Relazione di Paolo Ferrero alla Direzione Nazionale dell’8 marzo 2015

Relazione di Paolo Ferrero alla Direzione Nazionale dell’8 marzo 2015

Innanzitutto vi propongo un minuto di Silenzio per la compagna Patrizia Granchelli, che faceva parte di questa Direzione Nazionale ed è venuta a mancare improvvisamente nei giorni scorsi. Tutti noi la ricordiamo con affetto per la sua passione politica, per il suo stare dalla parte dei lavoratori e delle lavoratrici, fino in fondo. Compagna appassionata, sognava e lottava per un avvenire e un mondo giusto tra eguali. La sua scomparsa ci colpisce e addolora tutta la comunità del nostro partito e con queste poche parole voglio rivolgere in particolare un pensiero al compagno Giuseppe, alla figlia Helena e a tutti i famigliari.

In secondo luogo auguro buon 8 marzo a tutte le compagne della Direzione, anche se capisco che una riunione a Roma di domenica non sia il modo migliore di festeggiare.

GRECIA

Entrando nel merito della fase politica voglio sottolineare come il punto fondamentale di questa fase sia la vicenda greca e continuerà ad esserlo anche nei prossimi mesi. Il governo greco rappresenta il punto più avanzato della lotta contro il neoliberismo e le politiche di austerità e il braccio di ferro che si gioca sulla Grecia ha quindi una valenza generale per tutti i popoli europei che vogliono rovesciare lo stato di cose presente.

Non a caso contro il governo greco è in corso una campagna stampa internazionale che ha avuto in queste settimane il seguente andamento: nei primi giorni tutti si sono impossessati del successo di Tsipras, dopo alcuni giorni sono passati a dire che i greci erano dei pazzi irresponsabili e adesso, dopo il primo accordo, stanno dipingendo il governo greco come uno sconfitto che ha perso e non ha attenuto nulla. La logica di questa campagna di stampa che vediamo bene sui giornali italiani ma è identica su tutti i principali giornali europei, è la distruzione di Syriza e la riaffermazione che non vi è alternativa alle politiche neoliberiste. La proposta politica di Syriza, di costruire una Europa diversa da quella liberista a trazione tedesca viene aggredita a fondo perché tutti i neoliberisti che governano l’Europa e i vari paesi sanno bene che è l’alternativa di classe auspicabile e possibile e quindi più pericolosa per loro. I poteri forti europei hanno eletto a loro opposizione gli antieuropeisti liberisti come Salvini che vogliono uscire dall’Euro ma confermare le politiche neoliberiste.

In questo contesto io credo che il compromesso raggiunto non sia per nulla risolutivo ma rappresenti il risultato che i greci potevano ottenere e che apre possibilità di sviluppo. I greci hanno ottenuto tempo, hanno ottenuto una riduzione dell’avanzo primario a cui sono obbligati – e quindi un po’ di soldi – ed hanno ottenuto di poter rivedere il modo in cui raggiungere i vincoli di bilancio: non è la stessa cosa tagliare la spesa sanitaria di un miliardo o aumentare le tasse ai ricchi per un miliardo. I greci sono quindi riusciti a avere quel minimo di margini che gli permette di “girare la macchina” e di cominciare in questi mesi a fare un percorso diverso da quello sin qui seguito. Del resto non era pensabile che il governo potesse realizzare il proprio programma in 15 giorni così come abbiamo sempre detto che la lotta contro il neoliberismo si basava su due gambe: l’utilizzo della residua forza degli stati nazionali, praticando la disobbedienza attiva alle cattive norme europee e la costruzione di un movimento antiliberista di massa su base europea. I greci, che rappresentano 11 milioni di 334 milioni di cittadini europei e che guidano un paese che produce il 2% del PIL complessivo europeo e hanno ereditato un paese con la bilancia commerciale in passivo ed un debito cresciuto enormemente grazie alle folli politiche di austerità, non potevano fare altro.

Il problema per un gruppo dirigente, non è di fare i commentatori di cosa fanno i greci ma è di chiarire bene cosa facciamo noi. Infatti è evidente che la gamba che manca è quella della costruzione di un movimento antiliberista su scala europea, che apra un problema politico e sociale, che rompa l’isolamento del governo greco.

Non siamo chiamati a dare i voti a Syriza ma a costruire, qui in Italia , una consapevolezza popolare della posta in gioco e una azione di lotta conseguente.

A tal fine ho chiesto ed ottenuto che sabato prossimo si tenga ad Atene un vertice straordinario dei segretari dei partiti della Sinistra Europea per decidere un piano di iniziative comuni.

