Da Cochabamba, verso COP21 a Parigi, passando per Roma

Da Cochabamba, verso COP21 a Parigi, passando per Roma

di Anna Camposampiero -

 

Nonostante i tragici fatti degli ultimi giorni, il summit COP21 a Parigi, il cui inizio è previsto per il prossimo 30 novembre, appare confermato. Vengono invece vietate le manifestazioni di piazza. Ma le mobilitazioni non si fermano.

Vale allora la pena pubblicare un paio di riflessioni sui percorsi che i movimenti sociali, e non solo, stanno organizzando per far sentire la propria voce durante il vertice di Parigi.

Facendo un piccolo passo indietro, andiamo a Tiquipaya, a pochi chilometri da Cochabamba, in Bolivia.

Qui si è tenuta, dal 10 al 12 ottobre, la seconda Conferenza Mondiale dei Popoli sul Cambiamento Climatico e i Diritti della Madre Terra (la prima era stata fatta nel 2010 prima dell’allora vertice Onu di Cancùn).

L’iniziativa è stata fortemente voluta dal governo di Evo Morales, che vi ha investito anche in termini di relazioni diplomatiche con la presenza di personalità politiche e sociali di rilievo: dal presidente dell’Ecuador Rafael Correa, a quello del Venezuela, Nicolas Maduro e al cancelliere di Cuba, Bruno Rodriguez, fino al segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki-Moon che ha partecipato alla cerimonia di apertura, citando la trilogia andina “ama suwa, ama lulla, ama q’illa” in Quechua (non rubare, non mentire, non essere pigro). Molte le promesse di Ban Ki-Moon, come molte le promesse del Ministro degli Esteri francese, Laurent Fabius, anch’egli presente.

Forse troppe rispetto ai risultati dei precedenti vertici Onu sul cambiamento climatico…

Presenti anche esponenti dei movimenti o figure di riferimento per la difesa dei diritti, come l’argentino Adolfo Perez Esquivel, premio Nobel per la Pace.

Per la seconda volta quindi, Tiquipaya ha visto la partecipazione di delegazioni da tutto il mondo, anche se con prevalenza numerica dal continente latinoamericano, e di tutte le tipologie: dai campesinos ai capi di Stato. In totale 6.000 partecipanti, provenienti da 59 paesi. Più di 800 tra movimenti sociali e internazionali hanno dato l’adesione.

Tra essi anche una delegazione italiana, composta da Anna Camposampiero (Partito della Rifondazione Comunista), Marco Benevento (Unione Sindacale di Base-USB); Mirko Busto (deputato del Movimento 5 Stelle, membro della Commissione ambiente, territorio e lavori pubblici), Matteo Ponzano (giornalista de ‘Il Fatto Quotidiano’); Marzia Rosti (Università degli Studi di Milano); e Chiara Scardozzi (Università “La Sapienza” di Roma). Nell’agenda di Morales anche incontri bilaterali, e tra questi anche con una parte della delegazione di cui sopra e in quell’occasione gli è stata donata la bandiera del Partito della Rifondazione Comunista.

A Tiquipaya, per due giorni i partecipanti hanno animato 13 gruppi di lavoro, incentrati sui vari aspetti che ruotano attorno al tema del cambiamento climatico, ma con il focus sulle (ovvie) responsabilità del modello capitalista e neoliberista. Lo stesso Morales ha definito il capitalismo un cancro a cui occorre trovare la cura, e non possono essere i cosiddetti paesi in via di sviluppo a doverne pagare il prezzo, a fronte dell’inquinamento generato invece dai paesi industrializzati. Questo è stato alla fine il grande tema della Conferenza. Tra i 13 gruppi di lavoro quello più innovativo era dedicato alla rinnovata richiesta di istituire un Tribunale Internazionale per la Giustizia Climatica, che affronti anche il dolente tema del debito ambientale, sociale ed ecologico che viene rivendicato da chi è stato sfruttato, depredato e inquinato per secoli a vantaggio della ricchezza di altri.

Da tutto questo lavoro è emerso un documento ricco che verrà portato alla Conferenza di Parigi, COP21.

Tra i vari punti, oltre alla richiesta dell’istituzione del Tribunale Internazionale per la Giustizia Climatica e il riconoscimento del debito ambientale, sociale ed ecologico di cui sopra, troviamo il rafforzamento del concetto del Vivir Bien, alternativo al capitalismo, e il riconoscimento universale dei diritti della Madre Terra, la Pacha Mama (il testo integrale della dichiarazione si trova su http://www.jallalla.bo/).

A dirla tutta è dagli anni 70 che si cerca di trovare un modo per limitare i danni che le multinazionali (braccio “armato” dei paesi industrializzati) generano nei paesi in cui operano e contestualmente trovare anche un modo per definire e applicare sanzioni quando vengono violati i diritti umani. Alla Conferenza di Tiquipaya si mettono sul piatto anche i diritti della Madre Terra, e non è cosa da poco. Rendere la Madre Terra un soggetto portatore di diritti è un salto di mentalità a cui noi occidentali non siamo minimamente preparati.

La richiesta del Tribunale assume rilevanza anche perché a farla non sono solo movimenti sociali. A onor del vero esiste una campagna internazionale che avanza la stessa richiesta da tempo, e spesso inascoltata, di cui si può dare un’occhiata sul sito http://www.stopcorporateimpunity.org, ma l’elemento politico di rilevanza è il fatto che oggi la richiesta venga avanzata da uno Stato, e appoggiata da altri.

All’atto di chiusura la presa di posizione pubblica è stata condivisa: presenti Maduro, Correa, Rodriguez, e altre figure di rilievo. Un fronte politico comune che porterà la stessa istanza alla COP21.

Al di là dell’eterno dilemma del rapporto tra movimenti e governi, è indubbio che una presa di posizione governativa di questo tipo possa (ce lo auguriamo) incidere sui negoziati di Parigi, che, minati dal clima di guerra in cui siamo piombati, rischiano di essere più fallimentari di quello che già si temeva.

A Parigi le manifestazioni sono state vietate, dicevamo in apertura, ma si terranno il People Climate Summit e il Villaggio Globale delle Alternative a Montreiul (5-6 dicembre), e la Climate Action Zone al Centquatre (dal 7 all’11 dicembre).

Sarà importante esserci. Ma soprattutto sarà importante rilanciare la volontà dei movimenti di far sentire la propria voce, la voce dei molti rispetto ai pochi, e animare mobilitazioni in tutta Europa.

In Italia ci sarà la manifestazione a Roma il 29 novembre, insieme a tante altre piazze del mondo per la Marcia Globale per il Clima.

Scendere in piazza oggi in difesa della Madre Terra è la migliore risposta anche all’escalation di guerra, l’altra faccia del capitalismo selvaggio che depreda, uccide, consuma.

#ClimateMarch #Parigi #29N

Nella foto: da sinistra: Luis Arce Catacora, (Ministro dell’ Economia),Juan Ramon Quintana (Ministro della  Presidenza), EVO MORALES Presidente dello Stato Plurinazionale della Bolivia, Anna Camposampiero (Segreteria Federazione PRC di Milano)

 


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