Il Venezuela si rispetta: con il legittimo presidente Maduro

Il Venezuela si rispetta: con il legittimo presidente Maduro

Lo scorso 20 maggio si è svolta la sesta elezione presidenziale della storia contemporanea della Repubblica Bolivariana del Venezuela. In quell’occasione è stato eletto Presidente costituzionale  Nicolás Maduro, che secondo le disposizioni della Costituzione venezuelana, entrerà in carica il 10 gennaio 2019 per un nuovo mandato.

Le elezioni si sono svolte in un clima di tranquillità con una partecipazione del 46,02%, una cifra molto simile a quella registrata nelle elezioni statunitensi e in diversi Paesi latino-americani.

Oltre al candidato Maduro, si sono presentati candidati di diverso segno politico, come Henry Falcón, leader del partito Avanzata Progressista, e Javier Bertucci, leader del partito Il Cambio, entrambi oppositori del governo. Maduro ha ottenuto il consenso del 67,84% (6.245.862 voti) che hanno votato per la lista Frente Amplio de la Patria che riuniva diverse organizzazioni, tra cui il Partito Socialista Unito del Venezuela (PSUV), il Partito Comunista del Venezuela (PCV) ed altri. Il candidato all’opposizione più votato, Henry Falcón, ha raggiunto solo il 20,93%, (1.927.387 voti). Viceversa, una parte dell’opposizione (profondamente divisa), prendendo ordini dalla Casa Bianca,  ha deciso di non presentarsi, cercando di screditare il processo elettorale, salvo poi alzare il grido al cielo per la “mancanza di condizioni” per la propria candidatura.

Il risultato elettorale e la risposta democratica del popolo venezuelano mostrano la sua  volontà di continuare un percorso di costruzione indipendente e democratica del proprio destino.

Durante gli ultimi anni, contro il Venezuela bolivariano diverse amministrazioni statunitensi hanno attuato un sofisticato piano di destabilizzazione per rovesciare un governo democraticamente eletto attraverso un sistema elettorale considerato uno dei migliori al mondo, come l’ha descritto l’ex-Presidente degli Stati Uniti, Jimmy Carter.

Le pretese di Washington di forzare un cambio di governo, violano sistematicamente la sovranità e l’autodeterminazione del popolo venezuelano.

Nel marzo del 2015, con un decreto esecutivo della presidenza Obama, il governo degli Stati Uniti ha dichiarato il Venezuela come una “insolita e straordinaria minaccia alla sicurezza nazionale e alla politica estera degli Stati Uniti”, dichiarando “un’emergenza nazionale allo scopo di affrontare tale minaccia”. Un altro Ordine Esecutivo dell’agosto 2017, ha imposto al Dipartimento del Tesoro di applicare sanzioni “irreversibili” contro l’economia e il sistema finanziario venezuelano, ed una serie di misure coercitive unilaterali, inaccettabili nel diritto internazionale. Con questi riferimenti è stato rafforzato l’assedio economico contro i piani di ripresa dell’economia venezuelana, colpita dalla caduta dei prezzi del petrolio a partire dall’estate del 2014.

 

Attraverso il blocco economico nei confronti dell’impresa statale di idrocarburi Petróleos de Venezuela (PDVSA), spina dorsale dell’economia venezuelana, insieme al blocco commerciale e finanziario, si colpisce direttamente il commercio e l’acquisizione di beni di prima necessità, peggiorando drasticamente la qualità di vita del popolo venezuelano, e approfondendo la crisi economica. A questo proposito, William Brownfield, ex ambasciatore degli Stati Uniti in Venezuela, ha recentemente dichiarato che “… in questo momento forse la soluzione migliore sarebbe quella di accelerare il collasso, anche se questo produce un periodo di sofferenza per la popolazione di mesi o forse di anni”.

Attraverso il controllo dei principali mass-media, gli Stati Uniti manipolano l’opinione pubblica mondiale, imponendo la narrativa di una “crisi umanitaria” in Venezuela, che cerca di giustificare un intervento militare, mascherato da “aiuti umanitari”.

Nel 2016, filtra il documento “Venezuela Freedom-2 Operation”. Southern Command (SOUTHCOM) degli Stati Uniti, firmato dall’ammiraglio Kurt W. Tidd, dove il piano per il collasso implosivo è delineato con una serie di politiche volte a rovesciare il governo venezuelano, usando la strategia di guerra ad ampio spettro che prevede operazioni simultanee, combinate e continue nel periodo 2016-2018.

Lo scorso settembre Donald Trump ha dichiarato che nei confronti del Venezuela, “tutte le opzioni sono sul tavolo …”.

L’ultimo atto di questa sfacciata ingerenza ed aggressione si è avuto solo pochi giorni fa.

Gli Stati Uniti e un gruppo di governi latino-americani, burattini della Casa Bianca, hanno dichiarato di voler ignorare la legittimità del mandato conferito al presidente Nicolás Maduro, a partire dal  prossimo 10 gennaio e di non riconoscere il risultato elettorale. Con la regia statunitense e attraverso il suo “ministero delle colonie” (la screditata Organizzazione degli Stati Americani  – OEA) si preparano così, a rompere i rapporti diplomatici, ed applicare nuove sanzioni economiche e commerciali. Incombe il pericolo di una avventura militare con un intervento diretto o indiretto degli Stati Uniti che soffia sui venti di guerra.

Il Partito della Rifondazione Comunista-Sinistra Europea respinge al mittente tali minacce e la violazione flagrante del diritto internazionale.

Allo stesso tempo il PRC-SE esige dal governo italiano e dall’Unione Europea il rispetto della volontà sovrana del popolo venezuelano, favorendo altresì il dialogo tra le parti, e rispettando il diritto inalienabile all’autodeterminazione e all’indipendenza, per un cammino di pace.

Partito della Rifondazione Comunista-Sinistra Europea


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