Brasile: le elezioni amministrative nella città di San Paolo

Brasile: le elezioni amministrative nella città di San Paolo

di Lavinia Clara Del Roio

Una corrispondenza dal Brasile post golpe.

Domenica 2 di ottobre 2016 ci sono state le elezioni municipali in Brasile, per eleggere sindaco e “vereadores”, diciamo dei consiglieri comunali.

Una data emblematica, in cui si ricorda (anche se in pochi) il massacro nel carcere paolistano Carandiru del 1992. Con il pretesto di controllare una rivolta, la Polizia Militare dello Stato di San Paolo massacrò 111 uomini (questi i dati ufficiali, ma i sopravvissuti parlano di numeri molto più alti) nudi e disarmati. Pochi giorni fa, prima delle elezioni la magistratura ha assolto i 74 poliziotti coinvolti nel caso, allegando legittima difesa. I difensori dei diritti umani che entrarono nel carcere dopo l´attacco parlano di scenari apocalittici, letteralmente fiumi di sangue che arrivavano alle caviglie. La maggior parte delle ferite da arma da fuoco sui prigionieri era sul viso, testa e torso. Nessuno dei poliziotti uscì ferito dal “confronto”.

La polizia militare di San Paolo e di Rio di Janeiro è tra quelle che più uccide e più viene uccisa al mondo, con un preoccupante indice del 40% di malattie mentali e un´infinita lista di accuse, dalla tortura, allo stupro, al sequestro di cadaveri. Formata ufficialmente durante la Dittatura Militare (1964-1985) ha le sue radici nelle milizie instituite dopo la Legge Aurea che Abolì la schiavitù nel 1888 (l´ultimo paese del mondo occidentale ) create per perseguire gli schiavi liberati.

E così, nel clima post-golpe attuale, siamo andati a votare. I principali candidati a sindaco erano Haddad, l´attuale sindaco, del PT, di sinistra, con una politica che negli ultimi quattro anni ha reso l´enorme metropoli di San Paolo decisamente più vivibile, privilegiando però le zone centrali e la classe media. Durante il suo governo sono stati impiantati diversi chilometri di pista ciclabile, corsie preferenziali per gli autobus, la diminuzione del limite di velocità sulle strade più ampie (tenendo conto che San Paolo ha varie vie di sei, otto corsie), aumento di asili, scuole e ospedali in periferia, anche se in numero assolutamente insufficiente visto l´enorme popolazione della città. Inoltre è stato il primo, dopo anni di disinteresse, ha inserire il programma di assistenza sociale “a braccia aperte” per i dipendenti di crack, in una delle regioni centrali più degradate, la Crackolandia.

Tra i candidati più probabili per disputare il secondo turno con Haddad, che ha avuto preferenze molto basse fino a pochi giorni prima delle elezioni, migliorate dall’intervento di Lula al suo fianco, avevamo Doria (diciamo un Berlusconi locale, ma, fin´ora, meno conosciuto) e Russomano (presentatore televisivo e candidato delle chiese evangeliche pentecostaliste, in fortissima espansione in Brasile). Vale la pena spendere due parole sulla forza dei pentecostalisti in Brasile, importati direttamente dagli Stati Uniti che esercitano una profonda influenza sul paese, sono la faccia più conservatrice e retrograda della religione. Apertamente LGBTfobici, anti-scelta, maschilisti, allertano i fedeli sui pericoli del socialismo e del comunismo, corrottissimi, si arricchiscono a spese dello strato più povero e miserevole della società. Sfortunatamente fanno un lavoro di base capillare, riempendo il vuoto lasciato dalla sinistra e dalla teologia della liberazione cattolica.

Altri candidati erano Erundina, grande speranza della sinistra socialista di opposizione al PT, Marta Suplicy, ricordata com affetto in alcuni punti della periferia per un mandato effettivamente di sinistra, ma sbandata  a lato dei golpisti com una nuova politica poliziesca e Maggiore Olimpio, rappresentante di una classe politica di polizia fascista che ruggisce  contro i diritti umani e che riceve l´appoggio entusiasta di una parte della popolazione in cerca di “sicurezza”.

