Colloquio con Walter Sorrentino (Partito Comunista del Brasile)

Colloquio con Walter Sorrentino (Partito Comunista del Brasile)

di Teresa Isenburg -

Mercoledì 11 luglio 2018 ho avuto il privilegio di registrare un colloquio con il vice presidente del PCdB/Partido Comunista do Brasil nella sede del partito a San Paolo. Di famiglia italiana, Sorrentino fa parte del comitato centrale del PCdB dal 1988, è anche presidente del Consiglio della Fondazione Maurício Grabois e al momento è segretario esecutivo del lavoro elettorale in vista delle elezioni presidenziali . Il PCdB è un partito con presenza in tutta la federazione, conta con 10 deputati e una senatrice, il govenatore di Maranhão e una buona presenza nelle amministrazioni locali. Ha una organizzazione interna solida, un peso sindacale, una attenzione alla formazione politica e culturale dei militanti e dei quadri.
Si trascive la registrazione della riflessione di Sorrentino sull’attuale momento del Brasile che mantiene anche nella versione scritta la immediatezza del discorso orale.Teresa Isenburg

La rottura del patto democratico
La situazione del nostro paese è drammatica, il Brasile ha bisogno di una messa in salvo nazionale perché il colpo di Stato compiuto dal parlamento con l’appoggio del potere giudiziario nel 2016 ha rappresentato una rottura del patto democratico nel paese. Esso ha sottratto il mandato della presidente Dilma Rousseff eletta con 54 milioni di voti Non è la prima volta che questo accade, il nostro Brasile in 88* anni ha avuto solo cinque presidenti che hanno concluso il loro mandato. Il che mostra bene il carattere della democrazia brasiliana. Ma la rottura del patto ha avuto un altissimo prezzo, il Brasile vive in una profonda crisi politica e istituzionale ancora in fase di aggravamento e in una situazione di crisi economica che già risulta essere la maggiore della storia del paese. Sono più di tre anni di recessione, cosa mai accaduta in precedenza. Pesanti gli effetti sociali nella vita della popolazione: disoccupazione, aumento dei prezzi, nonostante la bassa inflazione, di modo che la disarticolazione politico-istituzionale blocca la ripresa del commino del paese.

Questa crisi è direttamente collegata con la rottura del patto democratico. Le forze dominanti hanno commesso un grave errore politico, un errore storico, con questa rottura democratica perché il fallimento, rispetto alle intenzioni, è manifesto su tutta la linea. Oltre alla devastazione della democrazia, le forze dominanti avevano un unico programma che fondamentalmente prevedeva la consegna del patrimonio nazionale; ed esso si sta realizzando fino ad oggi con la Petrobras, il pré-sal, la Eletrobras, che è il sistema energetico. Il Brasile è venduto a prezzi irrisori nei settori di interesse nazionale. Addirittura la Embraer è stata venduta, un simbolo di alta tecnologia che il paese si era conquistato. E hanno compiuto un crimine orribile per quanto concerne i diritti sociali: cioè nella crisi capitalista, nel conflitto fra lavoro e capitale, hanno fatto prevalere su tutta la linea gli interessi del capitale con la riforma del lavoro che ha abbattuto le conquiste degli ultimi 75 anni del paese (la CLT/Testo unico sul lavoro è del 1943) e hanno distrutto il mercato del lavoro, per cui siamo già 13,5 milioni di disoccupati, sprattutto giovani e donne.

Come ho detto, la rottura del patto democratico è fallita su tutta la linea. A differenza degli anni Novanta quando venne eletto Fernando Henrique Cardoso non c’era un consenso internazionale più vasto, che sostenesse questo cammino. Allora vi era un appoggio praticamente mondiale intorno a una ricetta che era da un lato il consenso di Washington che prevedeva un politica macroeconomica di ingessamento degli interessi nazionali e dall’altro l’approvazione per una globalizzazione neoliberale che si presentava come una globalizzazione cosiddetta “progressista”. Oggi non esiste nulla di tutto ciò, al contrario, il mondo si trova in una situazione di tensioni, conflitti, ma in cui prevale la multipolarità, gli Stati Uniti stessi si trovano dentro questa profonda crisi causata principalmente proprio da loro nel 2007-2008; e c’è un presidente, che oggi è Donald Trump, che cerca solo guerre commerciali, protezionismo, aggressività imperialista, pressioni contro gli emigranti, con un potente conservatorismo reazionario. E le classi dominanti brasiliane si sono imbarcate in questa avventura: portare il Brasile in un grande precipizio.

