Occhio agli imbecilli

Occhio agli imbecilli

di Maria R. Calderoni

L’imbecillità assicura una buona base demografica. Il problema è che quella della imbecillità è una lista che si allunga ogni giorno. E in quella lista c’è la concreta possibilità di trovare il proprio nome. L’uomo di buon senso è perennemente tormentato dal sospetto di essere un imbecille.

Le frasi, prese tutte dal libro che sto leggendo, danno da pensare, e uno infatti si impensierisce: non sarò mica nella lista? Continuando la lettura, il sospetto si aggrava. Qui vi si scrive che persino Napoleone possedeva la sua dose di imbecillità, e infatti <chi, se non un imbecille, sarebbe andato in Russia, giocandosi casa, impero e patrimonio?>.

Inoltre, si viene messi di fronte a quesiti sconvolgenti: come si distingue, poniamo, <un coglione da un idiota, uno stupido da un imbecille, un mona da un cretino?>.

Già, come si distingue? Per soddisfare tale cocente assillo, si deve per forza leggere fino all’ultima pagina appunto questo libro di Maurizio Ferraris – “L’imbecillità è una cosa seria” (il Mulino, pag.129, €.12) – che fornisce qualche delucidazione in proposito.

Il primo sussulto arriva subito col primo capitolo dall’inquietante titolo “Imbecillità di massa”. Sì perché, dice l’autore, <il Golem esiste e si chiama, ai giorni nostri, web>. Il Golem, cioè, ai nostri giorni, la massa-robot, quella che, appunto nel web, ha l’opportunità di rovesciare – e ricevere – quantità stratosferiche <di imbecillità>.

E comunque si dà il caso che il genere imbecille sia noto dai tempi antichi – <inizia virtualmente con la stessa ominizzazione> – e si dà il caso che la riflessione sul tema “imbecille” abbia <impegnato le migliori menti dei nostri tempi>. Per esempio Einstein, che non ci lascia scampo: <Ci sono due infiniti: luniverso e la stupidità delluomo, e del primo non sono sicuro».

Va bene, accanto alla imbecillità di massa, c’è “la imbecillità di élite”, caratterizzata da <una imbecillità più rara, più scelta, più acuta – in una parola, più imbecille>. E c’è anche “la imbecillità come fattore politico”; ma non c’è da allarmarsi, dal momento che <in politica la stupidità non è un handicap>, Napoleone dixit…

Non c’è scampo; ci sono dovunque, gli imbecilli. Carlo M. Cipolla, come è noto, ne ha tratto una teoria e una formula matematica, basata sulle famose cinque leggi: 1. gli stupidi danneggiano l’intera società; 2. gli stupidi al potere fanno più danni degli altri; 3. gli stupidi democratici usano le elezioni per mantenere alta la percentuale di stupidi al potere…

E in più il bravo Cipolla ci tiene ad avvertirci che in ogni luogo, tempo, età, categoria, sesso e classe il numero degli stupidi è sempre sottovalutato…

Sembra non ci sia scampo. Anche Lacan toglie ogni speranza: <La psicoanalisi è un rimedio contro l’ignoranza, ma è priva di effetto sulla stupidità>. Ci si resta male. Ci resto male.

Però in un lampo mi viene in mente quello che ci è stato detto, scritto e ripetuto nei secoli e cioè che <Il regno dei cieli sarà dei poveri di spirito>. E in un lampo mi sento consolata, risarcita…

Sarò imbecille?


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