Caro Enzo ti scrivo

Caro Enzo ti scrivo

Maria Rosa Calderoni

Caro Enzo, assolutamente non lo dovevi fare. Non te lo perdono. Mi facevi l’onore – e io me ne vantavo in giro – di inviarmi via mail le tue vignette. L’ultima (nemmeno una decina di giorni fa) era una auto-satira che mi informava sul “collo dorso” di cui soffrivi; io ti avevo risposto che pure a me era venuto lo stesso “collo dorso” e giù a ridere insieme, sempre via mail.

Invece la vignetta non mi è arrivata, ero quasi arrabbiata. E adesso vengo a sapere che non sei più qui, te ne sei andato in un posto antipatico che (per ora), non posso raggiungere e, appunto, non te lo perdono.

Ci conoscevamo da tanti anni. A “Liberazione” risuonava spesso quella frase – non possiamo chiudere, aspettiamo la vignetta di Enzo – e mi ricordo benissimo le tue contumelie col giornale (ci furono, eccome), ma noi due siamo sempre rimasti amici. Mi chiamavi Mariarossa e io ti prendevo in giro su quello che chiamavo il tuo “lato debole”, l’inclinazione alle belle donne. Si scherzava, Enzo, anche sulla politica, anche sui difettucci della politica (e del politichese) dei nostri amati partiti. Non ci siamo più visti da quando sei andato a Londra, ma sempre in “stretto” contatto: tu mi mandavi la vignetta e io ti rispondevo facendoti il verso: ridacchiando tra noi.

E adesso mi hai fatto questo torto. Te ne sei andato via, non ti vedrò più. E non avrò più le tue vignette.

Sono sola.

Tua Mariarosa (rossa?) Calderoni


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