La situazione delle forze democratiche e di sinistra
Il secondo commento è che questo disastro paradossalmente ha utilizzato errori commessi dalla sinistra brasiliana in 13 anni di governo. Il golpe è stato contro le realizzazioni e le conquiste, ma non era inevitabile. Dal punto di vista strategico del paese ci sono stati moilti limiti che ruotavano intorno alla assenza di un progetto e una strategia maturi per lo sviluppo del paese e contenevano illusioni sl riguardo del carattere di classe dello Stato brasiliano profondamente conservatore. Insomma, non vi è stato um autentico progetto di potere, che conquistasse la coscienza delle masse come proprio supporto. La forza dominante, il PT, ha Lula, il maggiore leader della storia popolare brasiliana, un uomo degno, un uomo che oggi è prigioniero politico, un uomo oggi bersaglio di una arbitrarietà che si allarga contro l’intera sinistra brasiliana, e che necessita quindi dell’appoggio di tutte le forze democratiche e progressiste in una grande lotta che è la lotta per Lula Livre. In questo contesto si è dato il colpo di Stato. Tuttavia oggi paradossalmente la sinistra brasiliana e le forze progressiste e democratiche hanno, per quando sembri incredibile, la reale possibilità di vincere le elezioni presidenziali di ottobre 2018. Può sembrare difficile capire ciò per qualcuno che si trova all’estero, ma di fatto questo si deve al fallimento della politica impiantata con il golpe e alla resilienza, alla resistenza della sinistra brasiliana e principalmente di Lula.

Noi, come PCdB, riteniamo che una situazione simile, una situazione straordinaria, una situazione eccezionale, dal punto di vista politico, esigerebbe una strategia politica molto decisa. Cioè unire le forze politiche e sociali democratiche, progressiste, di sinistra in un grande fronte unico, democratico, per lo Stato di diritto, per i diritti sociali, per la sovranità del paese. Allo stesso tempo si deve lottare affinché questo fronte riesca a presentarsi nel modo più unitario possibilealle elezioni presidenziali. Noi parliamo quindi di un processo che abbia questo obiettivo: una convergenza programmatica di tutte le nostreforze intorno alla messa in salvo del paese, alla ripresa della crescita economica, al recupero dell’occupazione e per realizzare con l’appoggio della popolazione riforme strutturali democratiche dello Stato brasiliano per un progetto nazionale di sviluppo sovrano, democratico e popolare. Fra queste la riforma politica, la riforma tributaria, la riforma del sistema finanziario, la riforma dei mezzi di comunicazione di massa.

La questione del potere giudiziario
E soprattutto urge la riforma di un aspetto che oggi in Brasile è quello più importante. Si tratta dell’intervento politico aperto, partitico, fazioso di settori del giudiziario che cercano di occupare il vuoto della crisi del sistema politico. Essi teorizzano al riguardo di un supposto potere moderatore** che disconosce l’equilibrio dei poteri della repubblica e che pretende di essere l’attore politico principale. A questo fine hanno scelto come strumenti una specie di operazione di pulizia, ma che ha come bersaglio essenzialmente la sinistra brasiliana e in primo luogo Lula. Un sistema giudiziario che non è eletto dal popolo, non è eletto dalla sovranità popolare, non ha questo ruolo di intervento politico. Così questo diventa il principale aspetto della crisi politico-istituzionale al momento in Brasile:il caos del giudiziario, in una lotta interna, intestina, che minaccia le fondamenta dello Stato di diritto brasiliano.

La necessità di una convergenza unitaria
Queste riforme e questo programma devono essere unitari per tutte le candidature delle forze politiche e sociali brasiliane progressiste, democratiche, di sinistra. Da parte nostra (del PCdB) diciamo che la cosa più conseguente sarebbe che ci presentassimo uniti con una candidatura da portare al secondo turno e per vincere le elezioni presidenziali. Diciamo con franchezza: uniti saremo più forti. Ma la sinistra brasiliana ancora una volta mostra grandi difficoltà nel capire il carattere degli accadimenti, l’analisi concreta della realtà concreta, che è di una potente sconfitta che abbiamo subito con la deposizione di Dilma Rousseff e della necessità di unire le forze per mettere in salvo, ripeto, la democrazia, il Brasile, gli interessi nazionali e i dirittidella popolazione.

Fino ad ora è stato difficile costruire una unità di candidature presidenziali. Tuttavia questa è la nostra opinione, lotteremo fino in fondo per questo. Noi abbiamo una candidatura alla presidenza, Manuela d’Avila, che è una notevole novità sulla scena politica brasiliana e che sta raccogliendo molto prestigio, qualche punto nei sondaggi elettorali, ma che porta questo messaggio: sono qui come candidata del PCdB/Partito Comunista del Brasile per dire che noi abbiamo bisogno di presentarci con un programma unico e nei limiti del possibile con una candidatura unitaria per non dividere le nostre forze.

Le speranze esistono
Le speranze esistono, queste speranze possono avere solo una forza fondamentale di mobilitazione, che è la mobilitazione popolare. Con la sola pressione sul giudiziario, con la sola pressione democratica di fronte agli accadimenti, o con la sola pressione degli atti istituzionali, dei poteri della repubblica, tutto questo sarà insufficiente per portare a termine tale compito. Fortunatamente si è realizzato un grande fronte ampio dei movimento sociali, Frente Brasil Popular, Frente Povo sem Medo. Ma dobbiamo riconoscere con franchezza che neppure i gravi accadimenti, le gravi persecuzioni faziose contro Lula hanno ampliato le mobilitazioni popolari in Brasile. Questo fa parte dell’analisi concreta della realtà concreta.

