Il Papa, le banche e la difesa dei poveri

Il Papa, le banche e la difesa dei poveri

di Moni Ovadia -
Papa Francesco, in una delle ultime esternazioni rivolte ai fedeli che gremiscono piazza San Pietro per ascoltarlo e festeggiarlo, ha scelto di contrapporre le banche, ovvero la grande finanza, ai poveri, il «popolo eletto» della Chiesa Universale.
Il Corriere della Sera ha riportato le sue parole con questo titolo: «La politica si occupa di finanza e banche, non di chi muore di fame». Il Fatto Quotidiano ha titolato così: «Oggi la tragedia è crisi delle banche, non gente che muore di fame».

La novità significativa in questo pensiero del Vescovo di Roma, è la scelta di non parlare dei poveri in modo generico e, se vogliamo, neutro, ma di indicarli come priorità in «contrapposizione» alle banche. Papa Francesco punta il dito sullo scandalo del modello di sviluppo dominante.
Chissà se qualche tedoforo delle vocazioni «pacificazioniste», giudicherà le parole e le espressioni preoccupate di Papa Francesco, «divisive» o, peggio, demagogiche. In quest’epoca depressa e mediocre, non si perde occasione per tacciare di demagogia chiunque metta il dito nella piaga. Eppure è proprio negli ultimi anni segnati dalle vergognose discriminazioni e dalla disperazione sociale che la cosiddetta demagogia sembra essere diventata una scienza. E quando il quadro demagogico si sovrappone a quello reale, ci si ritrova sospesi sull’orlo del baratro in equilibrio precario.

Oggi chi è in grado di fare uscire il nostro Paese da questo stato di pericolo? Il governo? Un governo nato da uno stallo ricattatorio, con le due forze principali che lo costituiscono tenute insieme solo dalla paura del meno peggio per entrambe? Il presidente del consiglio dichiara in ogni occasione che il lavoro è la sua priorità, ma la priorità del dominus del destino del fragile esecutivo, Silvio Berlusconi, sono i suoi guai giudiziari i cui nodi stanno arrivando al pettine. Anche a prescindere da tutto questo, per rispondere al monito lanciato dal pontefice Bergoglio, ci vuole ben altro che la fragile espressione di buona volontà di questo o quel politico.

I palliativi utilizzati per sfiammare temporaneamente i picchi patologici della malattia sociale, rischiano solo di procrastinarne e renderne più gravi gli effetti. Francesco denuncia la perversione del senso, lo strabismo dell’orizzonte che confina la vita reale degli esseri umani in carne ed ossa ed in particolare i più fragili e marginali nell’irrilevanza. È come se la vita reale fosse stata sfrattata dalla vita stessa a causa dell’invasione dello strapotere dell’idolo della virtualità finanziaria. Per uscire da quest’incubo, è necessario impegnarsi a cambiare la cultura del mondo.


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