Brasile: riflessioni dopo il colpo di Stato

Brasile: riflessioni dopo il colpo di Stato

di Walter Sorrentino, vicepresidente del Partito Comunista del Brasile (PCdoB) *

Due fatti augurali nella nuovissima congiuntura. Uno è la manifestazione di domenica 4 settembre nella Avenida Paulista a San Paolo, la seconda per dimensione dell’inizio della lotta contro il golpe. Una moltitudine di gioventù lavoratrice e studentesca, molti della periferia, lavoratori sindacalisti e segmenti medi progressisiti, età media.

Si è imposto in modo deciso la parola d’ordine (elezioni) Dirette subito, per dare sbocco politico alla lotta Fuori Temer e alla sua agenda regressiva. Si risentiva il superamento della polemica che ha diviso parte della sinistra, al riguardo del Plebiscito proposto da qualche tempo da diverse forze, inclusa Dilma Rousseff.

Altro fatto augurale è stato precedente: sei centrali sindacali stabiliscono unità di azione per la lotta contro la rifroma della previdenza e della legislazione sindacale. Se ci sarà impegno per una “agenda di fabbriche” e non solo un’ agenda di manifestazioni di strada, con un lavoro pedagogico di ascolto e dibattito con i lavoratori, un possibile sciopero generale si inserisce fra le bandiere di lotta.

Questo mostra ancora una vota che, nella teoria e nella pratica politica [...] non ci sono vittorie irreversibili, né sconfitte definitive. Non vi è azione senza reazione.

Sidice che un forte tratto politico del Brasile è questo: evolve per cicli che si esauriscono con rapidità storica e ci portano, da decenni, al vecchio crocicchio del paese. Siamo di nuovo al crocicchio radicalizzato di agenda per il paese.

La sconfitta che abbiamo sofferto è certamente strategica. Senza dubbio, si chiude un ciclo aperto nel 2002. Il nostro progetto vittorioso in quattro elezioni presidenziali consecutive è entrato in crisi, perché, nonostante le conquiste, si sono manifestati limiti strategici e diversi errori di conduzione politica. Nella correlazione di forze data abbiamo perso appoggio politico e sociale in grado di sostenere e portare avanti il progetto nazionale. La resistenza democratica e progressista è certamente un attivo politico che abbiamo raggiunto, ma una volta di più la sinistra ha agito senza unità tattica. Certamente esaminare tutto ciò criticamente è una delle missioni per una nuova tattica congruente con la situazione data.

Le classi conservatrici dominanti pretendono che si sia anche esaurito il ciclo della Costituzione democratica del 1988, la Nuova Repubblica, che loro vogliono seppellire. La loro agenda infatti non “entra” in questa Costituzione e, anche per questo, essa rimane come guida della tattica di lotta al golpismo e all’arretramento. La loro è un’ agenda che non è stata approvata nelle urne, fatta di arretramenti, antinazionale antipopolare – destatalizzazione, denazionalizzazione, abbandono sociale, con una uscita dalla crisi economica attarverso la distruzione delle forze produttive, in particolare del lavoro e dell’occupazione. Il ruolo dello Stato nazionale nella promozione dello sviluppo è da loro condannato, con cambiamenti costituzionali che ne ingessano la funzione per i prossimi 20 anni! Tale agenda è addiritura fuori dai modelli di risposta alla crisi capitalista mondiale, un’ austerità che approfondisce la crisi. Preserva i guadagni della rendita delle forze dominanti interne ed esterne, e allinea il paese nella controcorrente destinata a contrastare la tendeza alla multipolarità nelle relazioni internazionali.

E peggio: ciò fu ottenuto con un golpe contro la democrazia, un colpo di Stato di nuovo tipo. Una cicatrice profonda che rimarrà nella vita politica nazionale. Una volta di più la democrazia è colpita dalle calssi dominanti, crudeli e sagaci, attraverso la mobilitazione dell’apparato poltico, impresariale, giudiziario e mediatico e sfruttando l’appoggio di massa di una classe media intollerante e radicalizzata.

Il governo Temer fonda la propria forza sulla corporazione politica, non nella società. È essenzialmente contraddittorio e il suo indirizzo è oggetto di disputa politica. Disputa di forze nella stesso PMDB, disputa con la vecchia opposizione tucana (PSDB), dispute per il 2018. [...]

In una visione d’insieme, operiamo in un quadro di crisi capitalista potente – che non trova uscite progressiste – con conseguente controffensiva di chiaro segno capitalista-imperialista, soprattutto in America Latina. Siamo quindi in una difesa strategica. Con la deposione golpista di Dilma, si consolida il fatto che siamo anche stati messi in una difensiva tattica.

Resistere, preservare conquiste e forze, combattere gli arretramenti è essenza della tattica difensiva. Unire forze e sfuttare le contraddizoni sta al centro di tale tattica. In questo momento, una nuova tattica si impone. Il suo fuoco è chiaro: contro l’agenda ultraliberista, Fuori Temer, Dirette subito e per la riforma politica; eventualmente lo sciopero generale contro l’agenda antipopolare della previdenze e delle relazioni di lavoro sono le sue parole d’ordine.

