Non abbiamo più molto tempo

Non abbiamo più molto tempo

Non abbiamo più molto tempo.
Nei prossimi due o tre mesi si decide molto del progetto che è partito dal Brancaccio il 18 giugno.
Non c’è più tempo per le mediazioni, gli spostamenti e le attese dei ceti politici. Ne abbiamo perso anche troppo forse. Non si tratta di non riconoscere o demonizzare storie di sigle e di persone che sono anche generose e nobili. Ma si è scavato un abisso in questi anni fra la società e la sfera della politica istituzionale. Chi ha vissuto chiuso nei palazzi sembra avere del tutto perduto il contatto con i sentimenti e il pensiero del “mondo di sotto”. Non lo conosce più. Parla un altro linguaggio. Non ne riconosce i bisogni e i desideri, non ne immagina le possibilità.
La nostra proposta era ed è una proposta unitaria – ma per cambiare tutto. Non per perdersi in un minimo comune denominatore incapace di accendere passioni. Per uscire dal paradigma del neoliberismo che ha prodotto in alto, attraverso i governi di centrodestra o centrosinistra, devastazione del territorio, mercificazione del lavoro e del sapere, continui attacchi alla democrazia costituzionale (dopo aver distrutto quella materiale). In basso, nella società, un’antropologia aggressiva e competitiva, fatta di passioni tristi, di solitudine paura e rabbia, chiusura al dramma delle migrazioni, ribaltamento etico che colpevolizza le organizzazioni umanitarie e i gesti di umanità.

Occorre rovesciare il tavolo. Proporre e rappresentare una svolta radicale che intercetti la sofferenza diffusa e parli al sentimento di estraneità di quell’ampia parte della società che ha smesso di votare, è disincantata, non ha nessuna nostalgia per il centrosinistra e coltiva un interesse per le vicende dei suoi vecchi leader che è probabilmente vicino allo zero. Se non sotto lo zero.
Non è vero peraltro da molto tempo che le elezioni si vincono al centro, con moderazione e rassicurazioni. Si è vinto quando si è difeso la lettera e lo spirito della Costituzione. Il suo programma radicale di giustizia e il suo progetto di un’altra democrazia rispetto a quella degli “uomini forti soli al comando”: sempre uomini, sempre arroganti, proprietari del marchio (commerciale più che politico), circondati da una corte di servi fedeli. Una democrazia quella costituzionale che non è disturbata dalla partecipazione delle cittadine e dei cittadini; che non è lontana dalla loro vita. Un progetto politico che deve riguardare tutta l’Europa se vuole esistere – e se vuole esistere l’Europa.
Se ci rivolgiamo a quel mondo del disincanto e della lontananza non sono le figure istituzionali, sia pure pulite e corrette, che ci possono interessare; né i continui falsi movimenti dei soliti ceti politici. Tanto meno la loro semplice sommatoria. Forse è meglio correre il rischio di mancare l’obiettivo di una lista unica della sinistra, che essere vissuti come ennesima articolazione di un mondo di sigle stanche, attente solo alla loro riproduzione.

Ci interessa costruire una proposta politica e un discorso pubblico che possa rappresentare donne e uomini, ragazze e ragazzi – esclusi e delusi. Che dia loro spazio e voce per costituire un’alternativa e non limitarsi alla rabbia solitaria che si esprime nell’urlo e usa il voto come strumento di vendetta contro la “casta”. Occorre un programma netto sui temi di fondo, elaborato e partecipato il più possibile collettivamente. Un programma con elementi chiari e concreti, che invece non troviamo nel documento pubblicato oggi 7 novembre sull’ Huffington Post.
Occorre dire Stop al fiscal compact eliminandolo dall’art. 81 della Costituzione e chiedere la riscrittura dei Trattati europei. Basta con le privatizzazioni e le esternalizzazioni dei servizi pubblici. Vanno ricostruiti i diritti di chi il lavoro ce l’ha, di chi l’ha avuto e di chi non ce l’ha: ripristinare ed estendere l’articolo 18, cancellare la legge Fornero, realizzare il reddito di autodeterminazione e riduzione dell’orario di lavoro, abrogazione della “buona scuola” e no all’alternanza scuola-lavoro. Tagli delle spese militari e riconversione dell’industria bellica, No TAV e No TAP per nuova e buona occupazione nelle opere diffuse di manutenzione del territorio e delle città.

È necessario andare avanti con una notevole determinazione, chiara e cristallina, per costruire una sorta di lista Brancaccio, con criteri di scelta delle candidature che rendano coerenti messaggio e messaggeri: persone che non vengano dal passato, da ruoli di rappresentanza nella passata stagione del centrosinistra e dal professionismo politico, perciò credibili quando propongono una svolta radicale dei contenuti e delle forme del fare politica.

Occorre una pratica collettiva che prefiguri e inauguri uno spazio pubblico capace di accogliere le diversità di storie e biografie, per costruire un tessuto di relazioni civili e di confronto che non ricadano nell’aggressività o nel narcisismo di chi sa appartenere solo a ciò che è uguale a se stesso. Uno spazio dove torni a essere possibile portare la propria storia, i propri problemi e desideri, tutta intera la nostra vita.
Una soggettività politica è cosa certo diversa e più complessa di una lista elettorale, ma dall’esperienza di una lista e da una presenza in parlamento può avere spinta e senso.
Per cominciare a esistere. Per rappresentare un’alternativa alla miseria politica, culturale e ormai anche etica che ci circonda.

Per questo organizziamo la presenza la più vasta all’assemblea del 18 novembre a Roma, perché sia l’assemblea sovrana che lanci la lista per CAMBIARE TUTTO, davvero.

assemblea Brancaccio- Firenze- testo approvato il 7 novembre


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