Così com’è importante l’assemblea del 31 marzo sul debito, promossa da l’Altra Europa e da tutte le forze di sinistra, a cui parteciperanno i compagni greci.

Noi dobbiamo costruire una campagna di massa nel paese, fatta di assemblee e di iniziative di informazione, che evidenzi con chiarezza che le richieste greche non sono contro gli altri paesi ma contro gli speculatori, dobbiamo chiarire bene che lo scontro in corso non è uno scontro tra nazioni ma uno scontro di classe in cui le proposte del governo greco sono l’unica strada per dare uno sbocco agli interessi e alla domanda di giustizia di tutte le classi lavoratrici europee. Dobbiamo fare una campagna di sensibilizzazione per preparare il terreno ad iniziative di lotta e mobilitazione che pongano il problema alla Cgil di dare una continuità di lotta allo sciopero generale: se non ora quando?

IL GOVERNO

Il governo Renzi procede nell’azione delle riforme strutturali che sono il vero obiettivo delle politiche di austerità: l’austerità serve a distruggere il welfare e ad obbligare gli stati a distruggere democrazia e diritti dei lavoratori in cambio di un po’ di ossigeno. Monti ha fatto la prima parte del lavoro, adesso Renzi lo sta completando: JOBS Act, controriforme istituzionali, privatizzazioni, demolizione della scuola pubblica, controllo governativo sulla RAI, ecc.

Questa azione determina una fibrillazione del PD con una grande sofferenza della sua minoranza interna che si incontrerà il 21 pv. Va detto che mentre alcune forze hanno maturato positivamente la necessità di costruire una alternativa al PD e alla sua linea politica, parte consistente del gruppo dirigente della minoranza pare incapace di dare uno sbocco politico al crescente malessere, ad esercitare una vera azione di direzione politica. In questo contesto seguiamo il travaglio interno al PD e riteniamo che la soluzione politica di questa situazione sia una sola: la rottura del PD e la costruzione di un  soggetto politico di sinistra antiliberista alternativo al PD e alle sue politiche.

LA LEGA NORD

In queste settimane l’azione di promozione di Salvini messa in atto a reti unificate sta cominciando a dare i suoi frutti. La manifestazione di Roma con i fascisti di Casapound e la sua elezione da parte del governo a “opposizione ufficiale”, hanno dato a Salvini un posto centrale nella ricostruzione di un finto bipolarismo a uso e consumo del teatrino politico che va in onda sul piano mediatico.

Con ogni evidenza Renzi ha scelto Salvini come proprio competitor – e i giornali che sostengono il governo hanno dato il loro contributo – per almeno due ragioni, una tattica e una strategica. La ragione tattica è l’obiettivo di dividere il centro destra in questo momento di crisi del collante berlusconiano. La ragione strategica è la scelta delle classi dominanti a livello europeo di eleggere ad opposizione riconosciuta  la destra nazionalista.

Questo avviene sia perché le destre nazionaliste sono in larga parte neoliberiste e cioè l’altra faccia della medaglia delle destre tecnocratiche ed europeiste.

In secondo luogo perché la messa al centro della contraddizione nazionale permette di nascondere la contraddizione di classe che è il vero problema. Con la contraddizione di classe viene ovviamente occultata anche la sinistra e la sua proposta dell’Europa dei popoli contrapposta all’Europa dei capitali.

Il motivo di fondo è che le classi dominanti, incapaci ad individuare una via di uscita dalla crisi strutturale del capitale, ritengono meno pericolosa per la difesa dei loro interessi una destra neoliberista, razzista e xenofoba, che difficilmente è in grado di ottenere la maggioranza parlamentare, che non una sinistra antiliberista che con la sua proposta universalista prova a sviluppare in avanti le contraddizioni del sistema.

Mentre negli anni del secondo dopoguerra le classi dominanti occidentali hanno scelto la strada del riformismo borghese, tentando una integrazione del movimento operaio nello sviluppo neocapitalistico e quindi un confronto conflittuale con le organizzazioni del movimento operaio, le classi dominanti europee scelgono oggi una strada regressiva di confronto conflittuale con le destre populiste e xenofobe. Rovesciano lo schema perché le destre populiste non mettono in discussione il neoliberismo, la centralità assorbente dell’impresa e risolvono l’atomizzazione sociale propria del neoliberismo all’interno della riproposizione di comunità organiche chiuse. Si tratta di un modello sociale compatibile con la crisi della globalizzazione e la sottolineatura forsennata del tema della competitività. In fondo le destre razziste non propongono altro che una estremizzazione delle politiche già oggi messe in campo dalle elites dominanti. In questa drammatica riproduzione di uno sorta di Weimar al rallentatore vediamo così l’Europa produrre politiche di austerità (come fece il governo tedesco tra il 1929 e il 1932) in totale controtendenza rispetto a quanto accade in tutto il resto del mondo, Usa compresi.

