Emigrazione dall’Italia, questa è la vera emergenza

Emigrazione dall’Italia, questa è la vera emergenza

di Area Esteri Prc-SE

Il recente rapporto Migrantes sugli italiani nel mondo 2018, ci presenta un quadro in linea con il trend degli ultimi anni. Tra il 2006 e il 2018 gli italiani all’estero sono passati da 3.1 a 5.1 milioni, con una forte impennata a partire dagli anni 2007-8, convenzionalmente considerati l’inizio della grande crisi economica non ancora superata.

140.000 sono quelli che ufficialmente sono emigrati all’estero dall’Italia nel 2017, ma è noto che i dati ufficiali sono abbondantemente sottostimati per varie ragioni, quindi il dato reale è almeno il triplo.

Questo dato, comparato con gli arrivi dei migranti in Italia stimati intorno ai 120.000 nello stesso anno di riferimento, smonta di fatto la vulgata leghista dell’invasione. Sono più coloro che emigrano dall’Italia che coloro che arrivano. Questa è la vera emergenza da affrontare.

Nei dati dello scorso anno si riscontra un aumento del peso delle famiglie, di giovani adulti (35-49 anni) e di over 50. Questi ultimi sono spesso persone che hanno perso il lavoro ma ancora non possono accedere alla pensione, che non trovando null’altro, decidono (sono costretti) ad emigrare.

Le regioni che hanno subito il numero più alto di migrazioni sono Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna, probabilmente rappresentate da persone espulse dal ciclo produttivo industriale a causa della riduzione della capacità produttiva in corso da anni. Sicilia e Puglia che continuano il trend storico di emigrazione,  e a seguire le altre regioni.

La meta preferita rimane la Germania, confermando così che la crescita tedesca è creata sulle spalle degli emigrati e a scapito dei paesi della periferia del mondo.

Questi dati ci descrivono un quadro a tinte fosche e che sta ipotecando il futuro sviluppo del paese. Perdendo parte consistente dei sui giovani, su cui magari si è investito in formazione scolastica, condanniamo l’Italia a trasformarsi sempre più in un “paese per vecchi”.

 

Libera circolazione delle persone

Sono anni che il concetto di libera circolazione viene discusso e praticato in Europa, almeno all’interno dell’Unione Europea. E siamo certi che parte di quelli che emigrano oggi potrebbero non farlo necessariamente per bisogno, ma per scelta. Però la libera circolazione deve prevedere per tutti la possibilità di vivere dignitosamente nel nuovo paese e di avere delle possibilità di inserimento nel caso si volesse tornare nel proprio.

Altrimenti  la migrazione non è una scelta ma una costrizione.

Focalizzandoci  solo sul diritto alla  mobilità, dimentichiamo che le migrazioni di massa non avvengono a caso, ma sono conseguenza e funzione delle grandi accumulazioni di capitale e dello sfruttamento delle aree periferiche a vantaggio di quelle centrali, senza nessuna contropartita per i territori di provenienza. Dalle lotte in seno alle diverse borghesie nazionali e globali per ritagliarsi un ruolo allíntervo del sistema capitalistico.

E nel “senza contropartita” che si cela l’effetto negativo per i territori di partenza, depredati del loro futuro. Dopo l’estrazione di valore dalle  risorse naturali (incluso distruzione del paesaggio, inquinamento, agricoltura intensiva, gentrificazione e turismo di massa) si passa all’estrazione di valore dal capitale umano.

 

Siamo convinti che l’analisi politica delle migrazioni va estesa, resa più olistica,  includendo il  punto di vista dei paesi da dove le persone emigrano e considerandole all’interno di un contesto di “crisi economica permanente” che non vede soluzioni al momento e che marca una differenza netta rispetto al contesto delle grandi migrazioni degli anni sessanta e settanta, quando il ciclo economico era per lo più espansivo, altrimenti rischiamo di soffermarci sul “dito e non vedere la luna “.

Nell’analisi non partiamo da zero. Il movimento comunista e socialista di sinistra ha elaborato molto durante le migrazioni di massa del secolo scorso. Da li possiamo ripartire.


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