Brasile: il golpe avanza in Senato, la resistenza democratica continuerà

Brasile: il golpe avanza in Senato, la resistenza democratica continuerà

di Luciana Santos, Presidente del Partito Comunista del Brasile

Mentre la società brasiliana accompagna con orgoglio la realizzazione delle Olimpiadi a Rio de Janeiro – conquista dei governi Lula e Dilma – una maggioranza del Senato Federale ha dato seguito alla marcia del colpo di Stato, instaurando formalmente, all’alba del 10 agosto, il processo della presidente della Repubblica. Una decisione a margine dello Stato Democratico di Diritto, dato che, come è risultato evidente in tutto lo sviluppo di questa scalata reazionaria, la presidente eletta Dilma Rousseff non ha commesso nessun crimine di responsabilità.

Questa votazione squaderna una volta di più il carattere meramente politico della decisione di allontanare la presidente eletta Dilma Russeff. La relazione del senatore Antonio Anastasia si è rivelata una frode fenomenale, un atto di accusa fragile, in cui non si trova uno straccio di base giuridica che giustifichi l’impeachment della presidente. Il senatore tucano (PMDB) semplicemente ha messo da parte gli argomenti della difesa, ha ignorato le deposizioni di decine e decine di testimoni che hanno  scagionato Dilma dalle accuse che le sono state rivolte ed è addirittura passato sopra un parere tecnico dello stesso Senato che, a tutte lettere, dice che le allegate “pedalate fiscali” non configurano crimine di responsabilità.

La relazione fraudolenta di Anastasia ignora anche la presa di posizione del Pubblico Ministero Federale di Brasilia che ha deciso per l’archiviazione del processo contro Dilma intendendo che la presidente non ha violato alcuna legge per quanto concerne il bilancio pubblico. Come ha messo in evidenza la senatrice Vanessa Grazziotin – che si è distinta fra i senatori e le senatrici che, con coraggio, lottano contro il golpe – delle accuse imputate alla presidente, sono rimasti solo tre decreti di crediti supplementari che, oltre a non essere caratterizzati come crimine, sono stati firmati dai presidenti della Repubblica che hanno preceduto la presidente Dilma, compreso il vice, usurpatore della poltrona presidenziale, Michel Temer. E contro di loro non vi è alcun rilievo giuridico. Quindi, si evidenza l’uso arbitrario di due pesi e due misure.

Fretta per giudicare una presidente onesta, lentezza per votare il processo di Cunha

Il vice  presidente Michel Temer, che occupa temporaneamente la presidenza della Repubblica, fa pressione sul Senato per tagliare i tempi ed accelerare l’impeachment. Contemporaneamente egli e la sua truppa di assalto nel Congresso agiscono per ritardare la cessazione del mandato dell’ex presidente della Camera Eduardo Cunha, per timore di eventuali ricatti che possano compromettere il governo interino e pregiudicare l’approvazione dell’impeachment. Cioè tessono un golpe per togliere dal potere una presidente onesta, mentre proteggono un politico che porta sulle spalle un carico pesante di crimini di corruzione.

In questa settimana, la fretta di consumare il golpe e il modus operandi di coprire i corrotti sono diventati ancora più rivelatori quando sono affiorate gravi denunce che coinvolgono direttamente in casi di tangenti milionarie il vicepresidente Michel Temer e due dei suoi principali ministri, José Serra e Eliseu Padilha. E’ bene ricordare che, nel caso Temer sia confermato alla presidenza, la Polizia Federale automaticamente risulta impedita a portare avanti le indagini sulle denunce contro di lui.

