L’UE getta a mare la Convenzione di Ginevra, la protesta del GUE/NGL

L’UE getta a mare la Convenzione di Ginevra, la protesta del GUE/NGL

«I governi dell’Unione Europea, sono improntati a concordare oggi, 8 ottobre, per accelerare il rimpatrio degli “immigrati illegali” presenti, fra le centinaia di migliaia di persone che non sono riuscite ad ottenere l’asilo. Gli stessi governi, cercano di far fronte ad un aumento dei profughi dalla Siria, devastata dalla guerra. Il consiglio dei Ministri dell’Interno, riuniti a Lussemburgo, dovrebbero concordare, fra le altre cose, le risorse per sostenere la detenzione di chi potrebbe tentare la fuga prima di essere espulso ed esercitare maggiori pressioni sugli Stati poveri africani e di altri continenti, anche attraverso stanziamenti destinati agli aiuti, per far loro accettare il ritorno dei cittadini a cui è stato rifiutato l’ingresso in Europa».

Questo in sintesi il malvagio epilogo che attende tantissimi profughi presenti nel nostro continente.

L’Europa campione di ipocrisia sembra avere scelto e quello che abbiamo riportato su segnalazione di Statewatch è il progetto di conclusione che ci si appresta a varare, con la sola strenua opposizione parlamentare del GUE-NGL.

In pratica, dopo aver mostrato il volto buono e accogliente con i profughi provenienti dalla Siria, un paese già devastato da anni dal conflitto che ha radici molto complesse in cui la Nato e gli Usa hanno giocato un ruolo chiave, ora ci si prepara ai provvedimenti punitivi verso chi ha la “sfortuna” di provenire da paesi che non sono ancora ufficialmente sotto bombardamento.

Tante le ragioni addotte o meno, dalla necessità di contentare le destre, estreme e liberali presenti nei singoli paesi, alla assenza di volontà di mutare le strategie di politica estera, fino a quella che è una vera e propria scelta di esclusione condivisa tanto dai singoli Stati quanto dalle forze politiche di centro destra e di centro sinistra. Ma in cosa concernono queste scelte? In pratica nel fare carta straccia della Convenzione di Ginevra, piegandola alle meschinità del presente, alla difesa inutile della fortezza Europa.

Esisteranno profughi per ora garantiti, coloro che arrivano dalla Siria o persone selezionate individualmente che potranno avere accesso a forme di protezione anche se provenienti da altri paesi, donne, minori ma su base puramente discrezionale. Per gli altri? Il piano elaborato dal Consiglio dei Ministri, come anticipato dall’autorevole Times già il 6 ottobre, prevede l’espulsione di centinaia di migliaia di persone che non avranno il diritto a restare in Europa. C’è chi parla di 400 mila persone, ma si tratta di un calcolo puramente ipotetico, basato sul fatto che circa il 60%, 70% di chi arriva va rimandato indietro, basandosi sui numeri attuali. Si tratta di una misura anche tecnicamente complicata. L’intenzione è quella di potenziare l’agenzia FRONTEX per provvedere ai rimpatri, di fatto, collettivi e quindi contrari ai principi della Convenzione del 1951. Contemporaneamente verranno destinate risorse per realizzare centri di detenzione con cui impedire alle persone da espellere di darsi alla macchia, ufficialmente per identificare ogni singola situazione, nella realtà per concentrare. Centri che verranno realizzati nei Paesi dell’Europa Meridionale, non solo in Italia e, soprattutto, in quelli dove con il Processo di Khartoum, si riterrà “sicuro per il rispetto dei diritti umani” fermare le persone. Il Niger, la Turchia, dove prosegue il massacro dei kurdi, e probabilmente anche Sudan e Mali. Questa parte del progetto è ancora da definire e molto dipenderà da come evolveranno le fasi belliche che si preparano da qui a poche settimane. E non ci sono ritrosie ad ammetterlo, il premier francese Hollande, a seguito dell’incontro già avuto con la sua omologa tedesca Angela Merkel è stato chiaro parlando di “integrazione differenziata”. Sì differenziata, come se si parlasse di rifiuti da gettare. Probabilmente, al di là delle discussioni che proseguiranno nelle commissioni, avranno molta rilevanza le decisioni che si prenderanno a Malta, a La Valletta, con la Conferenza Internazionale con i Paesi Terzi, in cui verrà definita la lista dei “Paesi terzi sicuri” in cui poter espellere.