Il motivo fondamentale del consenso alla destra razzista è il tema dell’insicurezza: La Lega Nord si presenta come il paladino della sicurezza del cittadino atomizzato e spaventato costruendo un universo di capri espiatori contro cui scaricare le proprie paure (l’immigrato, lo zingaro, il ladro, l’Unione Europea) e proponendo una immaginaria comunità (territorial – nazionale) in cui tutti sarebbero sicuri e tra simili.

E’ per certi  versi la riproposizione del teorema del complotto giudaico massonico e della “heimat”, ma è anche del tutto omologa a quanto sostiene il Tea Party negli USA: una forma di estremismo liberista localista e razzista.

COME SI COMBATTE LA LEGA?

A fronte della nascita di questa destra fascistoide, occorre interrogarsi su quale sia la strada più efficace per combatterla.

Se è vero che la Lega si nutre dell’insicurezza personale e sociale ed del tutte evidente che la Lega è il frutto bastardo delle politiche neoliberiste che queste insicurezze alimentano e allargano a dismisura. E’ quindi del tutto evidente che l’unica strada per ridurre il consenso alla Lega è quello di rispondere al problema dell’insicurezza sociale da sinistra, attraverso la proposizione di politiche antiliberiste e la costruzione di un mutualismo sociale che rompa solitudini e disperazione. La strada per combattere efficacemente la Lega è quindi la costruzione di un efficace schieramento antiliberista che si candidi a costruire l’alternativa sociale e di governo. Un Fronte popolare antiliberista ampio, che sappia dialogare anche con chi non è di sinistra – penso a larga parte del cattolicesimo sociale – per combattere le politiche di austerità e ricostruire sicurezza sociale.

Da questo punto di vista è l’idea di realizzare alleanze con coloro che le politiche neoliberiste le stanno praticando e gestendo è semplicemente privo di ogni logica. Allearsi con il PD – che non solo pratica politiche neoliberiste ma che sta smontando la costituzione repubblicana – in nome della difesa della democrazia, spianerebbe definitivamente la strada alla Lega. Allearsi con i liberisti per combattere gli effetti devastanti del liberismo è semplicemente una contraddizione in termini priva di ogni prospettiva. Questo è certamente vero a livello nazionale ma lo è sempre di più anche sui territori: solo politiche chiaramente in rotta di collisione con le politiche di austerità del governo possono giustificare alleanze locali.

L’UNITA’ DELLA SINISTRA

In questo contesto le relazioni a sinistra in vista di un processo unitario hanno fatto significativi passi in avanti. In primo luogo l’assemblea di Bologna dell’Altra Europa è stata un momento significativo e il documento “siamo ad un bivio” – su cui vanno raccolte adesioni in un lavoro esterno e di massa – rappresenta una buona base di partenza per un processo unitario. In secondo luogo sono cominciate relazioni con le altre forze della sinistra e con aree interne al PD in merito alla costruzione di un percorso unitario a sinistra.

Il percorso unitario a sinistra trova oltre alle volontà soggettive in campo, quattro grandi elementi oggettivi che determinano una situazione nuova e positiva.

In primo luogo, lo sciopero generale contro il governo, pur non avendo avuto l’adeguata continuità, ha rappresentato un punto di rottura non sanabile tra CGIL e PD. Si tratta di un fatto nuovo che ridefinisce gli schieramenti e le forze in campo.

In secondo luogo la vittoria di Syriza in Grecia che trova nel governo tedesco – cioè nella coalizione tra popolari e socialisti – il principale avversario ha tolto ogni spazio a chi a sinistra pensava di vedere nel socialismo europeo un possibile punto di riferimento. E’ del tutto evidente che l’unica sinistra antiliberista in Europa è quella del partito della Sinistra Europea e del GUE.

In terzo luogo l’ipotesi di superamento del premio di coalizione all’interno della nuova legge elettorale proposta da Renzi – che prevede il premio di maggioranza sulla lista e non sulla coalizione – toglie ogni spazio di alleanza con il PD. O si va nella lista del PD o si fa una lista fuori e contro il PD. Nel contesto di una legge completamente antidemocratica e che pervicacemente rifiuta di seguire la strada maestra della proporzionale, almeno supera i disastri prodotti nella seconda repubblica dalla logica delle coalizioni.

