Contano i voti, non solo le percentuali

Contano i voti, non solo le percentuali

di Alfonso Gianni -
È passato diverso tempo da quando mi iscrissi al Partito comunista italiano. Per la verità dovrei dire alla Federazione giovanile, ma allora non vi era molta differenza, essendo il grado di autonomia di quest’ultima dal partito praticamente inesistente. Era l’ottobre del 1964. Il segretario del Pci era venuto meno nell’agosto di quell’anno, quindi quel tesseramento prese il nome di “leva Togliatti”.

Tra le prime cose che in sezione mi insegnarono ne ricordo in particolare tre: attacchinare i manifesti, possibilmente senza farsi beccare dalla volante (allora la polizia aveva tempo da perdere), cosa che naturalmente mi successe alla seconda uscita con il secchio di colla in mano; leggere i testi “minori” di Marx (ad esempio “Salario, prezzo e profitto”) per poterli poi spiegare in apposite riunioni a chi non poteva essere avvezzo agli studi; a contare i voti di ogni tipo e grado di elezione, non limitandosi alle percentuali, per percepire esattamente pensieri e umori dell’elettorato e relative linee di tendenza.

Nessuno insegna e fa più queste cose. E si vede. Una piccola parte della crisi della politica, dei partiti e della sinistra in particolare deriva anche da questo, oltre che da fenomeni epocali. Ed è proprio sulla terza questione che conviene soffermarsi all’indomani di un’importante tornata elettorale amministrativa.

Già le elezioni politiche si erano concluse con un sorpasso in discesa e di esigua misura del centrosinistra sul centrodestra, cioè con il contemporaneo arretramento di entrambi e con un bel 25% di elettorato risucchiato dall’astensione. Sono passati pochi mesi e la cosa si ripete ancora peggiorata. Eppure non sembrerebbe, stando alle dichiarazioni trionfanti in particolare degli esponenti del centrosinistra. Il pericolo grillino appare momentaneamente ridimensionato, ma la disaffezione alle urne sale alle stelle.

Prendiamo il test più significativo, quello di Roma, dove almeno si è manifestato un largo distacco tra Marino e Alemanno e dove purtroppo Sandro Medici, schierato alla sinistra di Marino, non ha raggiunto il quorum per entrare in consiglio comunale. Dunque parrebbe un tripudio per il centrosinistra. Ma non lo è se i voti si contano per davvero.

In un quadro generale in cui l’astensione ha toccato vette inimmaginabili fino a poco tempo fa, il Partito democratico prende 267.605 voti, perdendone ben 253.118, quasi la metà. Nel 2008, infatti, aveva raggiunto 520.723 voti, pur perdendo poi nel ballottaggio. Se si guarda ai voti di lista si vede che la somma dei voti ottenuti da tutte le organizzazioni che hanno sostenuto Marino non raggiunge la cifra dei voti del solo Partito democratico nel 2008: infatti si ferma a 433.714, quasi 90 mila voti in meno.
Il confronto viene fatto ovviamente fra elezioni tra loro omogenee. Ma anche se si volesse mischiare carote con patate, considerando nello stesso arco di tempo, elezioni di diverso livello, la linea discendente del centrosinistra risulterebbe confermata.

Come si faccia, quindi, a trarre da queste elezioni amministrative (anche gli altri capoluoghi confermano tendenze analoghe) la conferma di uno stato di salute vigoroso del centrosinistra e per di più sposarlo con il contemporaneo rafforzamento del governo delle larghe intese rimane un mistero politico e aritmetico. Ma più semplicemente si tratta di un’ulteriore perdita di senso della realtà da parte delle elite dirigenti.

L’unica cosa che sembra contare sono le percentuali. Tranne che nel caso del referendum bolognese sui finanziamenti alle scuole private, dove invece i perdenti, con in testa il Pd, si lamentano della scarsa partecipazione al voto, peraltro da loro stessi promossa. La ragione è semplice. Sono le percentuali a determinare comunque l’elezione dei candidati, mentre delle tendenze di lungo corso – riscontrabili solo nell’andamento dei voti effettivi – che mostrano il distacco crescente della popolazione dall’attuale offerta politica e la crisi di credibilità delle formazioni in campo, sembra non curarsi nessuno. Dio acceca chi vuole perdere.

da Huffingtonpost.it


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