La Vallonia cede, gli StopCeta no

La Vallonia cede, gli StopCeta no

di Monica Di Sisto*

Il trattato. In tutta Europa i comitati sono tornati in piazza e sabato 5 novembre si prevedono iniziative in molte città d’Italia, da Milano a Torino, da Udine a Verona a Roma, dove una delegazione Stop Ttip è stata invitata in Vaticano per partecipare all’incontro del papa con i movimenti sociali

La Vallonia, la regione belga cui risponde la capitale dell’euroburocrazia Bruxelles, dopo aver bloccato per settimane la firma del Ceta, il trattato di liberalizzazione commerciale tra Canada e Europa, e aver fatto saltare il vertice ad hoc previsto per ieri, ha dato il via libera al governo Belga perché permetta alla Commissione europea di procedere. La Vallonia aveva detto di no al Ceta per le stesse ragioni per cui milioni di associazioni, sindacati e cittadini in Europa e Canada vorrebbero fermarlo: l’accordo di liberalizzazione commerciale tra i due Paesi, che dovrebbe portare all’abbattimento di oltre il 97% tra dazi e dogane, ha la stessa struttura e le stesse insidie del Ttip, analogo accordo che l’Europa non riesce a chiudere con gli Stati Uniti a causa dell’ondata di contrarietà e imbarazzanti dettagli emersi grazie al lavoro di controinformazione e pressione delle campagne nate nelle due sponde dell’Atlantico.

Il Ceta, per di più, consentirebbe alle oltre 40mila grandi imprese Usa che hanno consociate in Canada – tra cui giganti dell’agroalimentare come Coca Cola, McDonald, Cargill, ConAgra foods – di ottenere gli stessi privilegi che garantirebbe loro il Ttip: la possibilità di influenzare la formulazione e l’applicazione di regole e standard che limitino i loro profitti e la facoltà di citare i nostri Stati in giudizio, con il meccanismo dell’Investment Court Systemo Ics, se si sentissero danneggiate dalle regole democratiche. Questa possibilità è stata impugnata dallo Stato della Vallonia, che nell’accordo «di resa», ha strappato al governo belga alcune condizioni importanti.

Nel documento, infatti, si legge che la Vallonia chiede al governo belga di valutare l’impatto economico e ambientale dell’applicazione provvisoria del Ceta sul proprio territorio, dal momento in cui il parlamento europeo lo dovesse votare e fino al termine del processo di ratifica da parte di tutti e 27 gli stati membri dell’Unione europea. Chiede anche che il Belgio si rivolga alla Corte di giustizia europea per verificare se l’Ics sia compatibile o no con le normative dell’Unione.

La Vallonia si riserva comunque di tornare a bocciare il Ceta in sede di ratifiche nazionali, e di bloccare così il «si» finale da parte dello stato belga.

Questo documento sarà inviato alla Commissione europea, perché valuti come inserirlo nelle dichiarazioni volontarie che accompagneranno il Ceta e che sono il veicolo per zittire le opposizioni senza riaprire il testo, ma allegandovi dei documenti che, però, non hanno alcun valore legale ne’ reggerebbero mai di fronte a nessuna delle cause commerciali Ics che le imprese potrebbero intentare.

Un pericoloso contentino visto che il Ceta, stando a uno studio dell’americana Tufts University, in cambio di qualche vantaggio in più per un pugno d’esportatori oltre a causare una perdita di oltre 600mila posti di lavoro minaccia regole importanti come quelle a protezione della salute e della sicurezza alimentare. Nel rapporto Butta quella pasta pubblicato dalla Campagna Stop Ttip Italia (www.stop-ttip-italia.net), si punta il dito contro il previsto ulteriore ingresso di grano e di pasta canadesi, carichi di tossine e di residui di diserbante. Le nostre leggi sui limiti alla presenza di tossine nei cereali, infatti, sono stringenti e in Italia, dalla scorsa estate, è vietato irrorare i campi, ma anche i parchi pubblici e i giardini delle scuole con il glifosato, ingrediente chiave del diserbante Roundup, prodotto di punta del colosso agroalimentare Monsanto, dopo che l’Organizzazione mondiale della Sanità l’ha definito cancerogeno. Questo massiccio ingresso di grano d’Oltreoceano, inoltre, deprimerebbe ancora di più i prezzi al produttore, in caduta libera da anni, che fanno sì che siano già oggi a rischio crack 300mila aziende agricole italiane e 2 milioni di ettari di terreno, soprattutto al Sud.

In tutta Europa, però, in attesa che anche il Canada faccia conoscere le sue posizioni ufficiali, la resistenza al trattato continua: ieri i comitati StopTtip/Ceta sono tornati in piazza a Bruxelles, Berlino, fresca di vittoria elettorale delle sinistre, ha votato una mozione contro il Ceta, e sabato 5 novembre si prevedono iniziative in molte città d’Italia, da Milano a Torino, da Udine a Verona a Roma, dove una delegazione Stop Ttip è stata invitata in Vaticano per partecipare all’incontro di papa Francesco con i movimenti sociali. A un attacco alla democrazia e ai diritti al quale, da oltreoceano al Vaticano, in tante e tanti non si vogliono arrendere.

*vicepresidente di Fairwatch e portavoce della campagna Stop Ttip Italia

fonte: il manifesto, 28 ottobre 2016

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