Un giorno nero per Netanyahu

Un giorno nero per Netanyahu

di  Luisa Morgantini - http://ilmanifesto.info -

Medio oriente/Ue. Il premier israeliano non trova niente di meglio che accusare l’Europa – che blandamente riconosce lo Stato di Palestina – delle responsabilità dell’Olocausto

Ieri, anche se Kerry ha comu­ni­cato ai pale­sti­nesi che gli Usa por­ranno il veto alla loro richie­sta all’Onu di porre un ter­mine all’occupazione israe­liana e alla rea­liz­za­zione dello Stato di Pale­stina, per Israele è stata una gior­nata di fuoco che ha reso furioso, l’«ego maniaco» (chia­mato cosi da un alto diri­gente dello Shin Bet, i ser­vizi segreti) Bibi Neta­nyahu, che per nascon­dersi dalle sue attuali respon­sa­bi­lità, dopo Mar­gine pro­tet­tivo a Gaza e per l’occupazione e le nuove colo­nie nei Ter­ri­tori pale­sti­nesi, non trova niente di meglio che accu­sare l’Europa — che blan­da­mente rico­no­sce lo Stato di Pale­stina — delle respon­sa­bi­lità dell’Olocausto.

Ora teme che i mini­stri del suo governo che vivono nelle colo­nie, visto che i governi dell’Ue dichia­rano ille­gali tutte le colo­nie, potreb­bero vedersi rifiu­tare il visto di entrata in Europa. A ren­dere comun­que furioso il pre­mier tre fatti. Il primo, che il Par­la­mento euro­peo, con­si­de­rando che l’Onu ha deciso il 29 Novem­bre 2012 di accet­tare la Pale­stina con lo sta­tus di Osser­va­tore, riba­di­sce nella riso­lu­zione votata ieri a Stra­sburgo a grande mag­gio­ranza che i paesi Ue devono tro­vare un accordo in tal senso e che il Par­la­mento euro­peo «rico­no­sce in prin­ci­pio lo Stato di Pale­stina che vada di pari passo con lo svi­luppo dei col­lo­qui di pace». Riso­lu­zione di com­pro­messo tra i mag­giori gruppi poli­tici alcuni dei quali, nella sini­stra, chie­de­vano una dichia­ra­zione di rico­no­sci­mento senza legami con i nego­ziati, for­mula invece cara alla nostra Alta Rap­pre­sen­tante per le rela­zioni Estere, Fede­rica Mogherini.

Quando il giorno prima del voto alcuni par­la­men­tari mi ave­vano inviato la riso­lu­zione, memori della mia atti­vità di vice­pre­si­dente dell’Europarlamento. Avevo chie­sto loro di pre­sen­tare almeno un emen­da­mento che togliesse il col­le­ga­mento con i nego­ziati. Niente da fare. Ma, mal­grado i limiti, il voto nel lin­guag­gio diplo­ma­tico manda un segnale chiaro: Israele sta tirando troppo la corda ed anche i pavidi paesi euro­pei, costan­te­mente preda del ricatto israe­liano e dalla fedeltà alle alleanze geo­po­li­ti­che, fati­cano a con­ti­nuare ad essere com­plici della colo­niz­za­zione israe­liana ed a per­met­tere ogni tipo di vio­la­zione del diritti umani. Le linee guida per impe­dire che i pro­dotti delle colo­nie si avval­gono delle faci­li­ta­zioni pre­vi­ste dagli accordi di asso­cia­zione tra Ue e Israele, sono un indi­ca­tore in que­sta dire­zione. Il secondo motivo di furia per Neta­nyahu, la deci­sione della Corte di Giu­sti­zia euro­pea di depen­nare Hamas anche se per motivi tec­nici e pro­ce­du­rali dalla lista nera delle orga­niz­za­zioni ter­ro­ri­ste, deci­sione alla quale la nostra Alta Rap­pre­sen­tante inti­mi­dita dalla sfu­riata di Neta­nyahu, ha subito dichia­rato che la poli­tica Ue non cam­bia, non si libe­re­ranno i fondi di Hamas in Europa e si con­ti­nuerà con il boi­cot­tag­gio di Hamas anche se poi nella pra­tica l’Ue sostiene il governo di Unità nazio­nale pale­sti­nese (Fatah-Hamas)

Terzo motivo di rab­bia per «Bibi», l’approvazione alla IV Con­ven­zione di Gine­vra con­vo­cata a Gine­vra dalla Sviz­zera, che ha resi­stito alle pres­sioni israe­liane ed Usa per­ché non tenesse l’incontro, dove invece 126 paesi su 196 hanno appro­vato una riso­lu­zione che in 10 punti denun­cia la costru­zione di inse­dia­menti in Cisgior­da­nia ed a Geru­sa­lemme Est e dichiara: «Tutte le serie vio­la­zioni della legge uma­ni­ta­ria inter­na­zio­nale devono essere inda­gate e tutti i respon­sa­bili devono essere por­tati davanti alla giu­sti­zia». Segnali di cam­bia­mento, ma troppo lenti per la Pale­stina dove ogni giorno ven­gono uccisi gio­vani ai chec­k­point, e pro­prio ieri Israele atti­vava due basi mili­tari nei ter­ri­tori occu­pati. Rico­no­scere lo Stato di Pale­stina, uno stato che non c’è per­ché man­giato dalla colo­niz­za­zione, non è la fine dell’occupazione mili­tare, ma è certo un passo posi­tivo. Nel futuro i pale­sti­nesi liberi dall’ occu­pa­zione mili­tare potranno deci­dere se vogliono uno stato, nes­suno stato, due stati sulla Pale­stina sto­rica. Per adesso la par­tita è: si rico­no­sca lo Stato di Pale­stina e si attui verso Israele una poli­tica di san­zioni e disin­ve­sti­mento a par­tire dalla sospen­sione dell’Accordo di Asso­cia­zione Ue-Israele.


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