Nonostante vi sia una chiara tendenza predominante in direzione di un nuovo ciclo conservatore, più o meno prolungato, il paese rimane in competizione fino al 2018. Per la sinistra politica e sociale si pone la questione di come disputare per le forze progressiste e democratiche, unirle e mobilitarle, per non isolarsi, non considerarsi autosufficienti in quanto sinistra, non cedere al sinistrismo volontarista, preservando sempre le relazioni politiche e istituzionali come scenario di lotta.

Al di là della resistenza, una tattica deve offrire prospettive politiche alla lotta del popolo brasiliano, sotto forma di parole d’ordine e mobilitazione che non si limitino alle elezioni del 2018.

Insieme a ciò sarà necessario il coraggioso esame critico e autocritico dell’esperienza degli ultimi 14 anni e anche prima, ciò che occuperà buona parte degli sforzi della sinistra e delle forze progressiste. Più importante è di imparare dagli errori. Compendere, come asse verticale, perché sia mancato un progetto nazionale e una strategia nazionale maturi, teoricamente e praticamente; ciò ci ha relegati nell’assenza di una autentica agenda di Stato durante l’ esperienza di questi 14 anni, consonante ai compiti di aprire la strada all’affermazione nazionale e al rafforzamento della democrazia, assenza che è sfociata in un repubblicanesimo liberale. E ancora si sono manifestati i limiti dell’ egemonismo come pratica politica, tipico di un progetto di potere partitico, che ha intralciato il raggiungimento dei fronti e delle alleanze necessarie a sostenre il progetto nazionale sovrano, democratico, popolare e di integrazione regionale sud americana, sotto direzione veramente frontista.

In questo dibattito si presenterà la questione di come procedere per riconfigurare la sinistra progressista barsiliana, sulla base del nuovo approccio pragmatico per la ripresa del progetto nazionale, popolare e democratico nelle attuali condizioni, e anche organizzativo, nel senso di una formazione di alleanze di ampia unione di forze, possibilmente di carattere tattico e strategico. L’ idea di un partito àncora per la sinistra non basta, sebbene il PT forte e chiaroveggente sia indispensabile. Il paese richiede una tale formazione politica, composta di diversità e pluralità, ma con identità programmatica e cultura,le così come ha avuto enorme richiamo a suo tempo, nel 1935, la Alleanza Nazionale Liberatrice.

Solo così si possono integrare le forze della sinistra politica e sociale, con forze e personalità progressiste del mondo culturale e intellettuale, la forza della gioventù e delle donne e anche costituire un richiamo per tutti coloro che partecipano alle manifestazioni, che sono in ascesa, di tipo orizzontale, senza il segno della struttura istituzionalizzata dei movimenti sociali e degli altri partiti politici. Infine, una formazione politica in grado di competere politicamente e culturalmente con la società, il senso comune della maggioranza della popolazione, traducendo gli aneliti reali della massa lavoratrice in un progetto politico capace di attirarla in un nuovo cammino di lotta democratica e progresssita.

In questa direzione vi è la proposta della formazione di un blocco di affinità progressista con le bandiere della sinistra, in grado di riunire programmaticamente tali forze, attivata dalla sinistra politica e sociale; eventualmente ad esso si potrà dare una dimensione elettorale, se necessario, come alternativa alla rifroma politica che porterà arretramenti democratici al sistema politico-partitico.

La sinistra brasiliana è sempre stata molto inventiva, e le sfide che si presentano in tale direzioni possono realmente essere affrontate. Si deve in questo senso imparare la lezione delle situazioni durature di governi di sinistra nel mondo i quali si basano sulla stategia di fronte, come nel caso dell’Uruguai con il Frente Amplio e dell’Africa del Sud con il Congresso Nazionale Africano, per non menzionare altri casi del passato recente, come il Frente Sandinista o il Frente Farabundo Marti e attualmente come in Nepal e, in altre circostanze, in India.

Il PCdB ha agito con coerenza, coraggio e determinazione nella lotta contro il golpe. Ha accumulato prestigio e autorità per la resistenza. Ma vuole soprattutto continuare affermando la propria identità politica e dare prospettiva alla lotta dei brasiliani. Senza dubbio questo richiederà ancora più contenuto strategico-programmatico, tipico del PCdB, incentrato sul Nuovo Progetto Nazionale di Sviluppo con le caratteristiche già ricordate. È con base in esso che si ampiano forze per la resistenza e l’alternativa progressista nel paese. Una tattica e una strategia politica che propone anche di considerare la presentazione di nomi di dirigenze comuniste per il rinnovamento della sinistra e la competizione presidenziale del 2018, concorrendo con le speranze di livello più maturo e unitario di lotta per la democrazia, per l’affermazione nazionale e i progresso sociali.

* Walter Sorrentino, paolistano, è medico. Membro del Comitato Centrale dal 1988, ex segretario di organizzazione del PCdB (2002-2015), eletto vice presidente del Partito nella 10a Conferenza (maggio 2015).

(Traduzione di Teresa Isenburg)

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