Profughi: Europa chiusa per fallimento

Profughi: Europa chiusa per fallimento

di Stefano Galieni -

La riunione recente del Consiglio dei ministri dell’Interno U.E. fotografa in pieno il livello di difficoltà, di contraddizioni e di inadeguatezza con cui un continente intero si sta ponendo di fronte alla gravissima crisi umanitaria che sta portando centinaia di migliaia di persone alla fuga dai Paesi in guerra. Proviamo a evidenziarne in sintesi alcuni aspetti.

Doveva essere ampliato, seppur in maniera insufficiente, il numero di persone a cui trovare una condizione di accoglienza diffusa nei 28 Stati membri. Egoismi nazionali, incapacità di esercitare le necessarie pressioni, hanno fatto si che questa decisione venga rimandata ad ottobre. Nel frattempo la Germania e l’Austria stanno facendo entrare profughi siriani ma innalzando i controlli alle frontiere e obbligando Italia e Grecia a dotarsi di strumenti per rendere più facile il rimpatrio di coloro non ritenuto degno di protezione.

Questi strumenti si chiamano hot spot, sono già da oggi immediatamente attivi in Sicilia (Lampedusa, Porto Empedocle, Augusta, Pozzallo, Trapani) altri ne potrebbero essere aperti a Taranto e a Crotone, secondo indiscrezioni e rappresentano una merce di scambio.  Se infatti alcuni paesi europei accetteranno i profughi sbarcati in Italia e Grecia con gli Hot Spot, si intende selezionare in origine coloro che hanno diritto a protezione umanitaria (provenienti da zone di guerra conclamata) da coloro che sono definiti, volenti o nolenti, “migranti per ragioni economiche” e che verranno rimpatriati mediante fondi europei. Saranno strutture che, per coloro ai quali non verrà immediatamente riconosciuto il diritto alla protezione o all’asilo o per chi sussiste un discrezionale “pericolo di fuga”, assumeranno carattere detentivo. Veri e propri CIE per profughi, in cui si resterà rinchiusi fino all’esito di eventuale ricorso al diniego o fino al rimpatrio coatto sin dal 30 settembre prossimo, come da Gazzetta ufficiale. E a decidere il destino di chi arriva saranno i funzionari di Frontex, (l’agenzia europea che si occupa del controllo delle frontiere) e dell’Easo, (Ufficio Europeo di Sostegno all’Asilo), di Europol (l’Ufficio europeo di polizia) e Eurojust (Agenzia per coordinare il contrasto alle attività “criminali” fra paesi, che svolgeranno funzioni di “tutoraggio”. Permane il dubbio che mentre, in base alla Costituzione italiana, coloro che rischiano di subire violenze o limitazioni personali in patria non possono essere espulsi, per il funzionamento di questi centri varrà il criterio generale che determina le condizioni di sicurezza in un Paese. Ad esempio oggi paesi come l’Afghanistan, la Turchia, l’Egitto, l’Iraq e la Nigeria sono considerati paesi “sicuri”. Non contano gli attentati quotidiani che avvengono in questi paesi, non conta cosa significa oggi essere kurdo in Turchia o oppositore politico negli altri paesi. Avremo comunque a breve questi nuovi centri di detenzione, costosi, inutili, forieri di sofferenze e in cui, in base a quanto dichiarato anche dal Commissario europeo all’Immigrazione, Dimitris Avramopoulos, potranno essere prese le impronte anche con la forza, fin dai 14 anni di età.

Su questi temi, quelli di carattere repressivo, l’Europa è perfettamente unita e coesa, così come scarse e formali sono le critiche emerse alle scelte operate dai singoli governi che realizzano tanto frontiere verso l’esterno quanto all’interno dell’ “area Schengen”. Le scene che ormai si ripetono senza sosta, in Ungheria, dove con una legge fascista votata d’urgenza è possibile arrestare i profughi, dove si praticano pestaggi di massa e si ergono muri di fili spinati verso il confine serbo, in Repubblica Ceca, dove si marchiano le persone, in Macedonia dove le forze dell’ordine si accaniscono con violenza, ai confini fra Turchia e Grecia, dove si lascia morire chi arriva in mare, spesso minori, dove l’esercito turco si occupa soprattutto di attaccare le popolazioni kurde, dove le risorse greche non sembrano in grado di gestire la situazione. Ma nella repressione selezionata tutti gli Stati sembrano d’accordo. La Germania può decidere che il Regolamento Dublino non si applichi per i siriani, garantendo uno spazio di salvezza a centinaia di migliaia di persone, i cittadini tedeschi gareggiano in solidarietà e accoglienza, così come i governi, austriaco, serbo e croato aprono le loro frontiere per permettere loro il transito offrendo mezzi. Ma poi le barriere si rialzano ai confini con l’Italia, con la Francia, con la Gran Bretagna, con la Danimarca. In Germania e verso il Nord Europa passano (ed è un bene) i cittadini siriani, per gli altri resta il limbo, in attesa degli hot spot e non solo.

Il Consiglio dei ministri dell’Interno ha anche infatti deciso che, l’Operazione Eunavfor Med, (Operazione Militare dell’U.E. nel Mediterraneo centro – meridionale) segni una mezza battuta d’arresto. Terminata infatti quella che era la prima fase (monitoraggio e individuazione delle “reti di immigrazione”attraverso la raccolta di informazioni e il pattugliamento in alto mare, nel rispetto delle convenzioni internazionali) bisognava passare alla fase 2. Questa prevede di poter effettuare fermi, ispezioni, sequestri e dirottamenti in altro mare di imbarcazioni sospettate di essere usate per il traffico e la tratta di esseri umani. Ispezioni che dovrebbero poter essere effettuate anche nelle acque territoriali e interne da cui potrebbero partire le imbarcazioni. Di fatto questa fase non può ancora partire. Occorre una risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell’Onu perché gli Stati in cui potrebbero essere effettuate tali operazioni considererebbero questi, atti di guerra. Ma occorrono anche più mezzi di quelli finora messi a disposizione: la portaerei italiana Cavour è già in azione e sarà ammiraglia di tale flotta (anche il comando è italiano) ma altri Paesi ancora non hanno garantito i supporti previsti. In pratica per ora, in attesa dell’Onu, si potranno intercettare e distruggere le imbarcazioni (si spera dopo aver tratto in salvo i migranti) solo in acque internazionali. Ad ottobre si dovrebbe passare alla fase 3 che prevede operazioni militari anche nei porti di partenza. Impossibile non considerare questi atti di guerra. Già, le operazioni di guerra spacciate per lotta ai trafficanti in Libia e per missioni umanitarie in Siria, sono ormai alle porte e trasformeranno l’area mediterranea ancor più in una polveriera. Ovvio che chi può cerchi di scappare in questi pochi giorni in cui ancora non partono i caccia, ovvio che, soprattutto le persone più vulnerabili, tentino ogni strada per trovare una via di fuga. Ma l’Unione Europea, tanto solerte e unita nello strangolare la Grecia, colpevole di non voler obbedire ai diktat finanziari, resta ignara e divisa di fronte alla sorte di centinaia di migliaia di persone. Un continente di 509 milioni di persone rifiuta di ospitare circa 120 mila profughi, un decimo di quelli che oggi vivono nel piccolo Libano, grande meno dell’Abruzzo. L’ennesima dimostrazione che l’Unione Europea liberista e guerrafondaia è, in quanto tale, irriformabile.

Stefano Galieni


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