
L’antiliberismo non è monoteistico
Pubblicato il 16 feb 2016
di Giovanni Russo Spena
Sintesi della relazione al convegno “Sinistra, in Europa la fanno plurale” tenutosi a Roma sabato 13 febbraio (trovate qui la registrazione di tutti gli interventi).
Associarsi contro il capitale, la cosiddetta forma/partito, è un tema classico, non meramente organizzatorio, del movimento operaio. Classico e drammatico, per le profonde fratture che ha generato all’interno del movimento comunista, non solo quello “eretico” ma quello “ufficiale”. Tralascio l’analisi delle teorie novecentesche (che pure sarebbero attuali, dalla “democrazia di investitura” di Schumpeter alla “democrazia parlamentare” di Kelsen). Mi interessa dialogare su un punto: può, oggi, un partito a struttura tradizionale, con una propensione centralizzata, oligarchica, sostanzialmente politicista, riunificare, nella società, ciò che il liberismo ha diviso?
Anticipo la mia risposta: credo, invece, a percorsi costituenti, la cui forma valorizzi le autonomie culturali, politiche, sociali.
E’ dell’oggi che parliamo: cittadini senza politica,politica senza cittadini. “E’ un errore cercare la base reale della propria agitazione non negli elementi concreti del movimento delle classi, bensì di voler prescrivere al tale movimento il suo corso in base ad una certa ricetta dottrinale”. Così scriveva Marx in polemica con le “sette socialiste”. I pensieri politici (e le forme della politica) sono figli del conflitto. L’affermazione di Marx è certamente dettata anche dal 1848, l’anno delle rivolte popolari in Europa La soggettività è collegata alla sua capacità di associare ed esprimere conflitto ,con articolati processi di autoemancipazione collettiva. Il partito, insomma, evita la deriva oligarchica se si socializza nelle pratiche. La ricostruzione dello spazio pubblico nasce, oggi, solo da una fitta rete conflittuale. Nessuno si salverà da solo. E’ tempo dell’organizzazione orizzontale. Altrimenti la politica muore (è, infatti, se nulla cambia, già morta); e si generano identità popolari aclassiste , terreno di coltura di conflitti nazionalistici, interetnici,
Luciano Gallino ha scritto di”cattura cognitiva” perché dinanzi ai grandi stravolgimenti epocali il divario destra/sinistra non esiste più. Non esiste più anche perché soffocato dentro la cosiddetta “democrazia governante” maggioritaria. Nel revival truffaldino della “fine delle ideologie” ,le uniche ideologie rimaste in campo sono il “pilota automatico” di Draghi e l’attacco di J.P.Morgan e della nuova Commissione Trilaterale alla Costituzione nata dalla Resistenza, ritenuta “bolscevica”. I populismi congiunti della Presidenza del Consiglio (il più pericoloso perchè il populismo del potere è già regime) e di una opposizione aclassista e giustizialista hanno rimosso dalla politica perfino i “corpi”, i bisogni, i desideri dei soggetti sociali in carne ed ossa. Sennet, in una splendida narrazione, partendo dalla resistenza popolare contro il capitale, del suo associarsi, della formazione delle leghe bracciantili, delle casse di resistenza e solidarietà, ci ricorda che, di fronte ad una classe frantumata, che stenta a riconoscere se stessa, occorre ricostruire, con pazienza, perfino le componenti rituali dello stare insieme. Penso alle “case del popolo” contemporanee, alle “camere del lavoro territoriali”, alle pratiche autogestite .Credo che perfino l’esperienza “comunitaria” di Sanders (il Vermont contro Wall Street) e l’esperienza antiblairiana di Corbyn alludano a tentativi di ricercare purchessia una rappresentanza per lo meno antiliberista. Del resto, un Marx dimenticato scriveva che la molteplicità è “l’eterna produzione di differenze”, ricostruzione dell’”individuo sociale”.
Non sto illustrando, quindi, una deriva meramente movimentista; tutt’altro; il tema è la richiesta di una forma “altra” di espressione della società politica, laboratorio di forme nuove di democrazia organizzata che nascano dalle sperimentazioni sociali. Pino Ferraris,che ho amato molto, in un convegno a Roma poche settimane prima della morte ci diceva: “mettere in luce il volto sociale della politica è tanto più urgente in quanto, in tutta Europa, si sta realizzando quello che Katz chiama il salto da uno Stato di partiti ad un sistema cartellizzato di partiti di Stato”. Occorre proporre a movimenti, associazioni,
Tutte le esperienze (pur tra loro così diverse) della Sinistra Europea sono, per noi, che siamo più indietro, elemento di riflessione. Personalmente ritengo che quella più interessante, nel suo complesso divenire, per quello che ci può insegnare, sia Barcelona en comù, per la sua composizione plurale, la ricerca di una soggettività che vada oltre i partiti pur tenendoli dentro, il ruolo di movimenti (come quelli del diritto all’abitare, da cui proviene la stessa Ada Colau), il rapporto tra soggetto e inedita rappresentanza istituzionale. Così come andrebbero analizzati i “fronti ampi” latinoamericani anche per il tentativo di una dialettica tra marxismo/indigenismo/
Processi decisionali realmente partecipati, che fondano i luoghi di una costruzione policentrica e plurale, prospettiva di una società futura conflittuale, liberata ,
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