Fidel, oggi e sempre

Fidel, oggi e sempre

di Marta Harnecker

Caro Fidel, non voglio parlare di te, ma piuttosto parlare con te, perché tu sei ancora qui tra noi e lo sarai per sempre.

Mi scuso per il rivolgermi a te in modo informale, ma mi sento così vicino a te che ho bisogno di farlo.
Tu sai che Cuba è la mia seconda patria, un paese che accolse a braccia aperte me e migliaia di miei compatrioti  quando eravamo perseguitati in Cile per aver cercato di costruire una società umanistica della solidarietà ispirata dai tuoi insegnamenti. E si sa che mi è stato data la possibilità di costruire una casa felice nel vostro paese con uno dei tuoi compagni più fedeli.
Fidel, tu sei stato una fonte di incoraggiamento e di ispirazione per i popoli dell’America Latina e del mondo.

La politica come l’arte di rendere possibile l’impossibile

Tu hai sempre capito che la politica non era l’arte del possibile – una visione conservatrice della politica – ma piuttosto l’arte di rendere possibile l’impossibile, non attraverso azioni volontaristiche, ma attraverso la comprensione che la politica è l’arte di costruire una correlazione sociale, politica e militare di forze che ci permette di trasformare le condizioni esistenti di lotta e di rendere possibile in futuro ciò che sembra impossibile nel presente.
Contro il fatalismo che regnava all’interno della sinistra di quell’epoca, hai dimostrato che era possibile sconfiggere un esercito regolare, nonostante la sofisticatezza delle sue armi. Usando la tattica della guerriglia di attaccare il nemico di sorpresa nei suoi punti più deboli, tu effettuasti operazioni vittoriose che indebolirono la sua forza militare e, soprattutto, fiaccarono il suo morale.
Ma la lotta armata, per te, è stato un mezzo e non l’obiettivo. Come Martí, hai creduto che è criminale fomentare una guerra evitabile in un paese, ma è anche criminale non fomentarne una inevitabile.
Il tuo grande merito storico è di essere stato capace di definire con chiarezza il collegamento decisivo che avrebbe permesso di afferrare tutta la catena e, così facendo, dare la vittoria alla rivoluzione; e il collegamento decisivo non era altro che la lotta contro il dittatore Batista e il regime che personificava. Hai visto chiaramente la necessità di unire la più ampia gamma di forze sociali per rovesciare questa tirannia. Non era sufficiente pensare di lavorare solo con i settori rivoluzionari – è stato necessario riunire i settori riformisti e anche quei settori reazionari che avevano minime differenze con il dittatore.
Quello che ammiravi in Martí erano non tanto le gesta che aveva compiuto sul campo di battaglia quanto la gigantesca impresa di unire i cubani per la lotta. Eri convinto che senza questo Cuba sarebbe ancora una colonia spagnola o un satellite degli Stati Uniti.
E per raggiungere questa ampia unità si doveva cedere terreno su questioni programmatiche.
Nel programma di Moncada (16 ottobre 1953) proponesti solo misure “borghesi democratiche”, e anche se avevi avanzato proposte che colpivano gli interessi degli Stati Uniti, non facesti mai una dichiarazione formale antimperialista.
Più tardi, nel Patto della Sierra (12 luglio, 1957), il risultato di un accordo tra i rappresentanti della borghesia e i ribelli nella Sierra, né ‘la partecipazione agli utili delle imprese da parte degli operai, né la condivisione da parte dei contadini del rendimento della canna da zucchero furono menzionate. Non c’era neanche parola sulla confisca di beni illeciti e la nazionalizzazione dell’energia elettrica e dei trust telefonici che, insieme con l’applicazione coerente di una riforma agraria sarebbero diventate di fatto misure antimperialiste – le misure che facevano parte del programma di Moncada. Infine, nel patto di Caracas (20 luglio, 1958), il programma minimo fu ridotto ai suoi elementi essenziali: la punizione per i colpevoli, la difesa dei diritti dei lavoratori, ordine, pace, libertà, rispetto degli impegni internazionali, e il perseguimento del progresso economico, sociale e istituzionale del popolo cubano.
Tuttavia, non hai mai ceduto terreno sulle questioni chiave, quelle che tu pensavi potessero arrestare lo sviluppo del processo rivoluzionario: tu sempre rifiutasti l’intervento straniero nella lotta nazionale così come un colpo di stato militare nazionale; e tu rifiutasti sempre di costruire un fronte che escludesse una qualsiasi delle forze che rappresentavano un settore del popolo.