Da ultimo, Renzi si presenta così di destra da aver sciolto ogni ambiguità sulla natura e la linea politica del PD. Si tratta di un punto di chiarificazione non da poco, percepibile anche da vasti strati popolari: Renzi e la linea del PD non hanno nulla a che vedere con la sinistra.

Questi quattro elementi oggettivi determinano un contesto positivo in cui il tema della costruzione della sinistra di alternativa prende corpo. Su questa strada vi sono le elezioni regionali e noi dobbiamo operare per costruire liste unitarie di sinistra, costruite tra partiti e soggettività sociali, fuori dal centro sinistra. Dobbiamo operare in questa direzione sapendo che, a causa della legge elettorale che ha il maggioritario sulla coalizione e di dinamiche locali, le regionali non saranno prive di contraddizioni a sinistra.

Affrontiamo questo passaggio consapevoli che le regionali non risolveranno il nodo dell’unità a sinistra e che un vera partenza del processo potrà avvenire solo dopo le elezioni.

In questo contesto valutiamo positivamente il progetto lanciato da Landini di costruzione di una coalizione sociale. Oggi più che mai vi è la necessità di aggregare forze ed allargare il perimetro della lotta contro le politiche di austerità per la costruzione dell’alternativa: la costruzione di una ampia coalizione sociale e la costruzione unitaria della sinistra politica  - a cui siamo impegnati come Rifondazione Comunista – costituiscono due processi necessari e che possono positivamente rafforzarsi a vicenda.

IL RUOLO DI RIFONDAZIONE COMUNISTA

Per quanto ci riguarda noi abbiamo puntato sin da prima delle elezioni europee sull’altra Europa e riconfermiamo questo impegno. L’altra Europa rappresenta ad oggi il solo luogo unitario in cui ritrovano le diverse anime della sinistra contemporaneamente intreccia al suo interno diverse militanze, sociali e politiche. Inoltre l’altra Europa ha espresso nel manifesto “siamo ad un bivio”un progetto politico che positivamente indica l’apertura di una fase costituente per una sinistra antiliberista.

Riteniamo quindi che l’Altra Europa sia non solo da sostenere ma da sviluppare e aiutare a crescere, arrivando ad una strutturazione “aperta” che permetta all’altra Europa di essere contemporaneamente un luogo di aggregazione e un soggetto portatore di una proposta politica costituente che si rivolge anche all’esterno di essa: forse politiche, culturali, sociali, singole persone. Per questo siamo impegni alla costruzione dei comitati dell’altra Europa e alla sottoscrizione del manifesto “siamo ad un bivio”.

Il nostro progetto politico di costruzione di una sinistra unitaria antiliberista ritiene necessaria l’unità delle forze di sinistra come condizione facilitatrice di un processo costituente allargato rivolto a tutti coloro che non sono iscritti ai partiti. L’unità come facilitatrice dell’allargamento che va costruito su basi chiare: una sinistra antiliberista autonoma dal centro sinistra ed alternativa dal suo progetto politico, costruita su basi democratiche e partecipate che abbiamo esemplificato con lo slogan “una testa un voto”.

Mentre lavoriamo per la costruzione di una sinistra unitaria antiliberista, dobbiamo operare per il rafforzamento e il rilancio del partito. La Conferenza di organizzazione dell’ 11 e 12 aprile costituisce il passaggio decisivo in questa fase. Nella conferenza vogliamo definire più chiaramente il ruolo del partito nel contesto di costruzione di una sinistra antiliberista, il rapporto tra pratiche sociali, battaglia culturale e rappresentanza politica, in generale il ruolo di un partito comunista all’interno della crisi del capitalismo neoliberista.  Così come dalla Conferenza di organizzazione dovremo pensare al ridisegno del nostro modo di funzionare – a tutti i livelli – al fine di aumentare significativamente il nostro lavoro politico a partire dai principali nodi politici che abbiamo dinnanzi: la questione del lavoro e quella del debito.

LE ELEZIONI REGIONALI E IL CASO VENETO

Come ho detto prima il passaggio delle regionali non costituisce il terreno in cui si potrà esprimere appieno la prospettiva dell’unità a sinistra. In questa fase di passaggio noi dobbiamo puntare a realizzare il massimo di unità possibile in liste al di fuori del centro sinistra, evitando di dar luogo a coalizioni di centro sinistra che sarebbero distruttive della nostra credibilità. Il PD di Renzi è un avversario politico di prima grandezza, non un possibile alleato e noi al PD di Renzi dobbiamo costruire una alternativa di sinistra a tutti i livelli. In tal senso vi proponiamo di pronunciarci come Direzione, sulla scia di quanto deciso dall’ultimo Comitato Politico Nazionale.

