Movimento 5 spine: soldi e ribelli. Pronte 20 espulsioni

Movimento 5 spine: soldi e ribelli. Pronte 20 espulsioni

di Emiliano Liuzzi e Paola Zanca -

A un certo punto, Adriano Zaccagnini prende la parola in assemblea: “Vorrei avere a disposizione lo stesso tempo che ha avuto Beppe”. Nella sala cala il gelo. Grillo ha appena finito la sua invettiva sulla diaria da restituire e questo 31enne romano esperto di permacultura, oggi deputato Cinque Stelle, dice che anche lui vuole mezz’ora per spiegare perchè quei soldi, adesso, sono roba sua. Basterebbe questa scena per raccontare che cosa si è consumato, giovedì pomeriggio, nell’aula dei gruppi di Montecitorio. La prima rivolta contro il capo.

Che non finirà così. Sono una ventina quelli che affrontano il leader a muso duro. “Arroganti”, li descrivono. “Pezzi di merda”, aggiungono, parafrasando l’epiteto che Grillo ha riservato ad Antonio Venturino, il siciliano espulso per non aver rendicontato lo stipendio. Uno a uno spiegano perchè non se la sentono di restituire quello che avanza. Alessio Tacconi, residente in Svizzera, argomenta: “Lì le tasse sono più alte”. Un altro sostiene che avrebbe bisogno di un “margine” per vivere dignitosamente. Grillo ribatte: “Si chiama cresta!”. Una senatrice parla della baby sitter che deve pagare ora che sta a Roma. Francesco Campanella difende il collega siciliano. Grillo lo interrompe: “Basta parlare di soldi: tu cosa stai facendo?”. Vorrebbe discutere di contenuti, chiede notizie da portare in piazza, ai comizi che ricominciano lunedì. Ma non si riesce a venirne a capo. Soldi, soldi, soldi.

Riccardo Nuti, vicecapogruppo dei deputati, alla fine interviene e ai colleghi fa un discorso, applauditissimo: “Fate schifo”. Per questo Grillo torna all’hotel Forum, vicino al Colosseo, piuttosto sconsolato. È arrabbiato, deluso dall’atteggiamento degli attivisti che sono finiti in Parlamento. “L’avete votato voi, nei meet up, il tetto dei 2500 euro – si sfoga – Io non ho deciso niente!”. Appena il problema dei soldi aveva cominciato a montare, nelle settimane scorse, lui aveva scelto la linea morbida: “Fate quello che volete”. Poi, ha capito che i militanti non avrebbero capito: “Io ci metto la faccia - ha detto agli eletti – Fuori questa cosa è una bomba, i giornali non vedono l’ora! Voi adesso siete qui, ma dovete sempre rimanere con un piede fuori, dovete capire che le vostre azioni hanno delle conseguenze. Anche le mie, lo so. Per questo giuro che d’ora in poi mi darò una calmata. Mi metto a parlare come il Papa”.

Non va così. Ci dorme su, Grillo. E quando si sveglia e ritrova i cronisti appostati fuori dall’albergo, torna subito quello di sempre. Dice che il governo Letta è frutto di “un golpe” (anche Stefano Rodotà, più tardi, dirà “mi sembra eccessivo”). Avverte la stampa: “State molto attenti a fare dossier su famiglie e mogli, perchè li faremo anche noi” (poi, cerca di stemperare il clima: “Non è un consiglio – dice ridendo – è proprio una minaccia…”). Scivola sulla questione della cittadinanza ai figli degli immigrati: “Serve un referendum: una decisione che può cambiare nel tempo la geografia del Paese non può essere lasciata a un gruppetto di parlamentari” (Vendola gli dice che “sembra La Russa”; il deputato Cinque Stelle Alessandro Di Battista precisa: “Ciò che scrive Grillo sul suo blog equivale a quello che può scrivere Scalfari su Repubblica”, poi spiegherà di essere comunque d’accordo sulla consultazione). Poi torna sull’annosa questione della diaria: “Chi vuole restituirla, la restituirà, chi no, si prenderà le sue responsabilità. Io sono abituato che se firmo un accordo e mi impegno, lo porto a termine, altrimenti vado da un’altra parte”.

Sono passati i giorni in cui, mascherato sulla spiaggia di Marina di Bibbona, Beppe si divertiva a farsi rincorrere dalle telecamere. Il “gioco” dell’apriscatole è più impegnativo di quanto sembrasse. E a lui, raccontano, ogni tanto sembra di essere un po’ più solo. Per questo da lunedì bisogna rimettere le cose in fila. La ventina di dissidenti, se non cambia idea, finirà dritta nella lista nera. Non ci sarà nessuna votazione o almeno così sperano che succeda nello staff. Se, sulla questione dei soldi, si dovesse arrivare alla conta, significherebbe che il messaggio di Grillo non è stato recepito. Ieri, chi ha cariche istituzionali (il questore Laura Bottici, il vicepresidente Luigi Di Maio e così via) hanno ripubblicato su Facebook le lettere in cui rinunciano alle indennità aggiuntive. Nel fine settimana, i personaggi più influenti del gruppo (da Vito Crimi in giù), proveranno a discutere al telefono con i ribelli. Se insistono, adios.

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