Anche sapendo del basso appoggio di Haddad da parte della popolazione, pare che nessuno, neanche i giornali e le televisioni reazionarie, si aspettasse il risultato arrivato poche ore dopo la chiusura dei seggi (perché ricordiamo che in Brasile il voto è elettronico e i risultati sono divulgati rapidamente il giorno stesso). Doria ha vinto con uno spaventoso 53% lasciando Haddad indietro al 16%. Solamente in due regioni di San Paolo Doria è stato superato da Marta, vincendo in tutte le altre regioni, raggiungendo un aspettato 70% nei quartieri più ricchi, ma spopolando inaspettatamente in tutta la periferia.
É stato un risultato che ha gettato nello sgomento la sinistra paulistana, obbligandoci ad una profonda autocritica e riflessione sull’accaduto. Sicuramente questo è il riflesso di una tendenza globale, una svolta a destra preoccupante che in Brasile si è materializzata con un odioso e meschino colpo di stato. Il discorso di odio dilaga, si torna a parlare di minaccia comunista e la storia si ripete tristemente, ma più codardamente di 50 anni fa.

Ma nella mia valutazione incolpare  la destra e la nuova avanzata imperialista neo coloniale non è sufficiente a spiegare perché più della metà degli elettori dell´estrema e poverissima periferia di San Paolo ha scelto uno sconosciuto, un fantoccio scelto a dito dalla destra, per rappresentarla.
Sicuramente l’enorme apparato di campagna elettorale messo insieme dal PSDB e da Alckim (attuale governatore dello Stato di San Paolo, rappresentante di uno dei lati più reazionari del Brasile) per eleggere il suo candidato-marionetta è stato fondamentale: per avere un´idea, la spesa della campagna di Doria ha superato le spese di tutti gli altri candidati ed equivale allo stipendio di un sindaco durante i quattro anni di mandato. Un’altra attrattiva che pare aver avuto molto successo (e che fa rabbrividire noi italiani) è lo slogan di non essere un politico, ma un gestore, un lavoratore che è venuto dal basso e si è costruito da solo e che tratterà la res publica non con politica ma con amministrazione. Ovviamente non c´è ombra di verità in questa storia, Doria discende direttamente da padroni di schiavi e le sue proposte di politica pubblica non lasciano dubbi, la risposta è la polizia. Eppure questo dichiararsi “non politico” ha fato leva sulla popolazione, che bombardata incessantemente dalla media pro-golpe (golpe di 64 e del 2016) rifiuta la politica e i politici come fonte di tutti i mali.

Chiaro segno di questo è stato il fatto che quasi la stessa quantità di persone che ha votato il candidato non politico (più di tre milioni) si è astenuta dal votare o dal scegliere un candidato. Doria ha già affermato che colpirà duramente i movimenti di occupazione, lasciando migliaia di persone, madri e bambini, sempre di più alla mercé della polizia, che privatizzerà parchi, stadi, piste ciclabili e ospedali, che estinguerà le segreterie delle donne, LGBT e uguaglianza razziale, ma ne installerà di nuove, come quella per l´associazione pubblico-privata e di internet. Il programma “a braccia aperte” sarà cancellato e sostituito dalle reclusioni, il limite di velocità sulle grandi vie che aveva portato ad una diminuzione di 30% di morti raddoppierà e così via.
Come lezione da questa sconfitta dolorosissima noi di sinistra che ci riconosciamo socialisti e rivoluzionari dobbiamo ammettere che la politica del PT a San Paolo non è riuscita a raggiungere le periferie e la non democratizzazione dei mezzi di comunicazione che sarebbe dovuta succedere durante il governo Dilma è stata in parte causa di questo triste momento di negazione della politica. Tuttavia, indipendentemente dalle scelte che sono venute dall’alto, la sinistra si è rifugiata sempre di più nell’Accademia allontanandosi dal lavoro di base. Che sia chiaro, le periferie si sono ampiamente organizzate negli ultimi anni, gruppi militanti e di movimenti sociali si sono moltiplicati, organizzazioni di donne e di lotta antirazzista sono sempre più presenti, ma evidentemente non sufficienti a coprire la domanda della popolazione. Sono aumentate le lotte identitarie, importantissime, di emancipazione delle donne, della popolazione nera e indigena, degli LGBT, il che si riflette nelle votazioni per “vereadores” (molte donne, anche se la maggioranza non femminista, molti candidati, fondamentali, neri, finalmente donne trans).

Ma non si parla più di rivoluzione e di lotta di classe, il comunismo e la minaccia della perdita della proprietà privata (incentivata dal governo del PT degli ultimi anni, al servizio delle banche e delle grandi imprese di costruzione) sono gli spauracchi usati dalla destra per controllare le masse, sfinite dalle violazioni costanti dei propri diritti umani di base.
Lo scenario attuale che si delinea è inquietante, ma chiaro e non lascia spazio al dubbio. Dobbiamo rinunciare al nostro ego, mettere da parte le differenze e riprendere il lavoro di base in ottica rivoluzionaria dal basso e a sinistra.

lula haddad sao paulo doria


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