Come prima….più di prima

Come prima….più di prima

Loredana Fraleone*

Nei giorni peggiori della pandemia, sembrava possibile una svolta, richiamata anche in ambienti governativi e nei media. Un’inversione di tendenza se non altro, rispetto alle scelte scellerate dei governi di centrodestra e centrosinistra, che si sono succeduti devastando le conquiste fatte in nome della Costituzione e tese alla soddisfazione dei bisogni fondamentali delle persone, indipendentemente dalla condizione economica.

In particolare la Sanità sempre più assoggettata alla gestione privata e la Scuola sempre più dominata dal modello aziendale. Sull’una e sull’altra sono calati tagli consistenti, con la scusa del ripianamento del debito pubblico, non dovuto certo al finanziamento di settori che, come la Scuola, si trovano agli ultimi posti in Europa per la spesa rispetto al PIL.

Abbiamo pagato più tasse di quello che c’è stato restituito in termini di servizi, mentre le banche hanno accumulato profitti, ingigantendo il debito dello Stato italiano. Dal 1981 infatti il governo Spadolini, Ministro del Tesoro Andreatta, pensò bene di sottrarre la banca centrale al controllo del Ministero del Tesoro, trasformando la Banca d’Italia in una S.p.A. soggetta alle regole di mercato.

Il sistema d’istruzione, una delle più consistenti voci di bilancio dello Stato, ha subito da allora  tagli di tutti i generi, portando un paese membro del G7, agli ultimi posti in Europa per laureati e diplomati.

Per quello che possiamo vedere oggi, a seguito della pandemia, si continuano a finanziare direttamente o indirettamente le grandi imprese, anche quelle che hanno trasferito la propria sede all’estero, senza alcun piano di riconversione produttiva; si continua a negare un minimo di ridistribuzione della ricchezza attraverso una tassa patrimoniale sulle grandi ricchezze. Alla faccia del cambiamento richiamato a più voci durante il lockdown.

Non vediamo le risorse necessarie per la Scuola e l’Università, come per la sanità del resto, che consentano un avvio dell’anno scolastico ed accademico in sicurezza. Gli studenti universitari sono già condannati a seguire le lezioni online, mentre per quelli della scuola si prospetta una turnazione in presenza e in “didattica a distanza”. Sarà un disastro che espellerà altri giovani dal percorso universitario e scolastico, aumentando il vergognoso tasso di abbandono che ci distanzia già abbondantemente dagli altri paesi europei. Un miliardo e mezzo per affrontare i problemi del sistema d’istruzione, che soffre da sempre per gli spazi destinati ad ogni studente, significa evadere dai problemi reali, che dovrebbero essere affrontati da subito con il reperimento di risorse adeguate per ridurre il numero di studenti per classe, per assumere il personale necessario, per avviare un piano di edilizia scolastica anche con la messa a norma di circa la metà degli edifici scolastici esistenti che non lo sono (dati del Ministero per l’Istruzione). Per noi la questione degli spazi e del relativo numero degli alunni è anche e soprattutto un problema di qualità della didattica e di diritto allo studio, che potrebbe riavviare una riflessione sull’efficacia delle controriforme dell’ultimo ventennio e rimetterle in discussione nella sostanza. Stando persino al punto di vista delle imprese, il finanziamento necessario al sistema universitario e scolastico potrebbe produrre occupazione e quindi una più diffusa capacità d’acquisto, che è oggi il problema principale di un’economia in grande sofferenza. Le contraddizioni dell’attuale capitalismo neoliberista però non portano a quello sguardo lungo che impedisca di farci sprofondare su un futuro sempre più incerto e oscuro.

*Responsabile Scuola Università e Ricerca PRC/SE


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