
Rivoluzione Civile incrocia il Front de Gauche
Pubblicato il 2 feb 2013
Stefano Galieni -
Sarebbero tante le parole da fissare nella memoria per le centinaia di persone che ieri sera si sono affollate nel cinema Capranica di Roma, a due passi da Montecitorio, per partecipare all’incontro organizzato dalla Sinistra Europea con il leader di Rivoluzione Civile Antonio Ingroia. Era da molto che non si sentiva un clima così appassionato e lucido in cui si usciva dal provincialismo di certo dibattito nostrano e si ragionava attorno ai problemi derivanti da una crisi di sistema in chiave continentale. Merito dei 4 oratori che si sono succeduti e merito di un pubblico attento e pronto. Ha introdotto Fabio Amato, responsabile esteri del Prc che più volte è stato interrotto dagli applausi soprattutto nei passaggi in cui ha snocciolato le cifre dei danni prodotti non solo dalla crisi ma dalle ricette utilizzate per uscirne, che hanno prodotto disoccupazione, povertà diffusa, crollo dei parametri vitali di interi Paesi e il tutto con il risultato di produrre invece arricchimento e crescita straordinaria di potere per il capitale finanziario, per i pescecani delle banche. Amato ha ricordato con vigore il valore dell’intuizione di ormai tanti anni fa quando – la crisi non era ancora scoppiata – si diede vita alla Sinistra Europea, nella prospettiva di immaginare un alternativa radicale al liberismo. Jean Luc Melanchon, leader del Front de Gauche, riversato sulla platea tutta la sua grande capacità di coinvolgere e di convincere. Melanchon, dopo aver “confessato” di aver abbandonato il Partito Socialista francese per timore di ritrovarsi come nel Pd italiano ha dichiarato di essere venuto all’incontro con l’intenzione di proporre a monsieur Ingroia di fare fronte comune contro il fiscal compact, le politiche di madame Merkel e della Bce. Ha parlato di vera e propria crisi di civiltà raccontando il disagio di come in un paese ricco come la Francia, dove le risorse ci sarebbero per tutti, aumenta ogni giorno il numero delle persone che si ritrova in strada a vivere frugando nei cassonetti. Ad una condizione del genere occorre, secondo il leader francese, una risposta da révolution citoyenne. «Anche da Ingroia, arriveranno brutte sorprese per gli altri partiti. Oggi abbiamo incontrato una nuova forza popolare, erede dell’Italia della Repubblica, delle bandiere rosse, dell’uguaglianza». E in un tripudio ha concluso dicendo: «Mi dicono che parlo francese ma muovo le mani come un italiano, quindi tutti voi mi capite. Voglio che vinciate altrimenti mi toccherà tornare». È poi intervenuto Antonio Ingroia che ha parlato senza mezzi termini di momento storico di cui ha ringraziato Rifondazione Comunista. Perfettamente d’accordo sulla necessità di un fronte europeo contro le politiche liberiste che Melenchon ha posto con entusiasmo come obbiettivo, è entrato nella specificità dei temi posti dichiarando che RC vuole avere una reale ambizione, quella di governare il Paese. Le elezioni e l’ingresso in parlamento con quanti più deputati e senatori possibili debbono segnare solo l’inizio e la nascita di un movimento che parte dal basso ma intende produrre cambiamenti radicali, non a caso si utilizza la parola “rivoluzione” «Rc vuole essere la casa aperta alla sinistra europea, per intraprendere battaglie comuni da portare avanti insieme» rispondendo in maniera affilata a chi ha definito il neonato movimento una “accozzaglia”. Ha poi sintetizzato la giornata citando due accadimenti: la conferenza stampa in cui un nutrito gruppo di dirigenti di Sel ha annunciato di lasciare la propria formazione per confluire in RC «È la prima volta, che io sappia che si esce da un partito in piena campagna elettorale e quindi non per essere inseriti in lista ma per motivazioni reali. Hanno testualmente dichiarato di uscire da un progetto che considerano morto e privo di futuro. Noi non facciamo campagna acquisti ma siamo e resteremo uno spazio aperto». E come secondo fatto importante il candidato premier ha indicato la platea presente. Ingroia che aveva iniziato il proprio impegno nello stesso cinema dichiarando “ Io ci sto” ha detto rivolgendosi a Paolo Ferrero e a Jean Luc Melanchon, rispetto ad una alternativa europea “Noi ci stiamo”. Dopo un lungo e forte abbraccio con Ingroia, il segretario del Prc ha fatto le conclusioni partendo da quello che considera il disastro prodotto da questa globalizzazione. Di come in questi ultimi 20 anni chi è potente è riuscito a distruggere ogni regola senza dovere rendere conto a nessuno delle proprie azioni, in regime di piena illegalità. Nessuna regola per il profitto, da esportare nei paradisi fiscali e nessun diritto per chi lavora. I due elementi hanno per Ferrero un legame inscindibile, da spezzare. Il sistema proposto e imposto da Monti, ma accettato dalla destra, dal centro e dal centro sinistra, è un sistema in cui non si propone lavoro ma occupazione senza diritti, un sistema che porta inevitabilmente alla barbarie. Secondo Ferrero Rivoluzione Civile può imporsi come il soggetto che rimette in moto la possibilità di costruire una alternativa a partire dal ruolo dei lavoratori: «Il movimento operaio è quello che ha nei secoli impedito lo sfruttamento dei minori, creato il tempo libero imponendo le 8 ore, creato la terza età con il diritto alla pensione e imposto il welfare. Ora questi diritti vengono chiamati “rigidità”». Ha anche evidenziato il paradosso statunitense come elemento di confronto: «I repubblicani vogliono ridurre il debito eliminando ogni forma di welfare, Obama preferisce rafforzare il welfare anche a costo di non affrontare il debito. Sembra quasi che gran parte delle forze politiche italiane, anche del centro sinistra, la pensino come i repubblicani». Ferrero ha chiuso pensando al futuro, a come RC debba divenire uno spazio pubblico a bassa soglia di accesso per ricostruire cambiamento:« Ci vorrà tempo ma se uno i cambiamenti li vede ci prende gusto, capisce che si può fare e cerca di ottenere di più. Questa è la nostra rivoluzione. Dobbiamo portare questo dibattito nel Paese dicendo la verità». Ha chiamato al lavoro e alla lotta, come si diceva un tempo, il segretario del Prc, sommerso da applausi e da una platea in piedi e a pugno chiuso.
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