Il Burkina Faso non è così lontano

Il Burkina Faso non è così lontano

Pubblichiamo di seguito la lettera aperta di Piero Sunzini, direttore della ong Tamat inviata ai giornali italiani e pubblicata su Manifesto, Avvenire, Corriere dell’Umbria il 17 agosto.

Ouagadougou, mercoledì 16 agosto 2017

Signore, Signori,

vi scrivo da Ouagadougou, capitale del Burkina Faso, dopo essere scampato – per la buona sorte di essere uscito dal locale pochi (forse 5) minuti prima – al massacro nel ristorante Aziz Istanbul che ha fatto 18 morti.

Frequento questa terra da 30 anni per progetti di cooperazione che hanno la sovranità alimentare come stella polare di ogni scelta, che mettono le donne al centro delle azioni che vogliano tradursi in progresso sociale e umano.

Non è per la mia vicenda personale che chiedo ospitalità nelle vostre pagine e rubriche.

Sollecito ascolto per un paese, il cui nome significa “Terra degli uomini integri”; chiedo più attenzione per la sua popolazione, composta da una sessantina di etnie diverse (ognuna ha un suo idioma) intrecciate con tre diverse religioni (animista, islamica, cristiana); una popolazione la cui pacifica convivenza costituisce un esempio nella storia del continente e, forse proprio per questo, non è funzionale alle strategie terroristiche che acquistano forza dalle contrapposizioni, anche etniche.

Un paese dove si sopravvive con 630 dollari l’anno di reddito medio annuo pro capite e che è ancora un esempio di come la convivenza pacifica tra diverse identità e culture sia pratica quotidiana per più di 18 milioni di persone, sparse su 274mila chilometri quadrati.

Qui il multiculturalismo è pratica quotidiana nelle attività di ogni genere perché il principio guida delle comunità è la partecipazione attiva alla vita pubblica, molto più di quella di appartenenza etnica o/e religiosa.

Un processo che ha acquisito ancora più vigore dopo i cambiamenti iniziati nell’autunno del 2014 con i movimenti popolari che hanno deposto il presidente Blaise Compaore, al potere da 27 anni; che durante il governo di transizione ha sostenuto il peso d’un tentativo di colpo di stato ed infine è approdato alle elezione di fine 2015 del nuovo Presidente Roch Marc Christian Kaboré.

Insieme alle questioni “interne”, quindi, diventa fondamentale uno sguardo non superficiale sul Burkina Faso per i motivi geo-politici citati da Roberto Zuccolini della Comunità di Sant’Egidio (nel suo blog nell’Huffington post): “Il Burkina Faso, anche se pochi lo conoscono qui in Italia, non è un Paese così lontano come si pensa. Nel senso che è uno Stato strategico nella lotta al terrorismo insieme a Mali, Niger e Nigeria. E’ ormai questa, la fascia subsahariana, non più il Mediterraneo, la frontiera dell’Europa, come dimostrano anche le vicende dei flussi migratori. E’ lì che l’Europa deve intervenire, aiutare, rafforzare l’impegno a favore della pace.”

Piero Sunzini, direttore di Tamat

fonte: www.tamat.org

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