Unità delle forze rivoluzionarie

Nessuno come te lottò per l’unità delle forze rivoluzionarie e del popolo.Ci hai insegnato che la rivoluzione è una guerra e che per affrontarla in condizioni migliori era meglio avere una leadership unita in grado di dirigere le battaglie, definendo chiaramente il nemico strategico e il nemico immediato, la forma che la lotta deve adottare, la situazione esistente nella quale la lotta ha luogo, e le politiche da seguire per conquistare sempre più sostenitori per lotta contro il nemico immediato.
Ma tu sottolineavi anche che l’ideale è una cosa e la realtà un’altra e che dobbiamo iniziare a lavorare con quello che abbiamo a portata di mano. Tu ci hai insegnato che dobbiamo cercare prima l’unità delle forze rivoluzionarie, e solo dopo aver fatto uno sforzo in questa direzione tu proponevi di perseguire l’unità più ampia. Tuttavia, non eri rigido a questo riguardo: il mancato raggiungimento di questo obiettivo immediatamente non ti ha impedito di avanzare verso l’unità più ampia.
Tu insistevi sul fatto che dobbiamo cominciare da noi stessi impostando obiettivi minimi, non quelli massimi.
Tu sottolineavi che il tentativo di costruire prematuramente unità tra forze rivoluzionarie, quando non ne esistevano le condizioni , porterebbe solo ad una unità formale che cadrebbe a pezzi di fronte a qualsiasi avversario.
Comprendendo la realtà ideologico-politica di Cuba, tu preferivi evitare discussioni teoriche, convinto che l’applicazione di una strategia corretta sarebbe stata più convincente di tante parole.
Un altro punto importante è che tu sei stato in grado di valorizzare correttamente il contributo di tutte le forze rivoluzionarie senza stabilire quote di potere in base al livello di partecipazione al trionfo della rivoluzione o al numero di attivisti nell’organizzazione. Tu hai sempre combattuto contro qualsiasi “complesso di superiorità”.
Tu insistevi sul fatto che la rivoluzione doveva venire prima di qualsiasi cosa che ciascuna delle organizzazioni aveva fatto nel passato, che quello che importava era per tutte le forze lavorare insieme per il futuro, e per questo non hai cercato di rivendicare tutti i meriti per te stesso. Nonostante il fatto che il Movimento del 26 luglio era stato riconosciuto dalla stragrande maggioranza del popolo come l’architetto della vittoria, tu hai messo da parte la bandiera della vostra organizzazione, al fine di innalzare la bandiera della rivoluzione.
Quanto diversa sarebbe l’America Latina oggi se avessimo dato retta al tuo consiglio! Contro il fatalismo degli analisti internazionali di quell’epoca, tu dimostrasti che era possibile iniziare a costruire il socialismo pur essendo così vicino alle coste della più grande potenza imperialista del mondo, e che era possibile resistere alle aggressioni esterne costanti nonostante i loro negativi effetti sulla vita quotidiana del popolo perché prima di tutto era la dignità di un popolo che aveva conquistato il diritto di fare la propria storia.

Un linguaggio appropriato

Caro Fidel, abbiamo anche imparato come si doveva parlare alla gente. Non solo che bisognava farlo con onestà assoluta, ma usando le parole che la gente comune poteva capire.
Ecco perché tu hai pensato, nel mezzo dell’atmosfera maccartista e anticomunista che regnava nel paese e nel mondo, che era assurdo fare dichiarazioni di fede marxista-leninista. Non erano dichiarazioni quello di cui si aveva bisogno; ciò che era necessario era di agire e dimostrare nella pratica la correttezza delle posizioni rivoluzionarie.
Questo è anche il motivo per cui tu credevi che il fattore unificante del Movimento 26 Luglio non avrebbe potuto essere l’ideologia marxista-leninista, che era stata assimilata solo dai quadri più avanzati del movimento; piuttosto doveva essere la lotta contro Batista tramite una nuova via armata, e che questa lotta doveva portare a radicali trasformazioni sociali nella sfera sociale come in quella politica e alla conquista di una vera sovranità nazionale.

