Intervista al vignettista Danilo Maramotti, neoiscritto a Rifondazione Comunista

Intervista al vignettista Danilo Maramotti, neoiscritto a Rifondazione Comunista

Uno dei più importanti disegnatori e vignettisti italiani che abbiamo potuto apprezzare sulle pagine verdi di “Cuore”, su quelle di “Linus”, sulla storica “Smemoranda”, su “Corto Maltese”, dalle pagine di “Comix” a quelle del “Corriere della Sera fino a “Tuttolibri” (l’inserto culturale de “La Stampa”) fino a “Il Messaggero”, sempre schierato dalla parte giusta della barricata, epurato per questa fedeltà ai valori di giustizia sociale ed uguaglianza da “l’Unità” renziana nel 2016 senza nemmeno una telefonata dopo ben tre lustri di collaborazione, si è iscritto ieri a Rifondazione Comunista.

Nel dare il benvenuto a DANILO MARAMOTTI nel PRC, gli rivolgiamo qualche domanda, confindando nella benevolenza della sua ironia.

Anzitutto benvenuto in Rifondazione Comunista, Danilo: era da un po’ di tempo che non entravano forze giovani nel Partito! Cosa spinge un quasi settantenne disegnatore non amico del potere e dei poteri forti ad iscriversi ad un Partito che si proclama “comunista”, quindi che segue l’ideologia che ha fatto milioni e milioni morti, che ha tra i suoi antenati voraci divoratori di bambini e che persegue la dittatura del proletariato con ostinazione nel 2018?

In questo paese in costante fascistizzazione, dove un partito che ha rubato milioni di euro agli italiani è al governo e chi sperimenta modelli di integrazione degli immigrati sottraendo spazi alla ‘ndrangheta viene penalizzato, è importante che ognuno dia un segnale chiaro per dire da che parte sta. E, ben inteso, non ci sono solo parti contrapposte tra posizioni politiche diverse come vogliono farci credere.
La contrapposizione è tra chi rispetta la Repubblica nata dalla Resistenza, la sua Carta Costituzionale fondata sull’Antifascismo e chi invece vorrebbe demolirne i principi fondamentali nel nome di un presunto cambiamento. Cambiamento il cui unico scopo sembra quello di sottoporre il paese a test di fascismo e razzismo, come in un collettivo gioco orwelliano, ogni giorno alzandone il livello di indecenza, per vederne il grado di sopportazione e assuefazione. Conosciamo il principio della rana bollita per gradi; auspico che sempre più batraci abbiano uno scatto di orgoglio per saltar fuori dalla pentola in tempo prima che sia troppo tardi.
Ovvio che come contrappeso a questa preoccupante situazione il mio schierarsi sia un granello di sabbia. Ma non potrei mai perdonarmi in futuro di non aver messo il mio granello sul piatto giusto della bilancia.

Della bella Italia delle cospirazioni nere, del pentapartito socialista e democristiano, dello stile incravattato della “pace-sociale” rimane ben poco a ben vedere: ormai siamo alle “manine” che scrivono come “‘O Munaciello” frasi tra gli scritti del governo, che scompaginano le carte, che spostano i calzini di Salvini e Di Maio dai cassetti… C’è spazio per ridere oggi in questo desolante panorama di degrado antisociale, immorale e apolitico?

Infatti non lavoro più come disegnatore satirico; mi arrendo. La satira serve a dileggiare i governi, a metterne in luce le manchevolezze e i difetti.
Questi lo fanno benissimo da soli, sembrano posseduti da un’energia onanistica satirica inarrestabile.
Chi potrebbe competere con le uscite di Di Maio, prenderlo in giro ridicolizzandolo meglio di quanto faccia lui stesso? Fare satira su di lui non è professionalmente serio, è come sparare sulla Croce Rossa.
Su Salvini come sulla Croce Celtica.

Sembra che un po’ tutto il mondo della cultura in Italia stia regredendo senza troppi infingimenti: dall’arte al cinema, dalla satira al giornalismo di inchiesta, sono sempre più pochi gli spazi dove poter informarsi tramite tanto una risata quanto un approfondimento tecnico di inchieste. Prevale la “dittatura” non del proletariato ma dei “social network” che creano tanti mostruosi individualismi e ci fanno credere d’essere protagonisti sempre, su ogni tema. E’ un bene o un male?

Non so se sono in grado di risponderti esaurientemente perché ogni giorno mi si affacciano nuovi dubbi. Il fatto è che spesso ti rendi conto dei limiti e dei condizionamenti dei social e ti viene voglia di rigettarli in blocco. Ma qual è il panorama dell’informazione tradizionale, quella che usavamo il secolo scorso, alternativa al web? Giornali cartacei agonizzanti quasi tutti allineati al pensiero unico.
Quando va bene: ci sono poi giornali di destra, che dovrebbero essere di informazione, ormai indistinguibili dal Vernacoliere. Ma anche chiamarli di destra non mi sembra corretto, ché la spazzatura non ha colore politico. Sono sicuro che anche i giornalisti che editavano Il Borghese si rivoltino nella tomba leggendo certi loro titoli. Non parliamo della televisione.
Chi ha la mia età e ricorda di quanto si fosse critici sulla tv paludata e didattica di Bernabei, davvero fatica a credere possibile il livello di trash che ci viene propinato oggi.
Sulla cultura, peggio mi sento.
Meno di dieci anni fa Tremonti sentenziava: “Con la cultura non si mangia”. Oggi ci sembra una frase superata e quasi affettuosa. La cultura pare un indecoroso fardello da temere e disprezzare, indecorosa e passibile di Daspo sociale. Farenight 451 Ray Bradbury l’ha scritto nel 1953.
Chissà se immaginava che a noi nel 2018 sarebbe sembrato più simile a una triste profezia invece che a un racconto di fantascienza.

Infine, ti chiediamo di lanciare un appello, una supplica, almeno una preghiera ai giovani perché si salvino dalle pericolose grinfie dei comunisti e si mettano a camminare sulla via dell’omologazione. Senza pensarci troppo. Del resto come accade da quando le bandiere con il viso del “Che” sventolano sempre meno alle manifestazioni della “rossa marmaglia”. Dai una speranza a questi ragazzi…

E’ da loro che mi aspetto un appello e una speranza. E’ da loro che mi aspetto reazioni e indirizzi verso mete migliori.
E sono loro che ogni tanto fanno brillare sprazzi di luce, ancora più visibili in questo buio. La settimana scorsa centinaia di migliaia di giovani sono scesi nelle piazze di cinquanta città, proprio per la cultura e la scuola.
I media se ne accorgeranno forse un’altra volta; consoliamoci pensando che l’azione è comunque meglio del raccontarla.

Grazie Danilo, faremo ancora una lunga strada insieme: esistiamo, resistiamo, insistiamo.

REDAZIONALE

24 ottobre 2018

foto di Marco Sferini:
Danilo Maramotti con Stefano Galieni della Segreteria nazionale del Partito, responsabile pace, immigrazione


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