Istat: la propaganda di Renzi sul Jobs act e la realtà del Paese

Istat: la propaganda di Renzi sul Jobs act e la realtà del Paese

di Roberta Fantozzi -

Matteo Renzi esulta per i dati sull’occupazione, rivendica il successo  del Jobs Act, e delle sue politiche economiche fatte di bonus, decontribuzioni e incentivi a pioggia alle imprese.

Ma la realtà, se la si vuole guardare fuori dalle mistificazioni e dalla propaganda racconta un’altra storia. I dati dell’Istat indicano infatti che la crescita dell’occupazione è trainata dalla controriforma Fornero delle pensioni, e dall’aumento della precarietà.

Su base annua gli occupati in più sono 362mila tra gli ultracinquantenni mentre diminuiscono di 122mila nella fascia di età tra 35 e 49 anni, e la mutazione della composizione demografica del paese non può occultare il dato di fondo di un aumento determinato in realtà dall’innalzamento dell’età pensionabile.

Cresce fortemente anche il lavoro a termine che rappresenta il 60% della crescita complessiva dell’occupazione dipendente.

Il dato è rovesciato rispetto ad un anno fa: tra aprile 2016 e aprile 2015 infatti la crescita degli occupati era integralmente a tempo indeterminato mentre diminuivano in termini assoluti i tempi determinati.

In sostanza man mano che si esauriscono gli incentivi incassati dalle aziende per la decontribuzione e il “contratto a tutele crescenti” che costeranno nel triennio non meno di 18 miliardi (su un totale di circa 40 miliardi andati alle imprese), torna a crescere il lavoro a termine.

Con una differenza decisiva rispetto a prima del Jobs Act: “grazie” alla cancellazione dell’articolo 18 ora anche chi ha un contratto a tempo indeterminato è licenziabile e precario.

Vanno infine ricordate almeno un paio di questioni di fondo relative alla stessa modalità di formazione dei dati.

La prima riguarda il fatto che si considerano occupati tutti coloro che nella settimana di riferimento abbiano “svolto almeno un’ora di lavoro in una qualsiasi attività che preveda un corrispettivo monetario o in natura”.  La qualifica di “occupato” nulla dice in sostanza rispetto alla qualità e quantità di quella occupazione.

La seconda è che la disoccupazione effettiva è ben più alta del dato ufficiale.  Tra i 2,9 milioni di disoccupate e disoccupate non sono infatti conteggiati coloro che sarebbero immediatamente disponibili a lavorare ma non hanno svolto un’azione attiva di ricerca lavoro nel mese precedente (tra cui moltissimi gli “scoraggiati”) né coloro che invece l’hanno svolta ma non sono disponibili a lavorare immediatamente.  Entrambe queste tipologie vengono quantificate nelle cosiddette “forze potenziali di lavoro”, e superano abbondantemente i 3 milioni, con una disoccupazione effettiva di oltre 6 milioni di persone.

Nelle “forze potenziali di lavoro” e quindi nella disoccupazione effettiva l’Italia continua a  registrare un primato negativo su base europea.

Non c’è nulla da festeggiare. Alla situazione di disagio sociale fortissima, all’aumento di povertà e diseguaglianze, alla crescita del lavoro povero e dequalificato,  sottolineate fortemente nel rapporto annuale dell’Istat, quello uscito pochi giorni fa e che Renzi finge di non conoscere, non daranno soluzione le politiche dei vari Renzi –Gentiloni che non fanno che aumentarle. Voucher docet.

Ci vuole un cambiamento radicale, e non potrà venire da nessun Renzi bis.

Tutt@ a Roma il 17 giugno!

Giovani-e-lavoro1


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