«La paura non vincerà. La Ue dovrà trattere con Tsipras»

«La paura non vincerà. La Ue dovrà trattere con Tsipras»

di Angelo Mastrandrea – da il manifesto

«La poli­tica della paura que­sta volta non avrà alcun effetto sul voto, come accadde nel 2012». Pavlos Klau­dia­nos, cin­que anni di car­cere durante la dit­ta­tura dei colon­nelli e fine ana­li­sta poli­tico, è una firma sto­rica di Epohi, set­ti­ma­nale indi­pen­dente della sini­stra greca molto vicino a Syriza (ma il gior­nale di par­tito è il quo­ti­diano Avgì), ed è con­vinto di due cose: che que­sta volta gli appelli a evi­tare che il Paese fini­sca nel caos non saranno ascol­tati e l’Europa, vice­versa, accet­terà di rine­go­ziare il debito di Atene.

Per­ché pensa che quella che defi­nite «poli­tica della paura» non vin­cerà? In fondo, nelle pas­sate occa­sioni ha funzionato.
L’arma prin­ci­pale di Nea Demo­cra­tia (il par­tito di cen­tro­de­stra al governo, Nda è la paura. In que­sta cam­pa­gna elet­to­rale non si scon­trano due visioni diverse della società. Syriza la mette su que­sto piano, ma loro no. Ma que­sta volta la paura non fa lo stesso effetto che nel 2012. Prima di tutto per­ché Syriza ha un pro­gramma più ela­bo­rato di allora. Poi per­ché la gente l’ha cono­sciuto meglio, come un par­tito vicino a loro quando lot­tano. I pro­getti del governo Sama­ras, invece, sono fal­liti tutti.

Insomma, sta dicendo che quello per Syriza sarà un voto per cam­biare radi­cal­mente l’agenda politica.
La gente oggi non ha paura non solo per­ché non ha più niente da per­dere, ma per­ché crede che la via d’uscita sia quella che pro­pone Tsi­pras. Si tratta di un movi­mento popo­lare auto­nomo rispetto a Syriza, anche se natu­ral­mente quest’ultima ci ha lavo­rato molto. Basti pen­sare che Tsi­pras pren­derà voti da ogni parte. Noi cal­co­liamo che il 10 per cento dei con­sensi arri­ve­ranno da elet­tori di Nea Demo­cra­tia, gente per nulla di sini­stra. Un altro 5 per cento pro­verrà da Alba Dorata. Si tratta di per­sone che, certo, sape­vano chi sta­vano per votare, ma l’hanno fatto per­ché in que­sto modo cre­de­vano di punire il governo. Ora hanno capito che l’unico modo per cam­biare è votare Syriza, e lo faranno. Natu­ral­mente Tsi­pras pescherà voti soprat­tutto a sini­stra, dal Pasok fino alla base comu­ni­sta del Kke, e anche dall’area dell’astensionismo. Per­fino gli isti­tuti di son­dag­gio vicini al cen­tro­de­stra dicono che Syriza ha gua­da­gnato un paio di punti men­tre Nea Demo­cra­tia è sta­bile. Insomma, nono­stante il clima di ter­rore, c’è una cor­rente popo­lare che si dirige ine­so­ra­bil­mente verso Syriza. In ogni modo, saranno deci­sivi que­sti ultimi giorni di cam­pa­gna elettorale.

Sama­ras l’altra sera a Salo­nicco ha para­go­nato la Gre­cia di Tsi­pras al Vene­zuela e alla Corea del Nord.
Anche den­tro Nea Demo­cra­tia c’è chi sostiene che non si può solo dire che Syriza è cat­tiva, ma biso­gna pre­sen­tare un pro­gramma. A dire la verità ci hanno pure pro­vato, ma la mossa non ha por­tato con­sensi e allora sono tor­nati alla poli­tica della paura. L’emblema di tutto ciò è uno spot pub­bli­ci­ta­rio che, su un sot­to­fondo musi­cale da film hor­ror, mostra cosa acca­drà, mese per mese, dopo la vit­to­ria di Syriza: chiu­sura di ospe­dali, ban­co­mat che non danno soldi, e così via. Poi improv­vi­sa­mente l’atmosfera cam­bia e una musica para­di­siaca annun­cia gli effetti di una vit­to­ria di Sama­ras: sta­bi­lità e benessere.

