Bugie referendarie: se vince il Si bollette più basse

Bugie referendarie: se vince il Si bollette più basse

di COORDINAMENTO NAZIONALE NO TRIV

REFERENDUM. LE BUGIE HANNO LE GAMBE CORTISSIME: SE VINCE IL SI’ BOLLETTE PIU’ BASSE

Quando si sentono certe cose in tv non si può fare a meno di turarsi le orecchie.

Il Comitato Basta un Sì afferma infatti che con la vittoria del Sì le bollette di luce e gas saranno meno salate.

Niente di più falso.

Per capire che è un attentato all’intelligenza degli italiani è sufficiente leggere una per una le voci della bolletta della luce:

1. Spesa per la materia energia

E’ pari a circa il 57% del prezzo finale ed è ciò che paghiamo a fronte di tutte le attività che il venditore svolge per fornirci l’energia elettrica. Non comprende soltanto il costo che il venditore sostiene per l’acquisto dell’energia elettrica che poi ci viene rivenduta ma anche il costo del servizio che assicura l’equilibrio tra tutta l’energia immessa in rete e tutta l’energia prelevata dalle utenze; i costi legati all’attività strettamente commerciale svolta dal venditore, ecc..

2. Spesa trasporto e gestione del contatore

Incide sulla bolletta per poco più del 13%. Comprende gli importi fatturati per le diverse attività che consentono ai venditori di consegnare ai clienti finali l’energia elettrica (fonte: Enel Servizio Elettrico).

3. Spesa per oneri di sistema

E’ pari ad oltre il 16% del prezzo finale. Tutti gli utenti connessi alla rete elettrica pubblica devono farsi carico dei costi relativi ad attività di interesse generale; ad esempio, lo smantellamento delle centrali nucleari, gli incentivi alle rinnovabili, alle fonti assimilate alle rinnovabili, le agevolazioni per le imprese energivore ed al settore ferroviario, ecc..

4. Imposte

Sulla luce consumata tutti i clienti del servizio elettrico pagano le imposte: accise ed Iva. Pesano mediamente per il 14% sul totale finale.

Da quest’anno, poi, in bolletta viene addebitato anche il canone di abbonamento RAI.

Su come vengono fatturati i consumi elettrici dopo la riforma della bolletta (Bolletta 2.0) e su ciascuna di queste voci di costo ci sarebbe tanto da dire; ad esempio, a proposito dei costi dell’inefficienza e degli sprechi del sistema, pagati da famiglie, imprese e pubbliche amministrazioni, che vede protagonista un solo soggetto imprenditoriale (E-Distribuzione) che è padrone per il 90% di tutta la rete; degli ostacoli normativi allo sviluppo di piccole reti elettriche private; degli incentivi alle fonti assimilate alle rinnovabili (es.: agli attuali 40 inceneritori esistenti in Italia ed a quelli che verranno con lo Sblocca Italia, agli impianti che utilizzano gli scarti di lavorazione e/o di processi e a quelli che utilizzano fonti fossili prodotte esclusivamente da giacimenti minori isolati, ecc.).

Lo faremo in altra sede.

Torniamo invece agli slogan ingannevoli del Comitato Basta un Sì.

Dicono che la riforma renderà più facile estrarre gas e petrolio “nostrani”; la materia prima con cui si genera l’energia costerà di meno e quindi -affermano- le bollette saranno più basse.

Si tratta di un falso epico.

Il peso del costo della materia prima ha un’incidenza relativa sulla formazione del prezzo dell’elettricità pagato da famiglie ed imprese.

Se fosse stato come invece dicono quelli del Comitato Basta un Sì, con il prezzo del barile e del gas ai minimi storici, già da un pezzo tutti avremmo dovuto pagare di meno l’energia elettrica.

Inoltre, il prezzo delle materie prime lo fa il mercato e gli idrocarburi estratti in Italia non appartengono a noi italiani (lo Stato) ma a chi lo estrae. E’ il mercato a decidere quanto costano e a cosa servono le materie prime estratte (il petrolio di Tempa Rossa, se ci sarà, andrà all’estero, infatti).

Trasformare il Bel Paese in una groviera servirà ad altri scopi ma di certo non a tagliare la bolletta.

Dicono anche che modernizzando le infrastrutture (reti) ed accelerando i procedimenti di autorizzazione, ponendoli per legge tutti in mano allo Stato, si avranno meno costi nel trasporto dell’energia dai luoghi di produzione fino alle aree in cui l’energia serve alle famiglie ed alle imprese.

La potestà legislativa sulle grandi infrastrutture energetiche, in quanto connesse alle scelte di politica economica nazionale, è già oggi saldamente nella mani dello Stato: la clausola di supremazia già c’è. Non serve riformare la Costituzione per doverla affermare nuovamente.

Noi siamo invece dell’avviso che se avessimo un sistema di generazione distribuita, in cui ciascuno possa autoprodurre ed autoconsumare l’energia che serve, servendosi di piccoli impianti e di piccole reti private dotati di sistemi di accumulo, da affiancare a quella di Enel Distribuzione, allora sì potremmo veramente ottenere un taglio significativo del costo dell’energia per famiglie ed imprese.

Servirebbe anche avere maggiore trasparenza e controllo sui meccanismi di formazione del prezzo finale che pagano famiglie ed imprese: una delle cause del “caro energia” è l’andamento anomalo dei costi per il dispacciamento, cioè delle attività che Terna pone in essere per mantenere in equilibrio l’immissione ed il prelievo dell’energia elettrica.

Questo andamento “anomalo” che va dritto in bolletta, è stato talvolta determinato dalla condotta speculativa di alcuni grossisti sanzionati blandamente dall’Authority.

Oggi purtroppo le scelte del Governo vanno piuttosto nella direzione del rafforzamento dell’oligopolio di un solo Gruppo -che ha forti interessi anche nell’Oil&Gas-, alla faccia della libera concorrenza e del libero mercato di cui tutti parlano ma che nessuno pratica.

La prova provata? Il travaglio senza fine del Ddl Concorrenza, scritto, riscritto, stravolto e finora non approvato in Parlamento non per colpa del Bicameralismo perfetto ma semplicemente perché il Governo non vuole scontentare nessuno prima del Referendum del 4 dicembre.

E allora, di cosa blaterano in tv i portavoce del Sì?

Roma, 8 ottobre 2016

Coordinamento Nazionale No Triv

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