Il tabù di Maastricht

Il tabù di Maastricht

di Roberto Musacchio

La Storia, si sa, presenta sempre i suoi conti.

La Storia, si sa, consente sempre altre possibilità.

A meno che non sia esaurita la tua funzione o capacità di specie.

Una crisi è un momento di passaggio tra quello che era, quello che sarà, se sarà.

Fa bene attaccarsi al vecchio Marx perché ci aiuta a non finire come i dinosauri.

Ciò che è esaurita, forse, è la funzione e la capacità della classe dominante, della borghesia, del capitalismo.

A seguire le cronache di uomini (e, purtroppo, donne) di potere ma ridicoli nelle riunioni di quella “cosa” a cui è stata ridotta l’Europa viene da dire che sia vera la “battuta” che gira nelle “reti del basso” (un tempo avrei detto nei bar): ci meritiamo l’estinzione.

Ma la voglia di rivoluzione può tornare ad essere il miglior modo di far vivere l’istinto di sopravvivenza.

Ma la rivoluzione poi ha bisogno di obbiettivi concreti. Pace, pane e palazzo d’inverno, disse Lenin.

Io, che non sono certo un grande, dico lotta al virus, esistenza garantita a tutti, Palazzo di Maastricht.

Maastricht è una piccola cittadina belga dove un crocevia della Storia ha costruito il suo palazzo d’inverno del nuovo potere.

A Maastricht si firma nel 1992 il trattato istitutivo della nuova Unione Europea.

In quel trattato confluiscono Storia e Ideologia dal punto di vista dei dominanti e dei vincitori per citare i classici.

Caduto il socialismo reale può cadere l’Europa sociale, che lo aveva “contenuto”.

Maastricht certifica che la UE è soprattutto un mercato comune. Anzi è una Unione di Mercato.

Intanto la Germania si è “riunificata”. La discussione ci fu e si ricorda un Ingrao molto preoccupato.

Naturalmente era giusto che quel muro che divideva Berlino e infamava la Storia cadesse.

Sarebbe stato altrettanto giusto che la Germania si riunisse in una Europa che si univa come comunità sociale e politica.

Così non fu.

Lo sforzo di Altiero Spinelli culminato in una proposta di Costituzione europea, sociale e democratica, approvata dal Parlamento Europeo fu rapidamente accantonato.

Per non parlare dei grandi scenari contenuti nell’eurocomunismo di Enrico Berlinguer o nelle politiche di Brandt e Palme.

Può sembrare strano, ma non lo è, che furono soprattutto i socialisti europei che portarono a Maastricht.

Allora erano la maggioranza in Parlamento Europeo e governavano 12 dei 15 Paesi che componevano l’Unione.

Avevano anche Delors Presidente della Commissione Europea per ben 15 anni.

Kohl, il leader democristiano tedesco, portata a casa la riunificazione aprì all’Unione ma ottenne che fosse modellata sulle regole che portarono a Maastricht.

Tra queste la “regola d’oro”, il tabù. Si condivide il mercato ma non l’economia. Che poi secondo i dettami dell’ideologia dominante viene chiamata debito. Che in tedesco si scrive come la parola colpa.

Probabilmente i francesi pensarono che comunque si imbrigliava la Germania.

I socialisti pensarono alle magnifiche sorti e progressive che si aprivano dopo la caduta del socialismo reale e con la globalizzazione. E anche a “vendicarsi” dei comunisti.

E infatti il tanto apprezzato Delors dopo aver aperto per prima la Francia alla finanza libera, da ministro con Mitterand che ha rotto con i comunisti, fa altrettanto da Presidente della Commissione Europea. Per il suo libro bianco, divenuto famoso, al primo posto ci stanno crescita e innovazione.

L’Europa sociale certo resta. Ma è il portato di queste priorità e non il fondamento dell’Unione. La realtà ci dice che il portato sociale non c’è.

Molto si è detto da allora sul fatto che l’Europa politica sarebbe venuta dopo il completamento del mercato interno. Di fatto si può dire con una battuta che -invece- anche la politica si è fatta mercato.

Quello che vediamo in questi giorni drammatici è un gruppo di politici mediocri e gestori del sistema costruito che mercanteggiano mentre crisi sanitaria ed economica infuriano.

Ecco dunque il “che fare?” riassunto nello slogan che dicevo all’inizio. Combattere il virus, garantire l’esistenza a tutti, prendere il Palazzo di Maastricht.

La lotta al virus non è stata per nulla comune. Ci sono protocolli antipandemie dell’Oms dal 2003. Ebbene nella UE non ci sono state vere misure comuni. Nei metodi di intervenire, ad esempio.

C’è ben da sospettare che non decidere a livello comunitario la chiusura degli apparati produttivi e le differenti scelte non siano legate a differenti situazioni o magari a cooperare nella produzione ma alla guerra su quote di commesse.

Neanche il metodo di calcolo di infetti e vittime è comune.

Per garantire a tutti la sopravvivenza occorrono tante risorse e subito. Anche qui si è dovuto strattonare la Bce perché cominciasse ad allargare i cordoni.

E pensare che Draghi aveva dato 15 mila miliardi di euro per salvare le banche. Appunto le banche.

Ma poi c’è da prendere il Palazzo di Maastricht e da buttarlo giù.

Ora è sospeso il suo cuore, il patto di stabilità. Sospendere il cuore mentre c’è una crisi dice che quel cuore è nero e infetto.

Ma quel cuore non può tornare ad infettare dopo.

C’è uno sforzo di molti intorno all’attivizzazione di misure straordinarie.

Ma quali? E perché straordinarie?

Partiamo da questa seconda questione. Straordinarie perché nuove va bene. Ma non perché poi si torna all’ordinario. Perché l’ordinario è infetto.

Conte distingue tra nuovo debito da Coronavirus e vecchio. Ma questa separazione, che sta nel mercato della politica, ha poco senso.

E infatti se rispondiamo alla domanda “quali strumenti?” vediamo che entriamo nel tabù del Palazzo di Maastricht.

Abbiamo bisogno che la Bce funzioni come la Fed americana e cioè come una banca di una “normale” unione politica. Garantisca a tutti la sopravvivenza. Costi quel che costi. L’Europa è ricca abbastanza.

Ma poi la Bce deve anche investire in piani di ricostruzione e nuova economia.

E deve “coprire” sui mercati tutto ciò. Deve cioè dimostrare che l’Europa condivide quello che i dominanti chiamano debito e che invece è sopravvivenza e futuro.

Ecco il senso degli eurobond, di cui si parla da sempre per non farli mai.

Sono il tabù tedesco? Anche. Ma anche riunire la Germania era un tabù.

Più che altro non condividere il debito è servito alle borghesie nazionali per frustare i propri ceti subalterni, colpire il lavoro, il welfare e il pubblico.

Un patto sciagurato tra egemonia tedesca, ideologia ordoliberista e dominio di classe. Questo patto va abbattuto.Servono nuovi trattati?

Loro ne hanno fatti di pessimi, come il fiscal compact e lo sciagurato Mes.

I palazzi del potere poi non cadono solo per trattati. Cadono perché il popolo infettato li abbatte. 

 

da https://transform-italia.it/


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