Nea Demo­cra­tia ha pro­blemi anche a destra. Alba Dorata non ripe­terà l’esploit delle pre­ce­denti ele­zioni, ma sarà in Parlamento.
In ter­mini gram­sciani, pos­siamo dire che Nea Demo­cra­tia ha perso l’egemonia sia verso la destra che verso il cen­tro. E’ un par­tito che non ha una poli­tica auto­noma, ma applica i Memo­ran­dum. Non che non fareb­bero le stesse cose, da un punto di vista ideo­lo­gico, ma pro­ba­bil­mente non in que­sta quan­tità e così velo­ce­mente. Il pro­blema prin­ci­pale per loro è però che la dire­zione attuale è com­po­sta da una vec­chia destra, non libe­rale. È un po’ come con Nico­las Sar­kozy in Fran­cia, che a furia di adot­tare pro­po­ste dell’estrema destra ha por­tato con­sensi a Marine Le Pen.

Tsi­pras ha scritto due giorni fa per il Finan­cial Times, cer­cando di ras­si­cu­rare la comu­nità finan­zia­ria. Che stra­te­gia è?
Tsi­pras sta cer­cando di mode­rare le parole e di rispon­dere in ter­mini pro­gram­ma­tici, pun­tando a ras­si­cu­rare sul fatto che quando andremo in Europa a trat­tare non ci chiu­de­ranno i rubi­netti. Ma non c’è nes­sun passo indie­tro. È una stra­te­gia anche per con­vin­cere gli inde­cisi. L’idea di Syriza è trat­tare den­tro l’euro, per­ché il pro­blema è euro­peo. Solo un cieco non vedrebbe che in Europa oggi ci sono reces­sione e defla­zione. Credo che in Europa siano rea­li­sti e ci sia ancora volontà di discu­tere que­sti pro­blemi. Per­sino Olli Rehn ha rico­no­sciuto che il pro­gramma appli­cato alla Gre­cia è cri­mi­nale, per cui va ridi­scusso e can­cel­lato. Ci sono leggi euro­pee che con­sen­tono di farlo, ma evi­den­te­mente il pro­blema è politico.

In Europa però Syriza non ha alleati.
Pur­troppo in que­sto momento non esi­ste un governo euro­peo che può dire di essere d’accordo con Syriza. Il pre­si­dente dell’Irlanda Michael Hig­gins ha fatto una prima rot­tura, soste­nendo che i Paesi del sud hanno ragione. Sicu­ra­mente Renzi e Rajoy non saranno dalla parte di Syriza quando que­sta andrà a rine­go­ziare il debito, però nes­suno vuole uno stato di agi­ta­zione in Europa. Se poi ci saranno mani­fe­sta­zioni di soli­da­rietà al governo greco, que­sto ci aiu­terà molto. Ne abbiamo biso­gno. Vedremo poi come andranno le ele­zioni altrove: in Spa­gna Pode­mos e Izquierda Unida pos­sono vin­cere, in Irlanda lo Sinn Fein pure, e qui in Gre­cia spe­riamo sem­pre nell’Italia. Anche gli ana­li­sti non di sini­stra rico­no­scono che il Front Natio­nal è un pro­blema che l’Europa non può igno­rare. Se Tsi­pras fal­li­sce, pure in Gre­cia arri­verà l’estrema destra. Per que­sti motivi credo che Bru­xel­les con­ce­derà una rine­go­zia­zione del debito.

ANGELO MASTRANDREA

da il manifesto


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