Sogni rivoluzionari troncati

Infine, abbiamo imparato da te e dalla rivoluzione cubana che molti dei sogni dei rivoluzionari non possono diventare realtà, non perché non sono idee buone o nobili, non a causa di una mancanza di volontà nei ranghi, ma perché il nemico – allertato dagli obiettivi perseguiti – ci costringe a prendere una strada diversa.
Un buon esempio di questo fu il desiderio iniziale della rivoluzione cubana, una volta terminata la guerra contro Batista – di trasformare le caserme in scuole. Tu non tradisti quel bel ideale. E’ stata l’aggressione costante del governo degli Stati Uniti che obbligò il Paese a rinviare la sua realizzazione, che lo porta a costruire la più potente forza militare in America Latina, in proporzione alla sua popolazione. La direzione della rivoluzione comprese che prepararsi per la guerra era il modo migliore per evitarla.
Ho visto in prima persona – quando ho visitato Cuba a metà degli anni ’60 – come una caserma dell’esercito nella Sierra Maestra era stata trasformata in una scuola. Questo non è stato l’unico ideale che era diventato una realtà tangibile al tempo, come anche in quei primi giorni un’altra grande caratteristica della vostra direzione rivoluzionaria era anche evidente: la solidarietà con tutti i popoli del mondo. Quando i bambini della scuola, che avevano da 10 a 12 anni, scoprirono che io li ero andata in visita dal Cile e che un terremoto aveva recentemente colpito il mio paese, mi dissero che stavano aspettando l’arrivo di un gruppo di bambini cileni per accoglierli a Cuba, mentre le loro case, danneggiate dal sisma, venivano ricostruite. Non dimenticherò mai quella esperienza: era incredibile come bambini così piccoli fossero informati di quanto stava accadendo nei nostri paesi e come era stato suscitato in loro un senso di solidarietà con la sofferenza di altri popoli.
Sono stata anche testimone – anni più tardi- di come in ogni edificio di microbrigada in costruzione a L’Avana, i lavoratori cedevano uno dei suoi appartamenti a una famiglia cilena perseguitata dalla dittatura di Pinochet.
Si tratta di piccole testimonianze di solidarietà internazionale, ma ci sono anche le grandi epopee come il Sud Africa e l’Angola, dove migliaia di cubani lottarono corpo a corpo con i loro fratelli africani per sconfiggere l’oppressione che soffrivano i loro popoli.
Infine voglio dirti in tutta onestà che non sempre ero d’accordo con tutte le misure che hai preso o le idee che hai proposto, ma sono tante di più quelle che ho condiviso che non ho bisogno di soffermarmi su quelle in questo momento.
Fidel spero che condividerai con me l’idea che il modo migliore di renderti omaggio è che ci impegniamo a fare nostre le tue battaglie, a camminare nella tua stessa direzione.
Così non ci sarà più un Fidel, ce ne saranno migliaia, milioni e, il più presto possibile, si apriranno sempre di più i grandi viali attraverso i quali cammineranno uomini e donne liberi costruttori di quel mondo umanista e solidale che tu hai sognato.

Uno sviluppo molto più ampio delle idee di Fidel sul fronte politico e l’unità delle forze rivoluzionarie si trova nel mio libro: La strategia politica di Fidel: Dal Moncada alla vittoria scritto nel 1985.

Fidel Castro - Revolutionary, Politician, Cuba*13.08.1926-adressing- 1960ies

articolo pubblicato su Rebèlion e in inglese sulla Montly Review ZINE

traduzione di Maurizio Acerbo

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