A proposito delle nuove nomine di Cinecittà. Se il cinema pubblico è in mano al privato
Pubblicato il 22 apr 2021
Stefania Brai*
Nuove nomine ai vertici di Cinecittà: Chiara Sbarigia presidente e Nicola Maccanico amministratore delegato. Dopo le lunghe battaglie per far tornare pubblici gli studi di via Tuscolana, il ministro Franceschini punta al rilancio in chiave esclusivamente industriale. Chi garantirà gli aspetti della creatività, della formazione, della sperimentazione, della ricerca e dell’innovazione?
Franceschini continua a colpire. Con le nuove nomine di Cinecittà – seguite a quelle del Centro sperimentale di cinematografia – prosegue la lunga marcia di un ministro che dovrebbe essere della cultura ma che forse voleva andare all’industria.
Qualcuno si ricorda le lunghe battaglie dei lavoratori di Cinecittà non solo per la difesa dell’occupazione, ma per la salvaguardia della dignità e professionalità del loro lavoro, dignità e professionalità legati strettamente al ruolo culturale di una struttura produttiva pubblica come quella di Cinecittà?
La loro è stata una battaglia difficilissima non solo contro la cementificazione degli studi di via Tuscolana, ma come dicevano, “per tutti quelli che sanno che il cinema non è solo una forma d’arte, ma un potente mezzo di emancipazione sociale, di crescita culturale, di avvicinamento tra popoli, di promozione di tutte le altre espressioni artistiche e che per fare tutto ciò servono idee, mani e amore, ma non cemento…”.
Chi in quegli anni lottava a fianco di quei lavoratori sosteneva che Cinecittà – allora in mano a gruppi privati tra cui la Bnl – doveva tornare ad essere pubblica per poter svolgere il suo ruolo istituzionale di volano culturale e industriale di tutta la produzione cinematografica, puntando sull’alta qualità e sulla ricerca tecnologica ed artistica, sull’innovazione e sulla sperimentazione grazie anche all’altissima qualità professionale dei suoi lavoratori. Con un progetto pubblico di investimento sulle attività, sui servizi, sulla formazione e sulla ripresa delle attività delle imprese artigiane.
Nel 2017 quella battaglia è stata vinta e Cinecittà è tornata ad essere pubblica. Ma subito si disse che sarebbe iniziata un’altra battaglia, forse ancora più difficile: impedire che la “filosofia” fondamentalmente mercantilistica della legge cinema del ministro Franceschini pervadesse il progetto di rilancio del più grande polo produttivo cinematografico del nostro paese.
Le nuove nomine mi pare dimostrino che la battaglia è ancora lunga. Non è un caso che sia stata scelta la figura di un produttore a presiedere la più importante scuola pubblica di cinema del nostro paese, che per la precisione si chiama Centro sperimentale di cinematografia, e la più importante Cineteca pubblica del nostro paese.
Così come non è un caso che le nuove cariche di Cinecittà siano ricoperte da imprenditori: uno per tutti, Nicola Maccanico che viene da Sky, poi direttore marketing Warner Bros Italia, poi amministratore delegato della Vision Distribution, società di produzione e distribuzione nata da un accordo tra Sky e alcune grosse società di produzione italiane, poi ritornato a casa da Sky. Adesso nominato Amministratore delegato di Cinecittà.
Come Chiara Sbarigia nominata nel ruolo di presidente, già direttrice operativa del MIA – Mercato Internazionale dell’Audiovisivo e attualmente – carica che manterrà – direttrice generale dell’Associazione Produttori Audiovisivi (APA).
Queste cariche un tempo erano ricoperte da autori cinematografici, intellettuali, giornalisti come Gillo Pontecorvo, Felice Laudadio, Lino Miccichè, Lina Wertmuller, solo per citarne alcuni.
Ma c’è chi è sicuro che i nuovi vertici non porteranno mai avanti l’idea tutta mercantile e industriale del cinema – e della cultura – di Franceschini, ma mostreranno invece grande attenzione agli aspetti della creatività, della formazione, della sperimentazione, della ricerca e dell’innovazione.
*Giornalista e direttrice di “Gulliver”. Responsabile cultura di Rifondazione Comunista
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