Bisogna quindi avere molto discernimento per capire che la società vive una depressione, un letargo,è ancora disorientata nella sua maggioranza per quanto riguarda le elezioni presidenziali, tende a dare un voto di fiducia a chi presenta un programma come quello qui indicato, ma è molto attendista. Di conseguenza tutto questo processo sfocerà proprio nel confronto elettorale.
Il senso di queste mie parole è il seguente: la lotta di resistenza esiste, è forte, in alcuni casi ha conquistato qualche vittoria, ma questa resistenza a favore della sovranità nazionale, della democrazia, dei diritti del popolo, solo potrà rafforzarsi con una prospettiva: non ci sarà mobilitazione popolare al di fuori di una nuova speranza, di un nuovo futuro, per il paese che generi fiducia nella popolazione e che quindi possa mibilitarlo politicamente.

La lotta elettrorale
In questo momento tale processo si dà fondamentalmente nella lotta elettorale ed è per questo che io ripeto che la lotta elettorale ha bisogno di dimostrare alla popolazione che siamo uniti, che sappiamo come togliere il paese dalla crisi e sappiamo che è necessaria la nostra unità programmatica e di convergenza nelle candidature, perché disuniti rischiamo di non passare neppure al secondo turno, nonostante tutta la forza di Lula. Perché Lula è in carcere. C’è una strategia politica molto rischiosa, se non ci si unisce, di fare sì che Lula incarcerato trasferisca di fatto i suoi voti, il che è possibile, ma ancora non sicuro. Ma è una strategia che va dimostrata. Corriamo il rischio che le forze progressiste e democratiche rimangano fuori dal secondo turno elettorale.

Proprio mentre parlo in questo 11 luglio, è esattamente questa la questione nodale che impegna tutto il dibattito della sinistra. Perché ci presentiamo con quattro candidature presidenziali di sinistra. Perché? L’ideale sarebbe che ci unissimo. C’è la candidatura del PT, quella del PDT/Partido democratico trabalhista, che probabilmente avrà l’appoggio del PSB/Partito socialista brasiliano, c’è la candidatura del Psol/Partito socialismo elibertà e la candidatura del PCdB. Ma l’unica che dichiara di essere candidata per produrre una convergenza, l’unità, per intanto è solo quella del PCdB. Siamo in un ambiente grave, di crisi e di grandi conseguenze, in cui la strategia della sinistra brasiliana deve dare prova di età politicamente adulta, di sapienza politica, di pensiero rivolto al paese al di là e al di sopra degli interessi legittimi di tutti i nostri partiti, in particolare di Lula e del PT. Sono interessi legittimi. Il Brasile ha bisogno di un PT forte, di un PT che alzi la testa, così come il Brasile ha bisogno di un PCdB forte, di un PDT forte, ma sopra tutto ciò vi è la necessità di vincere le elezioni.

Una strategia ben pensata
Dico con franchezza e con precisione: l’ unica condizione oggi perché Lula si veda libero è che affrontiamo insieme le elezioni presidenziali. Questo non richiede una strategia di alto rischio, necessita di una strategia ben pensata, libera, in cui la forza di Lula possa essere posta al servizio e a favore di una candidatura realmente competitiva, che sia del PT o che sia di altri partiti. È un dibattito molto difficile, ma ci aspettiamo che fino al 15 agosto, data finale di iscrizione delle candidature, si possa conquistare un certo terreno. Così il Brasile potrebbe di nuovo vedere il suo ruolo riacquisito nel contesto internazionale e conoscere una nuova generazione di governi di sinistra, in alleanza con le forze democratiche e progressiste, facendo tesoro degli errori del passato e cosiderando la situazine del presente. Il mondo di oggi è diverso dal mondo in cui Lula è stato eletto nel 2002, il mondo di oggi è molto più minaccioso, ma allo stesso tempo offre molte opportunità, perché una situazione di multipolarità come si sta creando dà maggior margine di manovra al Brasile, un paese continentale, per perseguire il nostro proprio interesse. Queste elezioni dunque mettono molte cose in gioco e noi pensiamo in questo modo in questo momento.

* dal 1930, anno in cui finisce la cosiddetta Republica Velha dominata dalla oligarchia fondiaria del Sudest e inizia un peiodo di modernizzazione. T.I.
** Il potere moderatore -cioè al di sopra dei tre poteri- era prerogativa isttuzionale dell’imperatore. Il Brasile infatti ha avuto la sventura di acquisire l’indipendenza nel 1822 non attarverso una guerra di indipendenza e liberazione, ma divenendo impero sotto la casa di Braganza e mantenendo la schiavitù fino alla formazione della repubblica nel 1889. T.I.

sorrentino-c


Sostieni il Partito con una



 
Appuntamenti

PRIVACY







o tramite bonifico sul cc intestato al PRC-SE al seguente IBAN: IT74E0501803200000011715208 presso Banca Etica.