Senza un New Deal, ripresa tra 13 anni

Senza un New Deal, ripresa tra 13 anni

di rassegna.it -

Se il paese intercettasse la ripresa, quella stessa accreditata per il 2014 dai maggiori istituti statistici, quanto tempo ci vorrebbe prima di recuperare il terreno perso in questi in questi cinque anni di crisi? Esattamente tredici anni per ritornare al livello del Pil del 2007, 63 anni per quello dell’occupazione, ‘mai’ per recuperare il livello dei salari reali. E’ quanto rileva uno studio effettuato da Riccardo Sanna dell’Ufficio economico della Cgil dal titolo ‘La ripresa dell’anno dopo – Serve un Piano del Lavoro per la crescita e l’occupazione’. Un lavoro dove si simulano alcune ipotesi di ripresa, nell’ambito delle attuali tendenze e senza che si prevedano modifiche significative di politica economica, sia nazionale che europea, per dimostrare la necessità di “un cambio di paradigma: partire dal lavoro per produrre crescita”.

Si parte dalla situazione di contesto. Dal 2008 il Pil, riporta lo studio, perde mediamente 1,1 punti percentuali ogni anno mentre i posti di lavoro sono diminuiti di oltre 1,5 milioni rispetto al 2007. I salari lordi perdono lo 0,1% ogni anno (quelli netti lo 0,4%), la produttività è mediamente negativa del -0,2%, così come gli investimenti diminuiscono, sempre in media, di 3,6 punti l’anno. Questo quindi il quadro di riferimento dove innestare le previsioni macroeconomiche dell’Istat, a prescindere dalla congiuntura internazionale, e calcolare di conseguenza quanto tempo ci vorrà ancora per parlare di ripresa e recuperare il livello pre crisi.

Ecco quindi che proiettando la ripresa calcolata dall’Istat, ovvero moltiplicando nel tempo il tasso previsto per il 2014 (pari a un +0,7%) fino a raggiungere il livello 2007, dallo studio della Cgil emerge che il livello del Pil pre-crisi verrebbe recuperato nel 2026 (in 13 anni dal 2013): il tempo necessario per colmare il ‘gap’ di 112 miliardi tra il Pil del 2014 (1.380 miliardi) e del 2007 (1.492 miliardi). Il livello dell’occupazione, invece, soltanto nel 2076 (in 63 anni dal 2013), per tornare cioè alle 25.026.400 unità di lavoro standard nel 2007 dalle 23.531.949 del 2014 (-1.494.451 la differenza). Non si recupererà mai invece il livello dei salari reali mai: “in confronto con l’inflazione effettiva, cioè il deflatore dei consumi, la variazione è negativa nel 2014”, spiega lo studio. Infine il livello di produttività verrebbe recuperato nel 2017 (in 4 anni dal 2013) e il livello degli investimenti nel 2024 (11 anni dopo il 2013).

Se la crescita fosse quelle media del periodo 2000-2007 il Pil recupererebbe in 7 anni. Ma se quest’ultimo è lo scenario peggiore, lo studio Cgil prende in considerazione “ipotesi più ottimistiche” legate alla proiezione di un livello di crescita pari a quello medio registrato nel periodo 2000-2007, ovvero del +1,6%. In questo caso il risultato prevede che il livello del Pil, dell’occupazione e dei salari verrebbe ripristinato nel 2020 (7 anni dopo il 2013) mentre quello della produttività nel 2017 e il livello degli investimenti nel 2024 (12 anni dopo il 2013). Lo studio della Cgil calcola inoltre anche la perdita cumulata generata dalla crisi, cioè il livello potenziale di crescita che si sarebbe registrato nel caso in cui la crisi non ci fosse mai stata, e che è pari a 276 miliardi di euro di Pil (in termini nominali oltre 385 miliardi, circa il 20% del Pil).

Uno studio, quindi, funzionale alla Cgil per rivendicare la centralità del lavoro. “Per uscire dalla crisi e recuperare la crescita potenziale occorre un cambio di paradigma”, osserva il segretario confederale della Cgil, Danilo Barbi, secondo il quale “per non attendere che sia un’altra generazione ad assistere all’eventuale uscita da questa crisi, e ritrovare nel breve periodo la via della ripresa e della crescita occupazionale, occorre proprio partire dalla creazione di lavoro”. Come sostenuto dalla Cgil attraverso il ‘Piano del Lavoro’. “Una proposta – spiega Barbi – che si fonda proprio sull’idea di rispondere alla crisi globale e al declino dell’economia italiana attraverso un forte sostegno alla domanda, che avvenga proprio con un piano straordinario di creazione diretta di nuova occupazione, nuovi investimenti pubblici e privati, verso l’innovazione e i beni comuni”.

Con il ‘Piano del Lavoro’ occupazione recuperata in 3 anni e il Pil in 4. Come dimostrano infatti le stime sull’impatto del ‘Piano del Lavoro, frutto dell’utilizzo del modello econometrico (originale) elaborato dal Centro europa ricerche, si possono prevedere i possibili tempi della ripresa, in relazione alle misure indicate dal piano, partendo dallo scenario attuale (2013). Il risultato, come riporta lo studio, è che in 3 anni, al 2016, potrebbe essere possibile recuperare il livello occupazionale pre-crisi (2007) e in 4 anni, al 2017, il livello del Pil, della produttività e degli investimenti. Il livello della retribuzione di fatto media annua lorda potrebbe essere recuperato addirittura nel 2014. Per Barbi, quindi, “qualsiasi ipotesi di ripresa, anche la più ottimistica, che insista sull’aumento della competitività e della crescita per recuperare così anche l’occupazione perduta, richiederebbe comunque tempi molto lunghi e ancora diversi anni di sofferenza sociale”. E’ il lavoro la sola alternativa: “Di fronte ad una crisi di questa natura, a questa spaventosa recessione, è la creazione di lavoro – conclude Barbi – che produce crescita e che a sua volta crea nuovo lavoro, non il contrario”.


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