Caso Marlane Marzotto. L’operaio: “Morivamo come mosche”

Caso Marlane Marzotto. L’operaio: “Morivamo come mosche”

Luigi Pacchiano operaio della Marlane Marzotto di Praia a Mare, i cui dirigenti e responsabili sono sotto processo, ha descritto  le condizioni di lavoro all’interno della fabbrica nel corso della sua deposizione. La mattina la battuta ricorrente tra gli operai era  ”Oggi nebbia in val padana“, perchè appena entravano nella fabbrica racconta l’operaio  ”non si vedeva a due metri di distanza tanto era il fumo che veniva sprigionato dalle vasche e dai pozzi dove venivano immerse le lane. Gli aspiratori non funzionavano e nell’aria stagnavano le puzze e le polveri che si sprigionavano dai telai pregne di acidi e di amianto”.  Gli operai lavoravano senza mascherina, guanti o tute. “Appena arrivavano i bidoni con i coloranti la prima cosa che si faceva era togliere le etichette con il teschio ed i segnali di pericolo” afferma Pacchiano. La mistura si faceva con delle bacchette di legno ed a mano e si gettava tutto nelle vasche. “I veleni venivano da lì e tutti li respiravamo, perché la tintoria non stava in un reparto a se stante, ma nello stesso stabilimento diventato un unico reparto, mettendo tutti gli operai a rischio” ricorda l’operaio. Gli operai morivano come mosche e i dirigenti, quando spariva un operaio dicevano che si era licenziato. Troppi operai deceduti, lasciati morire da soli, confortati solo dalle proprie famiglie. Pacchiano parla di firme di licenziamento fatte fare sul letto di morte, di mancate visite mediche “Sarebbero bastati controlli seri e la messa in atto di misure cautelative sulla salute per salvare decine e decine di vite umane, ma a Marzotto interessava solo la produzione ed interessava solo che la fabbrica fabbricasse danaro, capitale, investimenti, produzione. Perché la fabbrica funzionava, gli operai sapevano fare bene il proprio lavoro. Il resto ai padroni non importava. Se un operaio moriva lo si sostituiva con un altro” afferma amaramente Luigi Pacchiano, parlando dell‘unica misura precauzionale presa dai dirigenti della fabbrica: far bere agli operai un litro di latte al giorno .

La dirigenza voleva risparmiare anche sui rifiuti prodotti dalla fabbrica e cominciò a seppellirli all’interno della fabbrica stessa. In un’intervista video Francesco De Palma, operaio della Marlane, deceduto da pochi mesi, riferisce tutti i particolari di come avvenivano i sotterramenti e fa anche i nomi di chi gli ordinava di farli. Quei veleni sono ancora lì e solo in parte ritrovati, in quanto a detta di De Palma tutta l’area della fabbrica era stata interessata ai sotterramenti, anche quell’area dove dopo sono stati costruiti alcuni capannoni. Questa intervista è depositata presso il Tribunale di Paola con richiesta di essere acquisita agli atti.

http://www.net1news.org


Sostieni il Partito con una



 
Appuntamenti

PRIVACY







o tramite bonifico sul cc intestato al PRC-SE al seguente IBAN: IT74E0501803200000011715208 presso Banca Etica.