Sinistra e Unione Europea: una lettera a Stefano Fassina

Sinistra e Unione Europea: una lettera a Stefano Fassina

di Maurizio Acerbo

Pubblichiamo la lettera inviata dal segretario nazionale del PRC-SE all’organizzatore Stefano Fassina in occasione del convegno su sinistra e Europa che si è tenuto sabato 9 settembre a Roma.

Caro Stefano,
come ti avevo anticipato non mi è possibile essere personalmente presente all’iniziativa che hai organizzato per concomitanti impegni.
I temi che avete messo al centro del confronto sono essenziali.
Sono quelli che ci spinsero a considerare fin dalla fondazione il PD come definitiva mutazione genetica al termine di una deriva che aveva posto una classe dirigente che veniva dalla sinistra erede del movimento operaio e socialista nel campo del neoliberismo. Sono quelli che ci spinsero 5 anni fa a non ricercare l’alleanza con il PD a guida Bersani che aveva fatto del rispetto degli impegni internazionali e dell’alleanza col “centro liberale” i suoi assi strategici. In quella “carta d’intenti” che fu presentata chissà perchè come “laburista” c’era scritto chiaro e tondo che “l’imperativo che democratici e progressisti hanno di fronte è quello dell’affidabilità e della responsabilità” e le forze che si univano si assumevano “alcuni impegni espliciti e vincolanti” tra cui:
“assicurare la lealtà istituzionale agli impegni internazionali e ai trattati sottoscritti dal nostro Paese, fino alla verifica operativa e all’eventuale rinegoziazione degli stessi in accordo con gli altri governi”;
“appoggiare l’esecutivo in tutte le misure di ordine economico e istituzionale che nei prossimi anni si renderanno necessarie per difendere la moneta unica e procedere verso un governo politico-economico federale dell’eurozona”.
L’egemonia neoliberista è passata in Italia attraverso l’adesione acritica del centrosinistra ai trattati europei. L’antiberlusconismo ha oscurato la sostanziale convergenza che giustamente è stata rivendicata da Gentiloni a Cernobbio: “non abbiamo mai deluso investitori e alleati” nonostante la frequente caduta dei governi siamo stati stabilissimi nel portare avanti certe linee di fondo condivise. Solo degli imbroglioni o dei politicanti da quattro soldi possono attribuire al solo Renzi la responsabilità di quanto accaduto.
Proprio con questa consapevolezza abbiamo lavorato a costruire uno spazio politico europeo a sinistra del Partito Socialista Europeo che raccogliesse le forze antiliberiste e anticapitaliste intorno alla critica delle politiche condivise da “socialisti”, liberali, popolari europei.
Pur con tutte le contraddizioni e differenze oggi in Europa in tutti i paesi ci sono forze di grande consistenza elettorale che mettono in discussione questa Unione Europea.
Certo, come è giusto che sia, con una grande differenza di posizioni ma una comune radicale messa in discussione dei trattati e delle politiche neoliberiste.
La vittoria entusiasmante di Syriza in Grecia aveva suscitato la speranza troppo ottimistica che un’ondata di cambiamento potesse attraversare tutti i paesi europei.
La controffensiva dura, violenta, golpista della troika con in prima fila la BCE di Draghi e il ministro delle finanze tedesco strangolarono sul nascere l’esperienza di Tsipras costringendolo a subire condizioni durissime al fine di riaffermare l’ordine del “non ci sono alternative”.
Troppo peso avevamo messo sulle gracili spalle della piccola Grecia, isolata in un continente in cui i governi sono ormai ridotti a quanto di più vicino a quel “comitato di affari della borghesia” di marxiana memoria (ci sarebbe da discutere di cosa sia oggi la borghesia e quanto ormai abbia il capitale assunto un ruolo estrattivo, distruttivo e parassitario in Europa).

Però l’insieme delle esperienze europee ci dice che è possibile costruire in ogni spazio nazionale una sinistra radicalmente critica verso i trattati e che non confonda l’Europa con questa Unione Europea!
Come ha titolato Le Monde pochi giorni fa “la sinistra radicale sta prendendo il posto di quella socialdemocratica”. Ovviamente parole come “socialista” e “socialdemocratico” sono ormai svuotate di ogni contenuto reale, deturnate, nella grande coalizione che in Germania come in Europa da lunghi anni condivide le scelte di fondo.
In Italia invece nonostante un partito come Rifondazione Comunista fin da Maastricht abbia votato contro i trattati e denunciato il loro carattere anti-popolare e di dispositivo di svuotamento della sovranità popolare e di imposizione autoritaria delle politiche neoliberiste ci troviamo drammaticamente indietro.
L’elemento principale di questa sconfitta tutta italiana è l’identificazione della sinistra, persino di quella che contrastò quelle scelte, con le politiche neoliberiste e la progressiva omologazione del centrosinistra. Chi come noi non si è allineato non ha avuto la forza di costruire una nuova proposta capace di rendere visibile e credibile un diverso punto di vista.
Davanti al quadro di catastrofe sociale che caratterizza il paese c’è bisogno che le forze antiliberiste, e conseguentemente critiche nei confronti dei trattati e dell’Unione Europea, si presentino con una proposta programmatica forte e netta come quella di Melenchon.
Ci sarebbe bisogno di una sinistra popolare che sia percepita e sia anti-establishment come Podemos e il M5S.
Una sinistra che presenti al paese il quadro drammatico determinato da 25 anni di politiche condivise da centrodestra e centrosinistra.
Una sinistra che contrapponga la Costituzione nata dalla Resistenza ai trattati europei, una sinistra che chiaramente spieghi in ogni piazza, in ogni strada, in ogni luogo che bisogna ROTTAMARE MAASTRICHT come hanno giustamente titolato il loro bel libro Paggi e Somma.
Una sinistra che organizzi la rabbia e il malcontento suscitati dalla legge Fornero invece di maledire la sacrosanta incazzatura popolare sotto l’etichetta demonizzatrice del “populismo”.
Una sinistra che riunifichi l’eredità del movimento operaio socialcomunista, le culture dei movimenti dell’ultimo trentennio, le mille vertenze e resistenze, in un progetto politico.
Francamente non credo che si possa credibilmente avviare un progetto di questo tipo facendosi egemonizzare e sussumere dall’establishment di centrosinistra oggi perdente che è stato convinto sostenitore delle politiche neoliberiste per due decenni agli occhi del popolo italiano.
E un nuovo centrosinistra e la nostalgia della buona educazione e responsabilità di Prodi, Padoa Schioppa e Ciampi non possono essere l’orizzonte.
Spero che dalla giornata di oggi emerga la determinazione a lavorare per un’alternativa democratica e popolare che è cosa diversa dalla rivincita di Bersani e D’Alema.

bersani schultz


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