Attacchi aerei, offuscamento e propaganda in Siria

Attacchi aerei, offuscamento e propaganda in Siria

di Patrick Cockburn*

Le incursioni aeree che colpiscono l’obiettivo sbagliato sono sempre state giustificate o negate dai responsabili con una mescolanza di ipocrisia e bugie in quantità. È stato interessante vedere che in Siria, durante l’ultima settimana, questa tradizione di mendacità deliberata non è stata solo perpetuata, ma addirittura surclassata. Gli Stati Uniti hanno cercato di spiegare come era stato possibile uccidere 62 soldati siriani che combattevano l’Isis a Deir Ezzor (città controllata dal governo e posta sotto assedio una settimana fa) e i russi hanno tentato di rinnegare la responsabilità di un attacco aereo contro un convoglio umanitario delle Nazioni Unite che cinque giorni più tardi ha ucciso 20 persone fuori dalla città di Aleppo.

La giustificazione degli ufficiali militari statunitensi è stata eccezionalmente creativa. Come ubbidientemente riportato dalla CNN, hanno detto di ritenere che una probabile ricostruzione fosse quella secondo cui le persone colpite erano prigionieri del regime, forse personale militare detenuto, anche se ciò non è certo.

I primi indizi dimostrano che indossavano abiti civili. Probabilmente non avevano le armi tipiche di un’unità militare siriana ma piuttosto autocarri con le armi montate sopra. Inoltre, non si sa se sono stati collocati lì deliberatamente in modo da poter ingannare la coalizione.

Per chi studia la propaganda di guerra questo è un meraviglioso esempio di insabbiamento. Non è stata prodotta alcuna prova che dimostri questa “probabile ricostruzione” in cui le supposizioni si accumulano una sull’altra. Lo scopo è invece quello di coprire, o di mettere in dubbio, una verità ovvia: qualcuno ha preso una cantonata e ha ordinato un’incursione su una posizione dell’esercito siriano situata vicino all’aeroporto di Deir Ezzor da tempo. Questa sorta di cortina fumogena non è destinata a durare a lungo, ma a mitigare le critiche durante i giorni immediatamente successivi, quelli in cui l’avvenimento è ancora all’ordine del giorno nei media. Dopodiché, qualche settimana o addirittura qualche mese più tardi, ci può essere una riluttante ammissione della verità, o di una parte di essa, quando riceverà a malapena una menzione alla fine dei notiziari o sarà relegata alla pagina 24 dei giornali. Un vecchio adagio delle pubbliche relazioni dice che il modo migliore in cui il colpevole di un disastro può evitare danni per se stesso è “non raccontare nessuna storia all’inizio per poi raccontarne una vecchia”. Funziona ancora.

La giustificazione russa per l’attacco contro il convoglio di aiuti umanitari delle Nazioni Unite il 19 settembre decisamente merita anch’essa di essere studiata come esempio dell’arte del propagandista. È importante rendere la tua giustificazione dettagliata e interessante perché competerà con una realtà che, com’è naturale in guerra, sarà torbida e confusa. L’agenzia di stampa russa Tass ha citato un anziano ufficiale russo secondo cui “l’analisi delle registrazioni video realizzate ieri dai droni sul percorso del convoglio umanitario attraverso il territorio di Aleppo controllato dai militanti ha rivelato nuovi dettagli. Nel video si vede chiaramente che un pick-up dei terroristi con a rimorchio un mortaio di grosso calibro si muove accanto al convoglio”.

Questa era davvero buona. Insinuare che ci fosse un comprensibile motivo di credere che si stava attaccando un obiettivo legittimo,  nonostante si dovesse riconoscere che il mortaio di grosso calibro era in qualche modo sparito prima dell’attacco. Ma i russi hanno commesso l’errore di produrre troppe storie scagionatorie nello stesso momento, dichiarando che non c’erano aerei russi o siriani nella zona. Ma in tal caso, perché proporre la storia dell’obiettivo legittimo? Altre giustificazioni dei russi affermavano che non c’era stato alcun attacco e che, nel caso in cui ci fosse stato, sarebbe stato eseguito dagli jihadisti e che, comunque, l’attacco è partito da terra e non dal cielo.