A questo riguardo occorre registrare che questo indirizzo è stato seguito in quasi tutte le regioni e positivamente riaffermato nella riunione dell’11 gennaio che abbiamo fatto con i regionali interessati al voto.

L’unica regione in cui questo indirizzo non è stato seguito è il Veneto e su questa situazione ritengo necessario spendere due parole in più e avanzare una proposta.

Il gruppo dirigente Veneto ha avanzato alla fine dello scorso anno la prospettiva di tener conto della specificità regionale ponendo la necessità di costruire l’unità della sinistra a partire dal rapporto tra Rifondazione e SEL. Il 17 dicembre, in occasione di una iniziativa tenutasi a Venezia ho fatto una riunione con il gruppo dirigente regionale in cui ho avanzato una proposta precisa: legare il rapporto unitario con SEL alla condizione che la collocazione politica della lista unitaria fosse decisa entro il mese di gennaio attraverso una consultazione democratica sul territorio. Ho cioè proposto di collegare la scelta dell’unità a sinistra alla scelta dell’attivazione di un percorso democratico sulla collocazione della lista in modo da poter coinvolgere positivamente i partiti, l’Altra Europa e il complesso di forze disponibili a costruire una lista unitaria. Ovviamente ho parimenti proposto che Rifondazione avrebbe dovuto dare una indicazione chiara affinché la lista stesse fuori dal centro sinistra.

Questa proposta che a me pareva fosse stata ben accolta, è stata ribadita nelle mie conclusioni della riunione nazionale dell’11 gennaio a cui hanno partecipato i gruppi dirigenti di tutte le regioni interessate al voto, tra cui il gruppo dirigente del Veneto.

Il problema è che questa indicazione non è stata seguita dal gruppo dirigente del Veneto e nessun accordo in tal senso è stato costruito con SEL, nonostante la nostra grande forza contrattuale, avendo noi in Veneto – a differenza di SEL – il consigliere regionale e non avendo quindi in quella realtà la necessità di raccogliere le firme per presentare le liste.

Così quando a cavallo tra febbraio e marzo SEL ha deciso di andare in coalizione con il centro sinistra, noi ci siamo trovati completamente privi di linea politica.

In quel contesto ho chiesto al segretario regionale di organizzare un attivo regionale degli iscritti e delle iscritte del partito per fare una discussione larga ed approfondita sul da farsi, anche perché in questi mesi non è mai stato riunito nemmeno il Comitato Regionale del partito per discutere della situazione. Il segretario regionale si è rifiutato di convocare un attivo regionale e ha chiesto l’immediata convocazione del congresso regionale, dopo che per oltre un anno il regionale del veneto non aveva ritenuto di dover fare il congresso (caso anche questo unico in Italia). A fronte del reiterato rifiuto di aprire una discussione attraverso un attivo regionale degli iscritti e delle iscritte – cosa mai successa nella storia di Rifondazione Comunista – la segreteria nazionale ha chiesto ai segretari provinciali di organizzare attivi degli iscritti in modo che si potesse dar corso ad una discussione e ad un coinvolgimento degli iscritti e delle iscritte, come si conviene in Rifondazione Comunista. A questa richiesta hanno risposto positivamente varie federazioni provinciali ma vi è stato un rifiuto del gruppo dirigente della federazione di Venezia, che ha convocato un Comitato Federale ma non ha voluto convocare un attivo degli iscritti.

Ci troviamo quindi di fronte ad una situazione grave in cui il gruppo dirigente regionale non solo ha nei fatti messo nelle mani del gruppo dirigente di Sel la decisione sulla collocazione politica di Rifondazione Comunista nelle prossime regionali, ma si è rifiutato di aprire una discussione politica che coinvolgesse il complesso degli iscritti e delle iscritte per ragionare collettivamente su questa grave situazione.

In questo contesto ritengo che oltre al congresso regionale – che la segreteria ha convocato per il 15 marzo prossimo – sia necessario dar vita ad una consultazione di tutti gli iscritti e le iscritte in modo da avere una discussione vera , larga e coinvolgente su cosa fare nelle elezioni regionali. Nella storia di Rifondazione Comunista la democrazia interna è stata nel bene e nel male una costante di cui andare fieri e nessun gruppo dirigente può impedire che gli iscritti e le iscritte possano democraticamente discutere e decidere sulle scelte che li riguardano. Per questo vi propongo di convocare, ai sensi dello statuto, la consultazione degli iscritti e delle iscritte del Veneto per il 21 marzo prossimo.


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