L’agenda repressiva del golpe

Prendere d’assalto il potere e coprire corrotti sono le motivazioni personali dei principali soggetti coinvolti nella trama golpista, ma l’obiettivo centrale del golpe comprende un altro elemento più strategico per la destra e la grande finanza: ciò che loro interessa in modo essenziale è annichilire il progetto politico che, negli ultimi dodici anni, ha incentivato  un consistente processo di riduzione delle diseguaglianze sociali, promozione dei diritti e affermazione della sovranità del paese. Pianificano un vero e proprio ritorno al passato. Nel breve periodo di quasi tre mesi, il governo interino ha esposto la sua agenda regressiva, neoliberista e antipopolare. Tutto quello che i golpisti hanno fatto fino ad ora e minacciano di fare più avanti, indica il più virulento attacco all’impalcatura delle conquiste assicurate ai lavoratori e ai più poveri a partire dalla Costituzione del 1988. Addirittura i diritti garantiti dalla CLT (Testo unico delle leggi sul lavoro) del 1943 sono nel mirino. I golpisti minacciano anche una riforma della previdenza machiavellica e crudele che può rendere impossibile la pensione  per la maggioranza dei lavoratori.

A fianco di queste misure disastrose il paese avrà i suoi servizi pubblici, soprattutto nell’area della salute e della educazione, indebiliti dalla PEC (Proposta de emenda costitucional) 241, difesa dal duo Temer/Meirelles, che comprometterà gli investimenti pubblici per almeno due decadi, colpendo senza eccezione tutte le politiche sociali. Oltre a ciò, il PLP (Progetto di legge) 257/16, che tratta la rinegoziazione del debito degli stati, insieme alla PEC 241 significheranno una soggiogante distruzione della macchina pubblica .

E lo smantellamento dello Stato, come recita il manuale neoliberista dei golpisti, passerà anche per l’approfondimento delle privatizzazioni e la consegna di ricchezze strategiche come il pré-sal a multinazionali straniere.

Allo stesso tempo, il paese si confronta con la scalata autoritaria del governo interino che minaccia non solo la democrazia ma anche la libertà e i diritti essenziali dei cittadini. La persecuzione e la repressione dei movimenti sociali, la censura delle proteste Fora Temer alle Olimpiadi, la minaccia di cassare il registro elettorale dei partiti di sinistra –come ha fatto recentemente  il ministro del Supremo Tribunale Federale Gilmar Mendes contro il PT – sono dimostrazioni mastodontiche di brutalità antidemocratica che si affaccia  dietro al golpe. A ciò si somma una già annunciata riforma politica che cercherà di mutilare la democrazia restringendo il pluralismo politico e partitico.

Alzare alta la bandiera del plebiscito, rafforzare e ampliare le mobilitazioni

L’avvicinarsi della fase finale dell’impeachment, unita a tutte queste minacce di arretramento, impone alle forze democratiche e progressiste l’urgenza di reagire con vigore  nelle strade, in parlamento e in tutti i luoghi in cui si possa denunciare e smascherare la marcia golpista.

La bandiera del plebiscito per la convocazione di nuove elezioni dirette presidenziali è, in questo momento, uno strumento che mobilita e indica per ampi settori della società che la scalata golpista può essere bloccata e che l’unico cammino per riunificare il paese e rimetterlo sulla strada dello sviluppo passa necessariamente attraverso la consultazione popolare,  la sovranità del voto diretto e mai attraverso la violenza di un colpo di Stato.

Questa bandiera è già stata condivisa dalla presidente Dilma, è abbracciata da giuristi, avvocati, movimenti sociali, parlamentari e, secondo diversi sondaggi, è l’uscita dall’attuale crisi accettata dalla maggior parte del popolo brasiliano.

Le mobilitazioni devono essere rivolte al Senato Federale: ogni senatore e ogni senatrice dovrà essere persuaso, avvicinato, allertato sul fatto che la consumazione del golpe aggraverà solo la crisi nel paese e che non vi è soluzione al di fuori della democrazia.

Che i golpisti non si inebrino! La lotta continuerà, indipendentemente dal risultato del processo, fino al completo ripristino della democrazia. In Brasile, alla fine la democrazia vince sempre e i suoi boia sono giudicati duramente dalla storia e dal popolo.

Brasilia, 10 agosto 2016

Deputata federale Luciana Santos

Presidente del Partito Comunista del Brasile – PCdB

(Traduzione di Teresa Isenburg)

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