Il punto cruciale è non lasciare alcun vuoto di informazione quando un avvenimento è al top nei notiziari perché quel vuoto verrà riempito dai tuoi nemici (se ora ha ottenuto una vasta attenzione dai media potrebbe essere meglio ignorarlo perché la sua contestazione potrebbe servire solo a far sì che la storia continui a essere raccontata). Non importa se ciò che si sta declamando non ha senso perché deve soltanto resistere per due o tre giorni e probabilmente anche meno (la notizia dell’attacco contro il convoglio di aiuti dell’ONU è stata rapidamente superata dalle rivolte a Charlotte, in North Carolina). Un vantaggio per i propagandisti consiste nel fatto che inventare una bugia è semplice, mentre confutarla in maniera convincente può richiedere molto più tempo e molti più sforzi.

La verità è che le incursioni aeree falliscono regolarmente nel colpire l’obiettivo stabilito, sebbene di rado con conseguenze così palesemente disastrose come la scorsa settimana. L’aeronautica militare mette in evidenza che con le bombe intelligenti può colpire gli obiettivi con una precisione molto maggiore rispetto al passato, ma raramente sottolinea che l’individuazione degli obiettivi è basata su un’intelligence che potrebbe essere imperfetta o essere interpretata male.

Quest’intelligence è nella maggior parte dei casi quella delle forze di terra locali. La RAF afferma che la ragione per cui ha effettuato solo 65 attacchi aerei in Siria negli ultimi nove mesi a fronte dei 550 in Iraq sta nel fatto che non dispone di alleati sul terreno in Siria, mentre in Iraq ha l’esercito iracheno e i peshmerga kurdi.

Gli errori commessi durante i bombardamenti hanno diverse caratteristiche in comune in tutte le guerre recenti. Nel 1991, mi recai al rifugio a Baghdad, su cui qualche tempo prima gli americani avevano sganciato due bombe intelligenti che avevano incenerito 400 persone, per la maggior parte donne e bambini. Gli Stati Uniti avevano ipotizzato fosse un centro di comando basandosi su segnali radio e informatori locali. L’affidabilità di queste spie può essere giudicata dai numerosi e disastrosi tentativi, basati sulle informazioni da loro fornite, di uccidere Saddam Hussein e i suoi maggiori luogotenenti che si rivelarono essere per niente vicini al rifugio in quel periodo.

Nel 2009 ho raccontato di un attacco aereo in tre villaggi della provincia di Farah nel sud-ovest dell’Afghanistan, che aveva ucciso 147 abitanti. Era iniziato durante un combattimento tra la locale polizia afghana e i talebani, in cui la polizia aveva avuto la peggio. Tre dei loro veicoli erano stati distrutti. Poiché erano spaventati (e forse come atto di vendetta) i poliziotti, anche se avrebbero dovuto avere bisogno un ufficiale delle forze speciali statunitensi per autorizzare questo, avevano richiesto degli attacchi aerei che hanno distrutto i muri di mattoni di fango degli edifici e lasciato crateri profondi 20 piedi. La prima giustificazione degli Stati Uniti per ciò che era accaduto, ripetuta dal ministro della difesa statunitense Robert Gates, era che erano gli stessi talebani i responsabili.

Nonostante la profondità dei crateri e la totale distruzione seminata nei villaggi, gli ufficiali americani a Kabul affermarono che i tabelani, furiosi per la mancanza di sostegno a livello locale, erano andati di casa in casa lanciando granate. Era ovviamente una bugia, ma come a Deir Ezzor e ad Aleppo la scorsa settimana, è servita allo scopo di nascondere quel che era accaduto per qualche giorno. 

 

* Patrick Cockburn è autore del libro L’ascesa dello Stato islamico e uno dei più autorevoli analisti della situazione in Siria e Iraq. L’articolo che vi proponiamo è stato pubblicato su Counterpunch il 23 settembre scorso.

traduzione di Angelica Bufano brigata traduttori

air-force-airstrike


Sostieni il Partito con una



 
Appuntamenti

PRIVACY







o tramite bonifico sul cc intestato al PRC-SE al seguente IBAN: IT74E0501803200000011715208 presso Banca Etica.