Migranti, un primo marzo di lotta in tante città italiane

Migranti, un primo marzo di lotta in tante città italiane

di Stefano Galieni -

Un primo marzo di lotta in molte città italiane, per continuare un percorso iniziato 6 anni fa e che ha dato a questa data un altro valore simbolico e per riaffermare la necessità di costruire un fronte comune, basato sull’eguaglianza dei diritti, fra autoctoni e migranti. Nato nel 2010 come movimento variegato che organizzo una giornata di mobilitazione e sciopero , in gemellaggio con l’omologa francese Journèe sans immigreés, voleva allora porre all’attenzione dell’opinione pubblica l’importanza determinante della presenza dei cittadini e delle cittadine migranti alla vita sociale, culturale ed economica del Paese. La prima edizione toccò oltre 60 città a ad una partecipazione di almeno 300 mila persone. In numerosi luoghi di lavoro, migranti e italiani scelsero di scioperare insieme, malgrado anche le ritrosie sindacali che temevano lo “sciopero etnico”, l’anno successivo, erano in corso le “Primavere Arabe” e le mobilitazioni furono dedicate al giovane tunisino Noureddine Addane, la cui tragica fine diede l’avvio al crollo del regime di Ben Alì. Negli anni scorsi, fra alti e bassi l’appuntamento è stato mantenuto. È nata una Rete Primo Marzo, che coinvolge diverse realtà territoriali e che ogni anni, nei mesi che precedono la data, si ritrovano per caratterizzare in maniera attuale, le rivendicazioni da portare avanti, le mobilitazioni da mettere in piedi, i nodi ritenuti centrali. L’appello di quest’anno (http://www.corrieredellemigrazioni.it/2015/02/22/appello-per-marzo-2015/) purtroppo non fa altro che riconfermare condizioni non modificate dal punto di vista legislativo in materia, allarmi derivanti dalla crescita di una xenofobia che spesso sfocia nel razzismo e alimentata dal divario provocato dalla crisi e da come non viene affrontata.  Elisa Cesan, portavoce della Rete e che ha coordinato le diverse iniziative di quest’anno racconta della stanchezza e della fatica con cui nei singoli comitati ci si ritrova a lavorare: «Vorremmo vedere anche piccoli risultati che ci motivino di più a continuare su questa strada ma ci accorgiamo che, nonostante gli sforzi di tanti e di tante, in questo paese non si fanno passi avanti. Rispetto alla prima edizione è sicuramente cresciuta una parte di società fondata sul meticciato e sulla contaminazione. Sono aumentate le persone che si mettono in gioco e che utilizzano la conoscenza per cambiare se stessi e il mondo che li circonda, ma poi ci ritroviamo a lavorare con i limiti, l’isolamento e le difficoltà di chi ha anche potenzialità ma non riesce a utilizzarle al massimo. Spesso, da rete articolata e fatta di soggetti diversi quali siamo, finiamo col ragionare più in base alle singole identità che al progetto che ci deve far lavorare insieme». La portavoce sottolinea come la diversità sia sempre difficile da praticare, soprattutto in un contesto in cui da una parte non si muove nulla o quasi dal punto di vista politico e dall’altra si vive soffocati in un sistema informativo che distorce e crea pregiudizi. «Noi cerchiamo comunque il rapporto con le istituzioni ma spesso ci capita di lottare contro i mulini a vento – insiste – La politica che ha voce è divenuta uno spazio per poche persone non c’è apertura, confronto, disponibilità. Non vogliamo cadere nella tentazione di avvicinarsi alla politica con fini che tradiscono il nostro scopo, vogliamo mantenere e trasmettere una certa trasversalità che non è certo nei contenuti ma nel modo di veicolarli. Non vediamo i rappresentanti politici come avversari ma come interlocutori più o meno attenti. Infatti anche quest’anno mentre in alcune città abbiamo riscontrato anche l’appoggio di alcune forze politiche, in altre si è manifestata distanza e indifferenza». La Rete, composta esclusivamente da volontari, ambirebbe a rivedere una grande manifestazione nazionale sui temi per cui si batte ma partendo dal presupposto che la piazza, l’occasione di contarsi e di essere in tanti, possono essere uno stimolo a lavorare meglio in futuro e non il punto di arrivo di una mobilitazione. Altrettanto importante è quel cambiamento culturale che si costruisce nelle relazioni quotidiane: «Solo con la conoscenza reciproca si creano gli antidoti contro la xenofobia e il razzismo. E quest’anno particolare attenzione dobbiamo dedicarla alla necessitò di produrre una scelta di pace contro i rigurgiti guerrafondai che ci vorrebbero imprigionare». Insiste Elisa. Quest’anno gli appuntamenti più importanti si svolgeranno a Milano, dove il coinvolgimento anche del Prc e della sinistra di alternativa hanno permesso di preparare un grande evento in Piazza del Duomo (https://www.facebook.com/1marzomilanosenzafrontiere ). A Firenze, Pavia, Modena, Genova Bari, Pescara e numerose altre città, (l’elenco degli appuntamenti, in continuo aggiornamento è disponibile su https://www.facebook.com/primomarzostranieri a Palazzo S. Gervasio, in provincia di Potenza dove si terrà un sit in per protestare contro la minaccia della riapertura del Cie e dove è in ballo un progetto per i lavoratori impegnati in agricoltura, per affrancarsi dal caporalato. A Foggia il comitato locale sta ultimando l’acquisto di una casa cantoniera in disuso che dovrebbe divenire una scuola. Il nome sarà Officine Iqbal (dal nome del ragazzo pakistano ucciso perché organizzava la protesta contro lo sfruttamento del lavoro minorile) www.officineiqbal.globspot.i Non ci saranno mobilitazioni per il primo marzo a Roma. Gran parte del circuito antirazzista e antifascista sarà infatti impegnata il giorno prima in una manifestazione della “Roma meticcia” al grido di #MaiconSalvini, in contrapposizione all’adunata promossa dal segretario leghista a cui aderiranno Fratelli D’Italia e Casa Pound. Un corteo partirà alle 14 da Piazza Vittorio per raggiungere il centro della città (probabilmente Piazza S. Andrea Della Valle). A dare il loro appoggio alla mobilitazione, Rifondazione Comunista, il tessuto dei centri sociali, degli occupanti di case, dell’associazionismo antirazzista e migrante, alcuni circoli dell’Anpi e diverse realtà sociali decise a non accettare che la città democratica e antifascista venga insozzata da tale rigurgito. Prevale negli organizzatori la volontà di dimostrare che, al di là delle emergenze, delle situazioni critiche, soprattutto nelle periferie, delle difficoltà oggettive legate ai tentativi di scaricare su un capro espiatorio, le difficoltà indotte dalla crisi, esiste un tessuto sano, che si va ricomponendo anche attorno ad una semplice e chiara percezione della realtà. I due Mattei (Renzi e Salvini) non sono la soluzione ma il problema, le politiche di austerity del primo e il congenito liberismo di cui è portatore il suo partito non hanno come alternativa credibile un populismo nazionalista fondato sulla paura e sulla logica del “prima gli italiani”. La sola alternativa è quella che la sinistra vera proponendo e che è racchiusa nello splendido slogan “prima le persone” che, unica, può rappresentare una via di uscita.

 

 

 

 


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