Intanto in Italia e Grecia dovrebbero entrare in funzione gli Hot Spot che teoricamente dovrebbero servire a dividere i richiedenti asilo dai migranti economici (distinzione quanto mai labile) ma che in realtà molto probabilmente diventeranno CIE per rifugiati in attesa di veder compiuto il proprio lungo iter o di vedersi diniegata la domanda di asilo. Facile prevedere che le stesse commissioni incaricate di esaminare le richieste restringeranno i criteri per garantire anche la sola protezione internazionale.

Già oggi, in queste ore, prima ancora che le decisioni vengano ufficialmente prese, accade che chi arriva nei porti siciliani riceva un provvedimento di respingimento. Di fatto è considerato “clandestino”, trova accoglienza in maniera difforme, riempie già le stazioni. Uomini, donne e minori che presto si riverseranno nelle città del Centro e del Nord Italia e la cui presenza servirà a giustificare politiche inutili di repressione e reclusione. Purtroppo non sono supposizioni dettate dall’emozione.

Le indiscrezioni danno infatti un quadro raggelante. Si pensa di poter rimandare le persone in Eritrea, dove è in piedi una delle più feroci dittature del pianeta ma anche nella Repubblica Democratica del Congo dove sono ripresi, totalmente dimenticati, gli scontri fra forze rivali, in Gambia e in Nigeria, forse persino in Afghanistan. I profughi diniegati giustamente faranno il possibile per sfuggire ad un rimpatrio che segnerebbe la loro fine.

I deputati GUE/NGL hanno denunciato come deplorevoli il progetto di conclusione del Consiglio sul rimpatrio.

Hanno ripetutamente chiesto al Consiglio dell’UE di far fronte alle proprie responsabilità individuando una risposta umanitaria all’arrivo anche di donne e bambini in cerca di protezione in Europa.

I parlamentari sono entrati nel merito delle minacce che il Consiglio d’Europa ha fatto a quei paesi che intendono rifiutarsi di riprendere i propri cittadini. La Commissione Europea avrà sei mesi di tempo per individuare soluzioni su misura per giungere a riammissioni più “efficaci” con i paesi terzi.

In caso di rifiuto, il Consiglio si ripropone di ritirare aiuti, di non attuare accordi commerciali o sui visti di ingresso. Sanzioni insomma, che saranno certamente accompagnate da misure premiali per quei paesi che invece riprenderanno rapidamente coloro che sono fuggiti, un ricatto vigliacco soprattutto verso i profughi. Sarà il Consiglio stesso a promuovere la costruzione di centri di detenzione nei paesi terzi colpiti dalla pressione migratoria, “fino a quando non sia possibile il ritorno nei paesi di origine”.
La prospettiva è utilizzare questi centri come luoghi di rapido rimpatrio per chi non sia qualificato per la protezione internazionale, o sia inammissibile in paesi terzi sicuri.

La Commissione si è già mossa in questa direzione, decidendo di utilizzare i fondi dell’Unione per aprire sei centri di accoglienza per rifugiati in Turchia, che attualmente fronteggia forti tensioni nella regione circostante. Fra gli interventi da segnalare quello della parlamentare francese Marie –Christine Vergiat (Front de Gauche) che ha espresso grave preoccupazione per la richiesta del Consiglio di implementare l’articolo 13 dell’accordo di Cotonou relativo all’obbligo di riammettere i cittadini di paesi aderenti all’accordo, quando sappiamo che molti di questi paesi sono aree di guerra e di crisi dalle quali i rifugiati sono attualmente in fuga. «Queste conclusioni, se adottate così come sono, costituirebbero una violazione dell’articolo 263 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea, poiché produrrebbero effetti giuridici nei confronti di paesi terzi – ha commentato Barbara Spinelli -Il Parlamento potrebbe portarle alla Corte per violazione di un requisito procedurale essenziale e dei Trattati – ha poi aggiunto -in quanto il Parlamento stesso non verrebbe coinvolto, in ambiti di propria competenza, in decisioni vincolanti per terzi». A proposito degli Hot Spot menzionati nel progetto di conclusioni del Consiglio, ha dichiarato che: «rischiano di intrappolare chi chiede protezione e di trasformarsi in centri di detenzione per i richiedenti asilo». «Se adottato, questo progetto di conclusioni equivarrebbe all’abolizione della Convenzione di Ginevra e, di fatto, alla fine del sistema di protezione internazionale per i rifugiati, come stabilito dopo la Seconda guerra mondiale», ha aggiunto Cornelia Ernst, (Die Linke). Sono, ripetiamo quelle del GUE/NGL le uniche voci levatesi per impedire questo scempio. Un segnale a chi ancora considera i Socialisti Europei diversi dai loro colleghi del centro destra.

Stefano Galieni

 


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