costituzionale varata nel 2001 dal governo di centrosinistra, con l’opposizione di Rifondazione Comunista.
È un progetto fallimentare ed eversivo, che delinea un quadro allarmante e un’impostazione che privilegia i territori più ricchi, in coerenza con gli altri provvedimenti approntati in questi mesi.
Lo dimostrano l’iniqua assegnazione delle risorse del PNRR, con il rischio che un terzo del Mezzogiorno, la parte più povera, già priva dei servizi minimi essenziali e oberata da atavici ritardi e carenze, rimarrà esclusa dalla ripresa economica; i criteri per la partecipazione ai bandi, come il caso dei 700 milioni per i nuovi asili nido già opzionati nel PNRR, che, premiando i comuni in grado di cofinanziare la spesa, consentirà un aumento di asili a chi ne ha già e lascerà a zero chi ne è privo; il perseverare della “spesa storica” nella ripartizione delle risorse erariali e l’impostazione del fondo per la perequazione infrastrutturale, in cui scompare ogni esplicita connotazione territoriale; il DDL Concorrenza che prevede lo stravolgimento del ruolo dei Comuni e la definitiva privatizzazione dei servizi pubblici locali, senza esclusione alcuna, individuando nel Mezzogiorno la frontiera per l’espansione delle multiutility, alla faccia dei diritti delle persone, delle comunità, della volontà popolare espressa nel referendum 2011.
“Tra Nord e Sud molte differenze nella spesa pro-capite”. Lo afferma la Corte dei Conti in audizione parlamentare e lo ribadiscono in varie forme lo Svimez, il rapporto di Bankitalia sulle economie regionali, gli studi e le inchieste sull’argomento, le associazioni e i tanti comitati che si battono per la difesa dei diritti costituzionali. Inascoltati da un Parlamento afono e privo di una degna opposizione, da un governo in cui convivono diversità litigiose all’interno di un comune orizzonte, garantite da un uomo della provvidenza per gli interessi dei potentati economici.
Il futuro che “riassaporano” per mantenere vivi i “loro” sogni è la solita ricetta liberista da incubo che abbiamo conosciuto e che ci ha portati al punto in cui siamo.
È urgente fermare questo scempio: se sprofonda il Mezzogiorno sprofondiamo tutti.
La questione meridionale è più che mai questione nazionale, europea: essa parla a tutti i lavoratori e le lavoratrici, ai poveri e agli sfruttati di tutti i territori, a tutti “i sud” sparsi della penisola.
Per le comuniste e i comunisti è, come tale, di prioritario interesse.
Occorre lavorare, insieme con le soggettività che difendono l’unità della Repubblica e l’uguaglianza dei diritti, per il ritiro definitivo del DDL sull’autonomia differenziata e l’annullamento delle intese precipitosamente stipulate, una vera perequazione territoriale e livelli “uniformi” di prestazioni sociali e sanitarie (altro che LEP, livelli “essenziali”!), investimenti su scuola, università, sanità e trasporti pubblici, la difesa dell’autonomia prevista dall’art.5 e la revisione delle modifiche costituzionali del 2001, art.116 comma3.
Ridare centralità al Parlamento, rifondare un nuovo municipalismo che favorisca processi di reale partecipazione democratica, avviare di un dibattito trasparente nel Paese sugli ambiti e le forme del ruolo “pubblico”, fondativo della costruzione dell’alternativa economica, sociale, culturale.
Praticare l’opposizione, costruire l’alternativa.

Tonia Guerra


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