Convenzione costituzionale, arma in più di un governo debole!

Convenzione costituzionale, arma in più di un governo debole!

di Franco Fediani -
Il revisionismo storico e politico ritorna a far parlare di sé. L’avvio del governo Letta è sostenuto da mille contraddizioni, compreso quella di mettere l’accento su una presunta “riconciliazione nazionale” alla quale dar seguito dopo 20 anni di “guerra civile fredda”. Sgombriamo il campo della politica da giudizi, pregiudizi o antipatie, e diamo a Cesare quel che è di Cesare: Marco Travaglio è stato insuperabile nella puntata di “Servizio Pubblico” andata in onda ieri sera (giovedì 2 maggio, ndr.). E’ riuscito ironicamente a ridicolizzare il tentativo che da più parti viene fatto per cercare di dare un vero senso, soprattutto di positività e utilità, al “famigerato” progetto della Convenzione costituzionale ormai sbandierata dalla compagine governativa. In realtà sta emergendo con forza, o quanto meno si sta prendendo coscienza, della pericolosità di questo nuovo escamotage studiato su misura per sollevare, solo e soltanto, Silvio Berlusconi dalla responsabilità delle malefatte compiute in tutti questi anni. Non ci meraviglia l’uscita pubblica del “padre putativo” del PD, Eugenio Scalfari, che ha scomodato persino Badoglio accostandolo all’esecutivo Letta; così come ci fa semplicemente sorridere la faccia di bronzo dell’elefantino, al secolo Giuliano Ferrara, che si spinge addirittura a ricordare il CLN!? Il buon Travaglio ha ben spiegato quanto siano distanti queste posizioni da una realtà che riporta invece anni di inciucio, accordi e “accordicchi”, tra quella pseudo-sinistra che attraverso vari passaggi è poi approdata al PD, e la stessa destra Berlusconiana. Altro che guerra… Per usare le parole del vicedirettore del Fatto Quotidiano, “con Letta, Enrico e non Gianni, è scoppiata la pace”! Si cerca dunque di creare il clima adatto per riscrivere le regole costituzionali in modo da rendere ancora più longevo il “periodo infinito” del berlusconismo, variante politica atipica ben più pericolosa di quanto non sia stata la vecchia DC. Il momento si sta rivelando propizio proprio per l’assenza della sinistra; senza contare che Letta, Enrico e non Gianni (come direbbe Travaglio) alla luce del completamento dell’organico governativo, dove ha “chiamato” 10 viceministri e ben 30 sottosegretari, ha dimostrato di aver comunque assemblato una compagine debole. Probabilmente pagherà il suo lavoro di ricamo tra correnti, partiti, tendenze “varie ed eventuali”, che lo hanno spinto a non avvalersi dei soggetti più “influenti e importanti” preferendogli le seconde linee (che a questi continuano comunque a rispondere..). Un governo debole che cerca di farsi forte attraverso percorsi ambigui e altamente pericolosi. Dopo l’elezione di Napolitano non potevamo aspettarci di meglio. La domanda si leva spontanea e legittima: da chi e come verrà organizzata la risposta? A sinistra qualcosa si sta muovendo… Sinceramente non siamo in grado di capire bene dove si vuol parare; possiamo solo ipotizzare, o quanto meno seguire con attenzione gli sviluppi di alcune iniziative. Dopo le note vicende presidenziali, Stefano Rodotà ha ricevuto l’investitura dell’uomo simbolo di una sinistra che si oppone al governo Letta. Intorno a Lui si sono ritrovati esponenti di partiti e movimenti. Si parla di “cantiere”, di “casa comune”, o comunque di un progetto in itinere, ma non è cosa di poco conto quella di non riuscire ancora a rendere chiaro, almeno in linea di massima, il punto di arrivo al quale si vuol guardare. L’unità, almeno degli intenti, così come la volontà di creare una casa comune, crediamo siano elementi più che condivisibili (e sicuramente auspicabili da tutti). C’è però il rischio, anche per chi scrive, di entrare in una sorta di campo minato. Esistono alcuni presupposti senza i quali è difficile esprimersi… Soggettività, “casa comune”, fronte unito, sono tutte forme organizzative che prevedono il rispetto di alcuni punti imprescindibili: l’assoluta necessità di non far pesare alcun tipo di primogenitura, quella di evitare pregiudiziali e pregiudizi, ed il mantenimento delle caratteristiche ideali e identitarie di ciascun soggetto che ne facesse parte. Ma veniamo alla cronaca… Si sono dati appuntamento ieri (giovedì 2 maggio, ndr.) al Teatro Eliseo di Roma, un gruppo di esponenti politici della sinistra. All’appuntamento, organizzato dalla rivista Left, hanno partecipato, oltre allo stesso Rodotà, i piddini Pippo Civati, Laura Puppato, Sergio Cofferati e Giorgio Airaudo, il capogruppo di Sel Gennaro Migliore, il leader di Azione Civile (appena fresca di costituzione) Antonio Ingroia, Marco Revelli (uno dei principali promotori di “Cambiare si può”) e il capogruppo grillino al Senato Vito Crimi. Le cronache parlano di un avvio di discussione che vede questi soggetti schierati nettamente all’opposizione del nuovo governo. Si è parlato solo ed esclusivamente del dissenso, o meglio, del rifiuto nei confronti delle politiche prospettate dal binomio governativo retto da PD e PDL? Altri elementi non sono noti (almeno ai più). Vista la posta in palio è lecito chiedersi se si tratta solo di un timido accenno di prove tecniche, o se magari è venuta fuori qualche proposta sulla quale aprire un serio confronto..(?) …Un dato di fatto rimane incontestabile: il mondo dell’informazione riporta l’evento descrivendolo come “appuntamento che si è data la sinistra italiana”. Eppure, a quel che ci è dato sapere, la sinistra italiana è molto più ampia e diffusa di quel gruppo di soggetti ritrovatisi all’Eliseo! La sintesi è obbligata, se si vuol prendere veramente coscienza del momento politico e sociale che stiamo attraversando, e passa dalla necessità di allargare il fronte, coinvolgimento tutta la sinistra di alternativa. Aperta parentesi: quella sinistra che manifesta la volontà di cambiare passo, aprendosi al confronto, al dialogo, e soprattutto consapevole di ciò che può portare in dote senza disperdere il proprio bagaglio identitario.


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