«Il voto a Rodotà apre praterie al cambiamento»

«Il voto a Rodotà apre praterie al cambiamento»

di Matteo Bartocci -

Pressato da tutte le parti Stefano Rodotà è l’unico a restare in campo fin dalla prima votazione. Anzi, i consensi crescono: alla prima votazione a maggioranza il professore ottiene 50 voti in più di quelli M5S. Tutti dal Pd che pure doveva impalmare il suo fondatore.
Nel giorno in cui le pressioni per il ritiro hanno raggiunto l’apice, Rodotà va avanti. Ringrazia i tanti che lo incoraggiano e M5S e Sel che sostengono la sua candidatura in parlamento. L’unica concessione a Prodi il giurista la concede tra le righe all’ora di pranzo, dopo la terza votazione: «Non intendo creare ostacoli a scelte del moVimento che vogliano prendere in considerazione altre soluzioni». Nessun ostacolo, anzi. Nella sua casa romana i due capigruppo grillini chiariscono a viva voce che non ci sono subordinate: no a Prodi, continueranno a sostenerlo fino alla fine. Nei capannelli in Transatlantico i grillini criticano furiosamente Santoro e il Fatto, che in Servizio pubblico di giovedì sera avrebbero tagliuzzato malamente una dichiarazione di Roberta Lombardi per farla apparire come un’inesistente apertura a Prodi.
Dopo i passi falsi dei primi giorni l’aria nel moVimento adesso è quasi frustrata. «Rodotà è una personalità indipendente che offre praterie al governo del cambiamento, potrebbe essere il momento di svolta», dicono enfatici i pentastellati.
Chi vi ha partecipato descrive l’assemblea dei parlamentari di ieri come «la più bella, niente mugugni, niente divisioni». Una sola scelta: Rodotà presidente (documentata con tanto di video finale). E da lì tutto è possibile: «Con Rodotà al Quirinale saremmo tranquilli, farebbe comunque un governo di garanzia». Disposti anche a sostenere Bersani a palazzo Chigi? «Non è questione di nomi, qualsiasi nome indicato dal presidente Rodotà ci andrebbe sicuramente bene, perché ci sentiremmo garantiti», ammette uno dei portavoce del moVimento.
Mai un’apertura a Pd e Sel era stata così esplicita e netta. Anche Grillo per un giorno non bacchetta i suoi «portavoce» romani. Nei comizi in Friuli, anzi, il comico spiega onestamente e per una volta senza insulti o soprannomi sfottenti la linea 5 Stelle: «Il Pd deve dire se vuole governare con noi o con il Pdl». «Perché, perché, perché Bersani (e non Gargamella, ndr) dice no a Rodotà? Non mi capacito, non è un ‘grillino’, gli ho scritto,- rivela – gli ho detto è della tua area, è onesto, sarà un presidente dei cittadini, di tutti gli italiani». «Noi voteremo assolutamente Rodotà, Rodotà e basta – urla – è una persona straordinaria, stimato in tutto il mondo. Invece ci chiedono di votare per chi ha inciuciato tutta la vita con Berlusconi. Mi fanno i nomi di Amato, D’Alema, Prodi, basta! Sono loro fuori dalla storia, loro, non noi».
Anche Sel prosegue sul professore. «Rodotà ha una delle più belle biografie dell’Italia repubblicana e ancora fatichiamo a capire perché la proposta il Pd non l’ha voluta accettare», si chiede il capogruppo alla camera Migliore. La strategia di Sel è chiara (e consonante con quella originaria di Bersani): no al governissimo Pd-Pdl. E dopo la bocciatura del fondatore dell’Ulivo da parte di 101 franchi tiratori del Pd (Sel aveva contrassegnato le sue schede come «R. Prodi» per evitare dubbi sulla sua lealtà) Nichi Vendola è esplicito: «Se salta Prodi torniamo su Rodotà».
Dopo l’«omicidio» clamoroso del professore bolognese, Beppe Fioroni è lesto a puntare il dito dentro al suo partito: «Chi vuole Rodotà ha il dovere di dirlo apertamente». Sottinteso: così poi lo bruciamo nell’urna. Ma i democratici hanno poche frecce al loro arco: o Rodotà o Amato. Due linee opposte. Ma ormai lo stato del Pd è oltre l’immaginabile. Più aldilà che di qua. LA PAGINA FACEBOOK di Maria Laura Rodotà, giornalista del «Corriere della sera» e figlia di Stefano Rodotà è una lunga lista di messaggi per suo padre presidente. Lei è rimasta in silenzio per un po’, poi ieri ha scritto un Tweet che ha fulminato il Pd – «Fantastico. Pur di non parlare col garante quelli del piddì chiamano me per convincermi a convincerlo non si sa di che». E un post su Facebook: «Finora, com’era giusto, non avevo detto una parola. E non sono neanche in Italia. Però forse è il caso che qualcuno obietti a certi commenti cialtroni su mio padre». È «fiera» di suo padre, spiega, perché al fianco dei lavoratori. E infatti di seguito pubblica sulla sua pagina un messaggio della moglie di un operaio Fiom. «Sono la moglie di uno dei 19 operai iscritti alla Fiom per i quali il giudice ha stabilito che c’è stata discriminazione e che la Fiat deve riassumere. Che c’entra con Rodotà? Ebbene, sin dalle prime manifestazioni organizzate a Pomigliano e a Napoli dalla Fiom, quest’uomo ha spesso partecipato e si è sempre schierato al fianco dei lavoratori che hanno subito un ricatto col referendum di tre anni fa ed il peggioramento reale delle condizioni di lavoro. Lui c’era, Marini no, Prodi no, e tutti gli altri del Pd, no, compresi Renzi e Bersani che dissero che i lavoratori dovevano votare sì e in questi ultimi anni non hanno mai levato alta la loro voce contro Marchionne. Io sto con Rodotà».
il manifesto 20 aprile 2013

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