28 aprile, giornata mondiale vittime dell’amianto

28 aprile, giornata mondiale vittime dell’amianto

di Rosa Rinaldi -

 Occorre il superamento della ritualità e dell’inadeguatezza istituzionale,  dell’oblio  appunto, che è esatta contrapposizione della memoria

 

Il 28 Aprile è  la giornata dedicata alle vittime dell’amianto nel mondo.

Introdotta in occasione del Forum Mondiale sull’Amianto tenutosi nel 2005 a Porto Alegre  e ribadita dalla Conferenza Europea sull’Amianto – Bruxelles, 23 settembre 2005, per ricordare  i milioni di lavoratori morti a causa dell’amianto e per richiamare l’attenzione su un problema del che dal passato,diventa presente e futuro.

Viene richiamato più complessivamente E’ il tema della sicurezza nei luoghi di lavoro e della necessità di attuare una prevenzione che anteponga la tutela della salute alle ragioni del profitto: l’amianto rappresenta storicamente il simbolo delle lotte per la difesa del diritto ad una vita sana nell’ambiente di vita e di lavoro.

Quanti nel passato sono stati esposti all’amianto, continuano a morire al ritmo di 5000 all’anno perché le malattie asbesto-correlate hanno periodi di latenza assai lunghi. Nel pianeta ci sono 125 milioni di lavoratori esposti ad amianto (O.M.S.). Il picco di morti per mesotelioma è atteso nel 2025 con 30.000 morti per neoplasie causate dall’amianto e 250.000 morti per tumore delle pleura. Se poi si considerano i paesi in via di sviluppo dove non vi sono adeguate protezioni sociali e sanitarie, questa cifra appare  assai sottostimata.  Russia, Cina, Kazakhistan, Brasile, Canada, Zimbawe, Colombia i maggiori produttori di amianto, mentre in Asia (Cina, Sri Lanka, Thailandia, Laos, Cabogia, Vietnam, Sud Korea) si ha il triste primato nel mondo con la maggiore esposizione della popolazione seguita da Africa e America Latina. In molti di questi paesi la popolazione non ha la minima conoscenza dei danni causati dall’amianto.

In Europa centinaia di migliaia di morti sono privati del diritto alla salute a causa dell’esposizione ad amianto, esposizione che è equivalente ad una condanna a morte laddove i diritti umani dovrebbero  costituire i valori fondamentali dell’Unione Europea.

I singoli governi che hanno già posto divieti si dovrebbero attivare  per vietare l’amianto in tutto il mondo, per introdurre verifiche ispettive obbligatorie per l’individuazione dell’amianto negli edifici pubblici e nelle abitazioni e su tutti i mezzi di trasporto,  per l’abolizione della deroga che consente di utilizzare l’amianto per la produzione del cloro, per l’eliminazione della nozione “esposizione sporadica e di bassa intensità” in quanto non esiste una esposizione sicura all’amianto! Unitamente alle

iniziative di prevenzione, diventa  inderogabile armonizzare le regole internazionali come  previsto  nella dichiarazione di Bruxelles. Infine l’Europa, come dichiarato,  non aspetti il 2025, per attuare le bonifiche dei territori ma si inizi da subito.

In Italia la legge n. 257/92 pur avendo vietato l’estrazione, l’importazione, l’esportazione, la produzione e la commercializzazione non ha tuttavia vietato espressamente l’utilizzo dell’amianto né definito un termine alla sua dismissione graduale, con il rischio di esposizione all’amianto per le future generazioni e le conseguenze che ben conosciamo.  Occorre intervenire per porre l’obbligo di bonificaconsiderando che i manufatti in amianto prodotti trenta o quarant’anni fa sono ormai da considerarsi deteriorati. Il mancato finanziamento del Piano Nazionale Amianto(che, particolarmente centrato sulla ricerca e la cura del mesotelioma tralascia significativamente gli altri aspetti del problema) trova giustificazione nella crisi economica. Riteniamo che la cura delle malattie asbesto –correlate sia un problema che riguarda tutti i paesi europei e dunque dovrebbe trovare adeguato sostegno finanziario presso l’U.E. e coinvolgere strategicamente scienziati e ricercatori europei, mentre i siti contaminati nel nostro paese riguardano l’Italia e si dovrebbero completare censimenti e bonifiche in tutto il territorio e in tutti i luoghi di lavoro anche con il finanziamento da parte di coloro che hanno inquinato, fatto ammalare e morire lavoratori innocenti e cittadini ignari. La carenza di controlli e la mancata attuazione di politiche di prevenzione (art. 32 Cost.), le mancate bonifiche dei luoghi di lavoro e dell’ambiente, l’assoluta omissione da parte degli organi di vigilanza, la carenza di interventi a tutela della salute (Taranto e non solo), le forme di corrutela (scandalo di Bagnoli) non trovano giustificazione nella crisi. Perché il lavoro “malato” riproduce se stesso ed è fondamento di crisi  economica e occupazionale (Ilva);  il lavoratore deve essere garantito nella piena sicurezza attuando quella tutela della salute che è sacrosanto principio costituzionale.

Da decenni (e ancor prima della dichiarata crisi) assistiamo al continuo rimandare di interventi “per mancanza di finanziamenti”, alla mancata attuazione della legge 257/92 da parte di alcune regioni, alla totale carenza di un sistema di informazione sul rischio amianto. L’amianto è pericoloso e questo dichiarato a livello internazionale: celare una verità scomoda vuol dire rimandare ancora gli urgenti  interventi di bonifica: Lo smaltimento dei rifiuti amianto non ha ancora trovato una soluzione  e ciò dà luogo ad abbandoni impropri, discariche abusive, infiltrazioni criminali, inquinamento ambientale ed esposizione inconsapevole alle fibre pericolose.

Se, come afferma il Ministro alla Salute Balduzzi occorre“una risposta operativa ad una vicenda sulla quale a livello nazionale era sceso l’oblio ….. una triste vicenda all’attenzione non solo nazionale, ma anche internazionale in Europa”, e viene riconosciuta nel Piano Nazionale Amianto la dimensione internazionale del problema, i costi non dovrebbero ricadere sulla situazione economica italiana già notoriamente critica, ma trovare adeguato sostegno finanziario soprattutto in ambito Europeo e da parte di chi ha inquinato, fatto ammalare e fino alla morte.


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